Verso un nuovo modello di società, verso un Nuovo Rinascimento Mediterraneo.

di Tiziana Alterio

Siamo in un tempo di naufragio. Il modello occidentale capitalistico e la stessa Europa, che ha totalmente sposato e promosso questo modello, sta navigando in acque molto tempestose.
Questa Europa che ha rivolto il suo sguardo più verso l’Oceano Atlantico che verso il Mediterraneo ha una sfida storica importante da affrontare. Continuare a percorrere la strada intrapresa oppure avere il coraggio di costruire una nuova Europa che sia in grado di proporre un modello di società alternativo alla massificazione e omogeneizzazione che la globalizzazione propone. Per cambiare direzione è necessario, innanzitutto, ripensare ad un rinnovato equilibrio tra il Nord-Europa e il Sud Europa.
Cosa sta vivendo il Nord Europa se non una fase di dominio e di imposizione della propria visione del mondo attraverso le politiche di austerità e di colonizzazione con l’acquisto di interi patrimoni del Sud-Europa? E, cosa sta vivendo il Sud-Europa se non una fase di subalternità economica, politica, culturale e sociale smarrendo sé stessa, la propria identità e la propria grandezza storica? Stiamo consegnando il nostro sé più profondo, la nostra unicità ad un modello di società distante dal nostro modo di vivere.
Se l’Europa capirà che questa sfida non solo la riguarda ma può aiutarla anche a costituirsi come soggetto nuovo rispetto al modello importato dagli Stati Uniti, saremo di fronte ad un Nuovo Rinascimento Mediterraneo e il luogo di questa rinascita è il Sud, non inteso geograficamente ma come ventre di quell’umanità che inizia a capire che le deviazioni della modernità e del progresso sono armi letali per la propria felicità. In questo senso il richiamo del Sud è la metafora del richiamo alla vita e alla felicità che si oppone al richiamo alla carriera e al denaro che ha reso l’uomo individualista e incapace di sentirsi parte di un universo più grande. Uno dei paradigmi fondamentali di una società ispirata ai valori Mediterranei sarà, invece, il recupero e la valorizzazione del saper fare che significa saper essere.
La meccanizzazione del lavoro e la conseguente industrializzazione hanno trasformato gli uomini in ingranaggi di macchine sempre più sofisticate alle quali apportare il semplice contributo di farle funzionare il meglio possibile. E lo stesso imprenditore, prostituendosi spesso alla logica del profitto e delle spietate leggi del mercato globale, è entrato a far parte del gioco del modello capitalistico perdendo la propria ricchezza. In questo processo l’uomo mediterraneo si è allontanato sempre di più dalla sua natura più profonda, dalla sua vocazione mediterranea, quella del saper fare creativo, perdendo la sua unicità e specificità. Un modo, per il sistema operante, per omologare e rendere le persone sempre meno soggetti pensanti e sempre più un consumatori funzionali.
Abbiamo permesso che chiudessero le nostre botteghe artigiane e il loro antico sapere legato allo spirito del territorio, per essere sostituite da negozi anonimi, multinazionali o rivenditori cinesi.
Il pensiero artigiano è, invece, un modus vivendi, è un pensiero che plasma la vita stessa poiché essere artigiano, qualunque lavoro si faccia, vuol dire pensare a quanto puoi crescere migliorando le tue abilità, ed avere tutto il tempo necessario per riuscirci, ce lo dice persino un noto sociologo americano Richard Sennett. I moderni artigiani sono quindi anche “i ricercatori di un laboratorio, le comunità che sviluppano sistemi di open source come Linux. L’artigiano si distingue per la sua capacità di unire al lavoro delle mani quello della testa e dell’immaginazione, al contrario di quanto avviene attualmente nel lavoro dove l’abilità tecnica è stata scissa dall’immaginazione”. Ma accanto al saper fare e alla ricerca dell’eccellenza, il nuovo paradigma di società dovrà capovolgere radicalmente il pensiero dominante di derivazione americana, per il quale nell’era della globalizzazione bisogna “pensare globale e agire localmente” (Think global, act local), un modo affinché il pensiero globale americano imposto a tutto il mondo diventasse un pensiero locale.
Nel Nuovo Rinascimento Mediterraneo bisogna invertire la rotta e “pensare locale e agire globale”. Ciò che è unico, ciò che è legato al territorio e alla sua storia deve diventare universale grazie ai nuovi strumenti offerti dalle tecnologie e dalle reti di comunicazione.
Dobbiamo dunque imparare a moltiplicare il valore dei talenti propri del Sud rendendoli globali e impedendo quello che sta invece avvenendo negli ultimi anni con l’acquisto di aziende italiane, greche, spagnole, portoghesi da parte di americani, coreani, cinesi che sono manchevoli del nostro saper fare ma che sanno molto bene moltiplicarne il valore, proprio ciò che noi dovremo imparare a fare.
Solo nella misura in cui il Sud riuscirà a recuperare il genius loci che vive nelle imprese artigiane e nelle Piccole e Medie imprese familiari – scrive Stefano Petrucci nel suo libro Comunicare Mediterraneo – ancora attente al prodotto e alla sua dimensione umana, allora si potrà rinascere indicando anche una nuova strada per uscire dalla crisi. Dunque, valorizzazione del genius loci, rispetto della natura e dell’ambiente, processi produttivi artigianali e fortemente caratterizzati dal luogo e adesione all’universo dei valori che si promuovono indicano anche un nuovo modo di pensare l’economia dove l’aspetto umano, la sinergia con la comunità del territorio, la salvaguardia della terra prevalgono sul mero profitto.
Ma cosa distingue questa nuova fase storica dal precedente periodo Rinascimentale? Sicuramente un modo nuovo di concepire l’uomo e il suo rapporto con la natura. Finita l’epoca buia del Medioevo, si entrò in una fase di splendore con un diverso modo di vedere il mondo e una nuova percezione dell’uomo in grado di autodeterminarsi, di coltivare le proprie doti e di dominare la natura, modificandola. Nel Nuovo Rinascimento Mediterraneo l’uomo dovrà invece integrare, dentro di sé e come coscienza collettiva, i valori sia maschili che femminili. Dovrà essere capace di armonizzare la parte razionale, e quindi la mente, con la parte più legata alle emozioni, e quindi al cuore. L’uomo del Nuovo Rinascimento dovrà chiedersi come contribuire ad un riequilibrio tra questi due eterni principi. E sarà colui che non dominerà più la natura, vista come terreno di conquista, ma sarà capace di integrarsi con la Grande Madre Terra, rispettandola. Sarà colui che saprà mettere l’uomo di nuovo al centro di ogni scelta e saprà, quindi, impostare una “nuova economia del dare” basata, innanzitutto, sulla qualità della vita piuttosto che sul profitto.

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3 Commenti

  1. riorganizzando le filiere produttive come entità che operano con un unico marchio sui mercati globali

  2. Un ottimo articolo, peccato che sia “campato in aria”, cioè manchino le “fondamenta”.
    Mi sa spiegare per quale ragione dovrei rinunciare a “fare denaro”, anche in barba agli altri, se fra 50 anni sarò morto? Disciolto nel Nulla?
    Ogni discorso “morale” non può prescindere da una visione dell’Uomo che superi i limiti “materiali”.
    Dunque una vera Rinascita non può avvenire SOLO su basi “materialistiche”. Come disse Gesù, occorre rinascere di Acqua (azione) e di Spirito (sentimento). In altre parole occorre ritornare ai Principi fondamentali che permeano la civiltà Occidentale (dal 1500) senza che venga mai citato il Fondatore: Gesù il Cristo!
    Questo non vuol dire che si debba essere “affiliati” a qualche Chiesa, bensì riconoscere che i Principi “morali” hanno un “fondamento” nella Immortalità dello Spirito.
    Senza questo è come disse un Poeta biblico: “Gli uomini del volgo non sono che vanità, e i nobili non sono che menzogna; messi sulla bilancia vanno su; tutti assieme son più leggeri della vanità.” (Salmi 62:9)

  3. Cara Sig.ra Alterio
    condivido la sua visione futurista del sud-Europa.
    Se posso esprimere un parere personale, le dirò che forse ci servirebbe un evento o un fattore scatenante che provochi questa rinascita.
    Qui si tratta di coinvolgere la sinergia quasi simultanea pensiero/azione di milioni di abitanti di questo bellissimo sud-Europa. O paura che questo fattore scatenante forse potrebbe non essere così piacevole. La classica quiete prima della tempesta. Sono troppe le persone che senza colpa alcuna si sono ritrovate sole senza il supporto delle istituzioni, (a loro volta incapaci o corrotte), impoverite senza speranza di ritrovare normale serenità economica.
    La provocazione:
    L’Europa del nord desidera lo stile di vita americano tutto improntato alla competizione e all’arrivismo economico che guarda all’Atlantico? Bene che vada incontro al suo destino.
    Creiamo un’Europa del sud che giustamente guardi al sud, al Mediterraneo bello e caldo, a tutti i suoi stati rivieraschi. Pensiamo soltato alle attività economiche (e al suo indotto) che potremo creare con il turismo, l’arte e la cultura.
    Per non parlare poi delle attività legate all’industria eno-gastronomica dalla Spagna alla Turchia.
    Esiste un’America del nord e un’America del sud.
    Potrebbe esistere un’ Europa del nord fredda ed imperialista senza un’Europa del sud calda, umana e….rinascimentale?

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