Draghi
reimmetterà 20 miliardi al mese (creati dal nulla) nel
circuito economico
Per statuto non può immetterli direttamente nell’economia reale in forma di
investimenti pubblici, sostegno alle imprese, alle famiglie ecc… mette quindi
delle condizionali nella “speranza“ che stavolta possano raggiungere il target
desiderato.
Nella Unione Europea è stata introdotta l’idea criminale che gli investimenti
pubblici in deficit siano da evitare perché causerebbero debito. Ne sono
conseguite pratiche malsane che stanno portando allo smantellamento della casa
comune. Si fa avanzo primario dal ’92. Si spende cioè meno di quanto si incassi
sotto forma di tasse così che rimanga sempre qualcosa da destinare al pagamento
del servizio al debito.
Non si investe nei servizi pubblici, che vengono piuttosto taglieggiati, si
risparmia sulla previdenza, le infrastrutture al collasso vengono abbandonate
al loro destino, si svende il patrimonio comune nel tentativo di far cassa, i
trasferimenti dello Stato ai comuni sono stati ridotti al lumicino viceversa
questi ultimi sono stati incoraggiati a diventare esattori delle tasse locali.
Si fanno concessioni di sfruttamento coloniale del territorio svenduto, spesso
a multinazionali straniere che fanno i loro comodi operando con finalità estrattive
di ricchezza.Tali concessioni, compensatecon due briciole e tre posti di lavoro…
sono generalmente fatte passare per salvifici investimenti stranieri.
È vero che fare investimenti pubblici in deficit crea debito? No. Chi fosse
interessato veda qui (1)
[Ancora meglio se si riprendesse ad usare, in parallelo all’euro, moneta a non
debito come si dirà più avanti]. Sappiamo che nel settore pubblico il vincolo di
ideale saldo zero (spese=entrate fiscali) e in generale il Fiscal Compact, che
nel 2012 ha sovvertito la costituzione economica (nuovo art. 81), ci
impediscono qualsiasi politica fiscale espansiva (1). Non investire,
risparmiare denaro pubblico, fare austerity, nel tentativo di far rientrare il
debito, sono piuttosto lestrategie fallimentari che peggiorano i conti pubblici
come è ormai evidente a tutti. Eppure è su di esse che si insiste. La
propaganda le promuove incessantemente contro ogni evidenza e argomentazione
del sapere economico.
Quello immesso da Draghi è denaro a bassissimo costo che tuttavia, malgrado le buone intenzioni, in condizioni di deflazione e quasi recessione, non verrà chiesto né utilizzato (se non nel mondo della finanza), perché le prospettive per gli imprenditori medio-grandi non sono buone. Ai micro e ai piccoli imprenditori, che ne avrebbero bisogno e lo chiedono, non viene concesso; i criteri di rischio stabiliti dagli accordi di Basilea, infatti, non conferiscono loro un rating sufficientemente buono. Stiamo parlando però della quasi totalità delle imprese private. Si aggiunga la sostanziale disattivazione dell’efficacia dei fondi garanzia e l’eccesso della tassazione (tra le più alte al mondo) a carico delle imprese, che seppure cercano di difendersi, riunendosi in associazione di categoria quali Confapi, Apindustria e simili, rischiano, sempre più, di essere sfruttate e fagocitate dalle multinazionali. Tipico il caso in cui sono costrette ad affidarsi, per le vendite dei loro prodotti, ad Amazon che impone loro condizioni e prezzi di vendita… Oltretutto le regole del gioco sono fortemente squilibrate a favore delle multinazionali che risultano enormemente avvantaggiate dal fisco rispetto alle imprese autoctone. Nel primo trimestre 2019, le chiusure hanno superato le aperture dello 0,4%, rispetto ai tre mesi precedenti (21.659 imprese in meno). Si pensi ora al conteggio di quanti perdono il lavoro e a come di conseguenza si facciano tappeti d’oro a imprese di e-commerce come Zalando. Quest’ultima è in procinto di aprire una nuova sede a Verona, per più di mille posti di lavoro, che saranno retribuiti con stipendi da fame, intorno alle 900 euro mensili. In pratica, si tratta di un ulteriore elemento di accelerazione dei processi di deindustrializzazione in corso ormai da tempo. Ovunque, il tradizionale tessuto, produttivo e finanziario, piccolo e diffuso sul territorio, viene fagocitato dalle grandi multinazionali mentre le grandi banche d’affari estere si insinuano nei consigli di amministrazione del nostro sistema bancario. Persino le piccole banche popolari e di credito cooperativo che in passato erano in rapporto diretto con la micro e piccola impresa, essendo in grado di sostenerle adottando politiche finanziarie anticicliche, oggi subiscono lo stravolgimento della loro natura e funzione.
Tutto questo Draghi lo sa bene e allora perché insiste col suo bazooka?
Il presidente uscente della BCE è costretto, per la seconda volta, a far salti mortali per evitare la disgregazione dell’eurozona, come già nel 2012. Lo spread, lo abbiamo imparato 7 anni fa, è utilizzabile quale strumento di condizionamento e ricatto delle politiche nazionali. Quel che Draghi mette in atto è una forzatura dello statuto della BCE e dei vincoli europei per tentare di contrastare la peste nera della emergente deflazione. Si ricordi che il suo principale mandato è la stabilità dei prezzi (inflazione al 2 %). Nel 2012 riuscì a tenere in piedi l’euro e il sistema bancario ma l’inflazione rimase sotto il target del 2%.
Le politiche di espansione monetaria, nella forma del Quantitative easing (Qe), gli vengono consentite nel disperato tentativo di tenere in equilibrio l’euro ma se oggi, Weidmann e altri, contestano più decisamente il Qe è perché i tassi negativi (vedi 2) rischiano di mettere ‘ko’ i bilanci delle banche; c’è da pensare che non sia a caso che risulti in corso di perfezionamento il Mes bancario (Bail-in ecc.) insieme ad una decisa accelerazione verso la abolizione dell’uso del contante per prevenire eventuali corse agli sportelli in caso di cedimento delle prime banche come, d’altronde, lasciano presagire i loro corsi azionari, in picchiata verso lo zero.
La novità, infatti, è che i tassi negativi sui titoli non soccorrono più le banche! Al contrario chiedono loro di finanziare il debito pubblico!
Essi si configurano come un sovvertimento del sistema!
Basti
pensare alle condizioni in cui, in presenza di tassi sottozero, viene a
trovarsi un fondo pensione che deve mettere insieme un piano di accumulo
finanziario del 5% usando titoli di stato… se questi permangono a tasso
negativo, ai fondi sarà impossibile mettere insieme la pensione promessaai propri
sottoscrittori!
Quella finta sinistra che aveva accolto l’idea della partecipazione agli utili
della finanza anche delle classi lavoratrici invitandole a provare ‘amore
fatale’ per fondi di investimento e fondi pensione ha rimosso volutamente il
fatto che essi per raggiungere i profitti preventivati, divenuti azionisti di
maggioranza, si sarebbero comportati da padroni, procedendo a ristrutturazioni,
riduzioni degli investimenti, riduzione del personale impiegato, ecc. contro gli interessi, divenuti ormai
schizofrenici, degli stessi operai e delle imprese in cui lavorano.
Il
sistema capitalistico sta implodendo
Si direbbe che non sanno più cosa inventarsi. Come si diceva, stanno preventivamente, accelerando il processo che porterà alla digitalizzazione di
tutta la moneta. Il terrore che hanno, a fronte dei prossimi, ormai possibili,
fallimenti di tante banche, è la corsa agli sportelli ossia il tentativo
disperato che gli utenti delle banche metterebbero in opera per riprendersi i
propri depositi in forma di banconote (le banconote in circolazione non
raggiungono i 200 mld, comprese le monetine). Ovviamente, se i risparmi saranno
stati ridotti a bit elettronici, la corsa sarà vana…
La completa digitalizzazione facilita, oltretutto, l’attacco al risparmio
italiano (più di 4000 mld di cui 1400 nei conti correnti). Mentre gli ingenui
pensano che si tratti di una utile strategia finalizzata alla lotta all’evasione
(in realtà in larghissima parte dovuta alle grandi corporations operanti sul
territorio italiano), la Unione Bancaria sta perfezionando il “bail
in” ossia la pratica criminale che addossa al risparmiatore l’onere del
salvataggio della banca di cui è utente (il limite dei 100000 euro? Il solito
specchietto per le allodole…), senza contare che, nel caso il progetto
criminale, venisse portato a compimento, come si augurano in tanti, sino a far
scomparire il contante dalla circolazione, diverrebbe impossibile persino
lasciare un obolo, la mancia, o l’elemosina, a meno che i mendicanti, di cui si
sta riempendo l’Italia (più di 5 milioni i poveri assoluti), non si dotino di
terminali di pagamento pos e relativi conti corrente.
Intanto i tedeschi ci copiano (rubano) l’idea delle miniobbligazioni che
sarebbe stata per noi un modo ottimale di impiego dei risparmi privati, mirante
alla internalizzazione del debito pubblico, la salvaguardia del risparmio e la
sua mobilitazione in investimenti pubblici secondo quanto previsto dall’art. 47
della Costituzione. Si spera che questo governo sappia muoversi in questa
direzione ponendo un argine all’ordoliberismo e che non insistano piuttosto
fino alle sue conseguenze
più estreme (3) tutte previste e prevedibili.Ci si
chiede se i danni che la stessa Germania soffre, in misura crescente, li faccia
desistere e li induca a ripensamenti sino al punto di fargli cambiare
strada.Per conoscere le loro scelte effettive non possiamo far altro che
aspettare la manovra autunnale. Nel frattempo però è quanto mai necessario
scendere in piazza a dichiarare il rifiuto del popolo italiano, non più disposto
ad accettare regole suicide, in nome di chissà quale dio teutonico.
Il capitalismo non riesce più a nascondere la sua crescente impotenza
Nei
settori ad alta redditività, come spesso ripete l’economista Antonino Galloni,
la domanda di lavoro è fortemente decrescente a causa delle politiche europee
deflazionistiche rispetto a salario e lavoro. L’aumento dei profitti in questi
comparti è minore della diminuzione di salari e occupazione. In altre parole il
ritmo con cui i profitti aumentano, nei reparti a più alta resa dell’economia,
rallenta, tendendo a zero (saggi di profitto tendenti a zero) malgrado la
diminuzione del costo del lavoro. I salari diminuiscono a causa della
deflazione salariale, a cui ci costringe l’uso di una moneta dal valore troppo
alto per la nostra economia. I processi di automazione del lavoro, oltretutto,
incorporano lavoro nelle macchine automatizzate contribuendo all’aumento della
disoccupazione. Quindi, nemmeno l’aumento degli investimenti in questi settori
dell’economia privata è ormai in grado di far crescere il PiL! Si tratta, a ben
vedere, del fallimento del sistema capitalistico che, anche per questo, tende
sempre più a finanziarizzarsi.
Ad assorbire lavoro, allora, oltre che la sua ridistribuzione, tramite
abbassamento dell’orario di lavoro, almeno a parità di salario (compresa
riduzione dell’età pensionistica), anche la attivazione di milioni di posizioni
lavorative in tutti quei settori di cura delle persone e del territorio,
scartati dall’impresa capitalistica perché in essi si verifica sistematicamente
che il fatturato risulta sempre più basso dei costi. In questi settori il
capitalismo è impotente e anzi pericoloso. Se ci dovessimo convincere che non è
più possibile il lavoro in questi settori, solo perché non promettono alcun
profitto, dovremmo rassegnarci ad abbandonare al suo destino il patrimonio
storico artistico o rassegnarci ad un suo sfruttamento estrattivo, così come
dovremmo dichiararci impotenti rispetto alle necessità di intervento, mirato ad
affrontare il dissesto idrogeologico del nostro territorio, le bonifiche, o
rinunciare alla manutenzione delle infrastrutture esistenti se non alla loro
implementazione. Dovremmo rinunciare sempre più alla sanità o alla istruzione
per tutti. Solo chi avrà risorse finanziarie potrà accedere a cure e
istruzione.
Come
uscire dalla palude
Non è vero che manca il lavoro come ripete ossessivamente la propaganda.
Mancano i soldi per mobilitarlo e consentirgli di generare ricchezza autentica
in tutti quei settori dove esso risulta non svolto, incompiuto, seppure
necessario. Tutto ciò è realizzabile solo tornando ad utilizzare moneta non a
debito, di emissione statale, come le statonote, promosse dal nostro comitato
nazionale statonote, moneta legale solo all’interno del circuito nazionale
da usare in parallelo alla valuta internazionale, ossia l’euro per gli scambi
commerciali con l’estero.
Il credo ordoliberista ci costringe a trovare un equilibrio puntando tutto
sulle esportazioni. Se riusciamo ad ottenere un surplus, malgrado le condizioni
del tutto sfavorevoli in cui si trovano ad operare le nostre imprese, è grazie
alla eccezionalità italiana in campo manifatturiero e al made in Italy e ai
sempre più frequenti casi di gestione diretta delle aziende da parte di
lavoratori che si oppongono alla loro chiusura, ma tutto avviene a costo di una
enorme e degradante svalutazione interna. Il sistema mercantilistico europeo
costringe ai surplus per sopravvivere. Possiamo però, utilizzando moneta
interna non a debito puntare sulla domanda interna, mettere mano a quella
enorme quantità di lavoro incompiuto a cui abbiamo accennato sopra, ed
esportare soltanto le eccedenze mirando ad una sostanziale e salutare parità della
bilancia commerciale con l’estero.
Il sistema ordoliberista, a sostegno della politica mercantilista europea, fondato in generale sul paradigma economico della liquidità (finanza foriera di guerra), che non permette a debitori e creditori i reciproci saldi, mostra tutte le sue pericolosissime crepe. Urgente, quanto necessaria, la adozione di un paradigma del tutto opposto (una finanza di pace) già prevista da Keynes che fu, purtroppo, rigettata nel ’44 a Bretton woods e che ripasseremo prossimamente nella prospettiva di una sua riedizione su scala nazionale ed europea.
Infine, se vi state chiedendo chi possa avere tanto interesse a che l’euro rimanga in piedi a qualsiasi costo potete trovare una possibile risposta qui (4).
(1) https://www.francescocappello.com/2019/08/10/debito-pil-sarei-come-tu-mi-vuoi/
(2) https://www.francescocappello.com/2019/08/30/sottozero/
(3) https://www.francescocappello.com/2019/09/06/perche-continuiamo-a-lasciarli-fare/
(4) https://www.francescocappello.com/2019/09/08/miracoli/
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