Intervento
del Vice Primo Ministro Siriano per gli Affari esteri e gli Espatriati Walid
al-Moallem alla 74ª sessione dell’Assemblea dell’ONU, 28/09/2019
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
Ci incontriamo oggi in un momento in cui l’immagine del mondo sembra molto
desolante, dato che le basi su cui si basava l’organizzazione delle relazioni
internazionali politiche, economiche, legali e di sicurezza sono esposte a un
pericolo senza precedenti dalla creazione di questa organizzazione;
momento in cui i conflitti e le minacce alla pace e alla sicurezza
internazionali si intensificano;
che le probabilità di guerra prevalgono su quelle di pace; che l’equilibrio
dell’economia mondiale si sta muovendo verso l’ignoto;
che la violazione delle convenzioni e dei trattati internazionali è diventata
modo di agire normale e che l’uso di mezzi illegali nel diritto internazionale,
come il sostegno al terrorismo e l’imposizione di blocchi economici, non suscita
più proteste o condanne.
Tutto ciò contribuisce a un maggiore caos sulla scena internazionale, ci
conduce poco a poco alla legge della giungla anziché allo stato di diritto;
mette in pericolo il futuro dei nostri paesi e fa sì che i nostri popoli
paghino il forte prezzo della loro sicurezza, del loro sangue, della loro
stabilità e benessere.
Oggi siamo al crocevia di un cammino. O siamo seriamente intenzionati a
costruire un mondo più libero, stabile e giusto; un mondo senza terrorismo,
occupazione o dominio; un mondo basato sul diritto internazionale, la cultura
del dialogo e della comprensione reciproca; o ci sediamo pigramente, lasciando
andare alla deriva il futuro dei nostri popoli e delle generazioni future,
abbandonando i principi e gli obiettivi fissati dai padri fondatori di questa
organizzazione…
…Il terrorismo rimane una delle minacce più importanti per la pace e la
sicurezza internazionali e costituisce un grave pericolo per tutti, senza
eccezioni, nonostante il nostro successo in Siria, grazie ai sacrifici e
all’eroismo dell’Esercito Arabo Siriano e al sostegno di alleati e amici.
Il nostro popolo ha sopportato per oltre otto anni gli orrori di questo
terrorismo, che ha ucciso selvaggiamente persone innocenti, provocato una crisi
umanitaria, distrutto le infrastrutture, derubato e demolito la ricchezza del
paese.Ma in cambio, la storia scriverà a lettere d’oro l’epopea eroica di
questo popolo che, nella sua guerra contro il terrorismo, non solo avrà difeso
i suoi, la propria patria e la propria civiltà, ma avrà anche contribuito alla
difesa dell’umanità, dei valori della civiltà, della cultura della tolleranza e
della convivialità di fronte all’ideologia estremista di una cultura dell’odio
e della morte promossa da organizzazioni terroristiche, come Daesh e il fronte
al-Nusra, e da coloro che li sponsorizzano e li supportano.
Siamo determinati a continuare la guerra contro il terrorismo, qualunque sia il
nome di cui si riveste, per bonificare l’intero territorio della Siria e
adotteremo tutte le misure necessarie per garantire che non possa tornare.
… Il problema è che tutte queste risoluzioni sono rimaste solo inchiostro su
carta perché, disgraziatamente, la lotta al terrorismo non è ancora una
priorità per alcuni Stati. Da qui il silenzio di morte di alcuni e le
dichiarazioni vuote di altri, di fronte a ciò che Paesi come il mio sopportano,
della mostruosità terroristica.
In effetti, ci sono sempre quelli che sfruttano il terrorismo e lo usano come
strumento di pressione per imporre i loro programmi sospetti ai popoli e
governi che rifiutano le imposizioni straniere e si attengono alla propria
autodeterminazione nazionale.
Il caso più lampante è quello della Siria, dove sono arrivate decine di
migliaia di terroristi provenienti da oltre 100 paesi, grazie al supporto e
alla copertura di Stati ormai noti a tutti.
Il colmo è che questi stessi Stati ci contestano il diritto di difendere il
nostro popolo da questi terroristi, alcuni dei quali sono descritti come
“combattenti per la libertà”, mentre ad altri piace chiamarli “opposizione
armata siriana “. Ad essi non viene in mente che se persistessero in questa
logica, il terrorismo ritornerà e minaccerà anche chi lo gestisce e chi lo
protegge.
L’esempio più significativo di ciò che ho appena sostenuto è la situazione
attuale nella regione di Idlib riconosciuta da tutti, comprese le testimonianze
nei rapporti dei comitati competenti del Consiglio di sicurezza, come il più
grande raduno di terroristi stranieri nel mondo.
Il tempo a me assegnato non mi consente di elencare tutti i loro crimini.
Citerò solo il bombardamento incessante di missili e mortai sui civili nelle
aree vicine, l’uso di civili presenti in Idlib come scudi umani, mentre viene
loro impedito di uscire attraverso il corridoio umanitario di Abu al-Douhour
aperto dal governo siriano.
Qui la domanda è: se altre nazioni avessero sopportato una situazione del
genere, i loro governi avrebbero potuto rimanere inerti? Avreste rinunciato al
vostro diritto e al vostro dovere di proteggere il vostro popolo e di liberare
una qualsiasi delle regioni invase da terroristi indifferenti a tutto ciò che
significa avere una patria?
…abbiamo accolto con favore il memorandum sull’istituzione di zone di
de-escalation e l’accordo di Sochi sulla regione di Idlib, nella speranza che
ciò contribuisse a sradicare il Fronte Al Nusra, i resti di Daesh e altre
organizzazioni terroristiche presenti a Idleb con il minor numero possibile di
vittime civili. D’altra parte, abbiamo dichiarato a più riprese la cessazione
delle ostilità.
La TURCHIA non può dichiarare di sostenere l’unità e l’integrità territoriale
della Siria e, allo stesso tempo, essere la prima a minarle. Se, come sostiene,
è impegnata nella sicurezza dei suoi confini e nell’unità della Siria, deve
decidere di scegliere.
Ma ecco cosa è successo da allora: il regime turco non ha rispettato i suoi
impegni ai sensi di questi accordi. Al contrario, ha dato il suo pieno sostegno
ai terroristi, che hanno ottenuto armi ancora più sofisticate; il Fronte
Al-Nosra affiliato ad Al-Qaeda ha preso il controllo di oltre il 90 per cento
della regione di Idlib.
I posti di osservazione turchi, stabiliti nel territorio siriano, sono
diventati posti per sostenere i terroristi e prevenire l’avanzata dell’esercito
siriano. E ora il regime turco, sostenuto da alcuni paesi occidentali, si sta
disperatamente impegnando a proteggere i terroristi del Fronte di al-Nusra e
altre organizzazioni terroristiche a Idlib, esattamente come tutte le volte che
li abbiamo affrontati.
Immaginate uno Stato che intervenga direttamente per proteggere il Fronte di
Al-Nusra affiliato ad Al Qaeda, mentre le risoluzioni del Consiglio di
sicurezza affermano che esso rappresenta una minaccia non solo per la Siria, ma
anche per la pace e la sicurezza internazionale.
Signor Presidente,
Gli Stati Uniti e la Turchia continuano la loro presenza militare illegale nel
nord della Siria, la loro arroganza è arrivata al punto di tenere summit e
concludere accordi sulla creazione di una cosiddetta “zona di sicurezza” nel
territorio siriano come se fosse territorio turco o americano.
E questo, in violazione del diritto internazionale e delle disposizioni della
Carta delle Nazioni Unite.
Pertanto, qualsiasi accordo raggiunto sulla situazione di qualsiasi regione
siriana, senza il consenso del governo siriano, è condannato e respinto
indipendentemente dalla sua sostanza e forma.
Allo stesso modo, tutte le forze straniere presenti sul nostro territorio,
senza invito esplicito del governo siriano, sono considerate forze di
occupazione il cui ritiro deve essere immediato.
Altrimenti, abbiamo il diritto di prendere tutte le misure garantite dal
diritto internazionale in questo caso.
Qui dobbiamo evidenziare le pratiche terroristiche, criminali e repressive
perpetrate dalle milizie separatiste designate come FDS (“Forze Democratiche
Siriane”, ndt) contro il popolo siriano nei governatorati di Hassake, Raqqa e
Deir ez-Zor; Milizie queste, appoggiate dagli USA e dalle forze della
Coalizione internazionale per imporre una nuova realtà intesa a servire i piani
statunitensi e israeliani nella nostra regione e a prolungare la guerra
terroristica in Siria.
Le politiche turche in Idleb e nel nord-est della Siria, così come le loro
manovre che passano con il nome di procedure, minacciano di demolire tutto ciò
che è stato realizzato attraverso il processo di Astana.
La Turchia non può dichiarare di sostenere l’unità e l’integrità territoriale
della Siria e, allo stesso tempo, essere la prima a minarle. Se, come sostiene,
è impegnata nella sicurezza dei suoi confini e nell’unità della Siria, deve
decidere di scegliere. O si conforma al processo di Astana, attua cioè gli
accordi bilaterali sulla lotta al terrorismo per garantire la sicurezza dei
suoi confini e ritira le sue forze dal territorio siriano. Oppure rimane uno
Stato aggressore e una forza occupante, nel qual caso dovrà sopportarne le
conseguenze. Non è possibile che un paese fondi la sicurezza dei propri confini
a spese della sicurezza dei paesi vicini, della loro sovranità e della loro
integrità territoriale.
….
Allo stesso tempo, lo Stato siriano sta compiendo notevoli sforzi per migliorare
la situazione umanitaria sul campo e ricostruire ciò che il terrorismo ha
distrutto. Abbiamo fatto molta strada nonostante il blocco economico, illegale
e disumano, imposto al nostro popolo da alcuni Stati; che sono arrivati al
punto di vietarci le attrezzature mediche, i farmaci e i prodotti petroliferi
necessari per la fornitura di elettricità, gas domestico e combustibile per
riscaldamento.
Gli Stati Uniti hanno persino minacciato le aziende che hanno partecipato alla
Fiera internazionale di Damasco al fine di ostacolare la ripresa economica in
Siria. In effetti, quei paesi non avendo raggiunto i loro obiettivi attraverso
il terrorismo militare hanno optato per un’altra forma di terrorismo non meno
feroce: il terrorismo economico che consiste nell’imporre blocchi e misure economiche
coercitive unilaterali.
Pertanto, chiediamo a tutti i paesi amanti della pace e sostenitori del diritto
internazionale di lavorare insieme per agire contro questo fenomeno, che
colpisce non solo la Siria, ma è diventato un’arma di ricatto politico ed economico
contro molti altri paesi.
Su questa base, chiediamo nuovamente la revoca delle misure illegali imposte al
popolo siriano e a tutti gli altri popoli indipendenti, soprattutto i popoli di
Iran, Venezuela, Repubblica democratica popolare di Corea, Cuba e Bielorussia.
E stiamo al fianco della Cina e della Russia di fronte alle ingiuste politiche
statunitensi.
D’altra parte, abbiamo ripetutamente affermato che le porte sono aperte a tutti
i rifugiati siriani perché tornino volontariamente e in sicurezza.
E, come Stato, offriamo a chi lo desidera tutti i servizi di cui ha bisogno.
Stiamo lavorando alla ricostruzione e al ripristino delle strutture e delle
infrastrutture pubbliche nelle loro regioni liberate dal terrorismo.
Gli ostacoli sono posti dagli Stati occidentali e di alcuni Stati che li hanno
accolti e nei quali vediamo uno strano capovolgimento della situazione.
Infatti, mentre non smettono mai di reclamare il loro immediato ritorno in
Siria, eccoli creare condizioni e falsi pretesti per impedire questo ritorno,
al solo scopo di sfruttare questa questione puramente umanitaria come una
pedina utile all’attuazione delle loro agende politiche.
Siamo infine proprio di fronte a una scena del teatro dell’assurdo, tranne che
qui si tratta di mettere in gioco il destino dei popoli e un’odiosa manipolazione
della sofferenza umana.
Signor Presidente,
invece di tentativi di pace e stabilità nella nostra regione, abbiamo assistito
a un nuovo episodio di escalation israeliana che spinge verso tensioni senza
precedenti. Israele non si è accontentato di occupare territori arabi tra cui
il Golan siriano, di violare il diritto internazionale quotidianamente e il
diritto umanitario contro i nostri civili nei territori occupati, di sostenere
il terrorismo. È arrivato al punto di compiere ripetuti attacchi alla Siria e
ai paesi vicini sotto falsi pretesti, in flagrante violazione del diritto
internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni del
Consiglio di sicurezza.
Tante violazioni che non avrebbero potuto continuare e quindi peggiorare senza
il cieco sostegno di alcuni Stati, che hanno la piena responsabilità delle
conseguenze delle azioni di Israele.
Per quanto riguarda la decisione degli Stati Uniti di riconoscere la sovranità
di Israele sul Golan siriano occupato, dopo aver riconosciuto Gerusalemme
occupata come capitale di Israele e aver trasferito lì la loro ambasciata,
nonché i loro instancabili sforzi per liquidare la questione palestinese, queste
non sono altro che espressioni orribili di questo supporto, delle decisioni
nulle, che testimoniano, nella massima misura, il loro disprezzo per la
legittimità internazionale.
Qualcuno dovrebbe ormai capire che l’era dell’annessione dei territori altrui
con la forza è finita. Inoltre, uno che pensasse che la crisi in Siria possa
allontanarci di una iota dal rivendicare il nostro diritto inalienabile alla
piena restituzione del Golan fino ai confini del 4 giugno 1967, con tutti i
mezzi garantiti dal diritto internazionale, è un illuso.
Le decisioni dell’amministrazione americana in merito alla sovranità sul Golan
non possono cambiare le verità della storia, della geografia e del diritto
internazionale, secondo le quali il Golan era e rimane terra siriana.
Israele deve quindi essere costretto ad attuare le pertinenti risoluzioni delle
Nazioni Unite, compresa la risoluzione 497 relativa al Golan siriano occupato,
a porre fine ai suoi ripetuti attacchi ai paesi della regione, a fermare gli
insediamenti, a consentire al popolo palestinese di stabilire un proprio stato
indipendente entro i confini del 4 giugno 1967, con Gerusalemme come capitale e
il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle loro terre.
Signor Presidente,
Il mio paese ribadisce il suo sostegno e la sua solidarietà con la Repubblica
islamica dell’Iran davanti alle azioni irresponsabili degli Stati Uniti nei
suoi confronti, a partire dal loro ritiro dall’Accordo sul nucleare. Mette in
guardia dal pericolo di politiche volte a provocare crisi e scatenare conflitti
nella regione del Golfo con falsi pretesti. Riteniamo che la sicurezza e la
stabilità della regione del Golfo possano essere raggiunte solo attraverso la
cooperazione e il dialogo tra i paesi rivieraschi, lontano dalle interferenze
esterne, che aumenteranno solo le tensioni nella regione e non serviranno gli
interessi dei suoi abitanti.
Signor Presidente, Signore e Signori,
Con l’aiuto dei suoi alleati e amici, la Siria è stata in grado di resistere al
terrorismo organizzato e sostenuto dall’esterno che ha preso di mira insieme il
Paese, lo Stato, il Popolo, la Civiltà. E ora che stiamo entrando in una nuova
fase e stiamo per raggiungere la vittoria finale in questa guerra, aspiriamo a
un futuro prospero e pacifico per il nostro popolo dopo tutto quello che ha
sopportato.
Ma, nonostante ciò, non abbiamo l’illusione che le sfide e tutti i tipi di
difficoltà che affrontiamo oggi, o che ci aspettano domani, saranno meno feroci
del terrorismo che abbiamo combattuto; salvo il fatto che siamo altrettanto
determinati ad affrontarle e superarle.
Abbiamo sempre coltivato le migliori relazioni con gli altri Stati e non siamo
mai stati i promotori di un clima di ostilità nei confronti di nessuno. Oggi
abbiamo le mani tese per la pace, continuiamo a desiderare il dialogo e la
comprensione reciproca, ma preservando le nostre costanti nazionali sulle quali
non cederemo mai.
Certo, alcuni governi hanno danneggiato la Siria e danneggiato il suo popolo.
Tuttavia, non tratteremo nessuno secondo una logica di odio o vendetta, ma
piuttosto a partire dagli interessi del nostro Paese e del nostro popolo, dal
nostro desiderio di portare pace, stabilità e prosperità in Siria e nella
regione.
Gli Stati che hanno dimostrato ostilità nei confronti della Siria devono
riconsiderare i loro calcoli, correggere i propri errori, uscire dalla loro
negazione della realtà e trattare i fatti in modo realistico e razionale
nell’interesse di tutti.
Vi ringrazio
Fonte: OLTRE LA NOTIZIA di PIEROLAPORTA.IT
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