Il ssn non garantisce più l’universalità di accesso alle cure sistema

Anzi favorisce le disuguaglianz tra Nord e Sud del Paese. E la Sanità privata si arricchisce con l’aumentare del numero di famiglie che si indebitano

I progressivi e costanti tagli che negli ultimi anni hanno colpito il Sistema Sanitario Nazionale, fresco dei festeggiamenti per i suoi 40 anni di vita, hanno di fatto privato una fetta consistente della popolazione dell’accesso alle cure, obbligando un’altra parte a indebitarsi per curarsi. Lo attestano i dati del nuovo rapporto CREA Sanità, realizzato dal dipartimento di economia e finanza dell’Università di Tor Vergata e pubblicato a fine di gennaio.

Il motivo più importante dell’intervento pubblico nella Sanità è l’equità, requisito necessario per garantire l’accesso universale alle cure, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche. Eppure nel 2017 4,5 milioni di italiani, il 17,6% delle famiglie residenti, è stato costretto a limitare le spese sanitare per problemi economici. Di questi, 1,1 milioni vi hanno del tutto rinunciato. I due terzi di queste famiglie appartengono ai quintili di minor consumo, cioè alle fasce più povere della popolazione.

Il Mezzogiorno è stata la parte del Paese più colpita (con il 5,6% delle famiglie), seguita dal Centro (5,1%), dal Nord-Ovest (3%) e dal Nord-Est (2,8%). Il disagio economico per le spese sanitarie, combinazione di impoverimento per consumi sanitari e nuove rinunce per motivi economici, ha colpito il 5,5% delle famiglie, ed è significativamente superiore nel Sud (7,9% delle famiglie). Rispetto all’anno precedente, si è registrata una riduzione del disagio nelle Regioni del Centro e del Nord ma un sensibile aumento in quelle del Sud (dall’8,3% all’8,4%).

Un fenomeno dovuto ai continui tagli al SSN che vede così crescere il divario nei confronti dei Paesi dell’Unione Europea. Divario di spesa che sel nel 2016 era del 35,2%, nel 2017 è salito al 36,8%.

L’oggettività del mancato finanziamento è evidente dal fatto che la quota pubblica di tutela in Italia, a partire dal 2009, si è allontanata da quella dei Paesi dell’Europa occidentale e centrale, il nucleo originario, e tenda ad allinearsi a quella dei Paesi dell’Est, entrati dopo.

Il trend è continuato nel 2018 e, se le cose non cambieranno drasticamente, continuerà anche in futuro: il tasso di crescita del finanziamento pubblico in Italia rimane infatti inferiore al punto percentuale, mentre quello medio annuo dei Paesi occidentali è stato del 3,6% nell’ultima decade, e del 3,2% nell’ultimo triennio.

Nello stesso periodo, il tasso di crescita medio annuo del finanziamento nei Paesi dell’Est è stato rispettivamente del 4,3% e del 5,2%. Quindi l’Italia ha ormai una quota di copertura pubblica superiore di un solo punto percentuale a quella dei Paesi dell’Est e inferiore di oltre 6 a quella dei Paesi occidentali. (figura 1)

Così facendo si è tagliata fuori dal SSN una parte consistente della popolazione, la più debole, se ne è costretta un’altra importante fetta a indebitarsi, favorendo così il ricorso alla sanità privata. Complice anche l’auemento dei dei ticket e dei tempi di attesa.

Quello che appare certo è che le compartecipazioni, così come sono, non funzionano: i ticket in cifra fissa sulle ricette (non esenti, tra l’altro), sono la prima causa di impoverimento. Anche perché hanno un ruolo di mero finanziamento. Ruolo improprio e iniquo. Innanzitutto perché è di fatto una “tassa sulla malattia”, poi perché l’incidenza è più alta nelle Regioni a minor reddito.

Inoltre le compartecipazioni sulle prestazioni specialistiche hanno spesso messo fuori mercato il SSN. Non è un caso che la spesa privata abbia superato il 25%. Una cifra in linea con quella dei Paesi europei in cui la Sanità non è un diritto universalmente garantito. O in cui non è fondata su basi solidaristiche.

La spesa privata italiana nel quinquennio 2012-2017 ha registrato un tasso di crescita medio annuo superiore a quello dei Paesi dell’Europa occidentale e centrale, raggiungendo 37,8 miliardi di euro (624 € pro-capite, +4,4% rispetto al 2016). La riprova che la spesa privata per la sanità sia aumentata per colpa del definanziamento pubblico del SSN, sta nel fatto che questa cresce più rapidamente del PIL pro-capite e, quindi, della capacity to pay. In poche parole molte persone, per potersi curare, sono costrette a spendere più di quanto potrebbero permettersi. Cioè a indebitarsi (figura 2).

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