Trump riporta a casa la produzione farmaceutica

Donald Trump si muove con accordi che escludono le grandi corporation farmaceutiche per riprendere il controllo del sistema sanitario americano. Le big farmaceutiche spostano il focus sulla Cina

President Donald Trump participates in a tour of Owens & Minor Inc., a medical supply company, Thursday, May 14, 2020, in Allentown, Pa. (AP Photo/Evan Vucci)
di Umberto Pascali

Washington, 27 Maggio 2020 – Negli Stati Uniti è iniziata la ri-costituzione dell’apparato produttivo farmaceutico, oggi de-localizzato quasi al 100% in Cina e altrove. La crisi del Coronavirus ha messo in evidenza che gli USA non producono più nessuna delle medicine necessarie. Le grandi multinazionali, il Big Pharma, le importa dalla Cina e altri paesi, a prezzi bassissimi – frutto di lavoro semischiavistico – e le rivendono a prezzi astronomici sul mercato USA, Europeo ecc. Unico costo, il prezzo della confezione, anche questa prodotta in Cina. Per esempio, praticamente il 100% degli antibiotici non viene prodotto negli Stati Uniti.

Il primo concreto, passo pubblico è stato compiuto lunedì 18 maggio 2020 con la firma dell’accordo tra il governo e una ditta di Richmond, Virginia, la Phlow, diretta dal dott. Eric Edwards. Gli interessi legati a Big Pharma e Big Finance sono stati esclusi totalmente dall’accordo.

Uno nuovo settore farmaceutico finanziato dallo Stato

L’amministrazione Trump ha firmato un contratto da 354 milioni di dollari che creerebbe la prima scorta strategica nazionale di ingredienti chiave necessari per produrre medicinali. Lo scopo ufficialmente dichiarato è di garantire la capacità nazionale di produrre e fornire  farmaci critici, soprattutto nel mezzo della crisi COVID.
L’accordo è stato firmato lunedì con Phlow Corp., un produttore di farmaci generici . Secondo un comunicato stampa, il progetto utilizzerà 
fondi federali della Biomedical Advanced Research and Development Authority [BARDA – autorità biomedica per la ricerca e lo sviluppo avanzati] del Dipartimento della Sanità e dei Servizi Umani (HHS). 

L’obiettivo è duplice: consentire agli Stati Uniti di produrre farmaci essenziali a rischio di carenza e creare una riserva di ingredienti farmaceutici attivi per ridurre la dipendenza da fornitori stranieri. 
Il CEO di Phlow, il dott. Eric Edwards, ha dichiarato a NBC News che la società aveva discusso con l’amministrazione a novembre, ma che il progetto è stato accelerato dopo il successo di COVID-19. “Abbiamo detto: ‘Abbiamo una soluzione a breve e lungo termine.

Sappiamo che ci sono alcuni farmaci generici essenziali chiave che andranno in carenza se questa cosa inizierà a diffondersi'”, ha detto Edwards. “C’erano farmaci che erano già nella lista dei farmaci carenti della FDA (Food & Drug Administration) molto prima di COVID-19 e abbiamo già visto cosa stesse succedendo con i DPI [dispositivi di protezione individuale utilizzati dal personale medico], e sapevamo che ci saremmo trovati in una brutta situazione o anche peggio”.

Trump aveva fatto della lotta contro lo strapotere del Big Pharma, uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna presidenziale del 2016. Il Big Pharma – una colonna portante del Deep State —  riesce ad accumulare profitti astronomici, producendo a basso costo in Cina e rivendendo a costi altissimi (tra i più  alti nel mondo) negli Stati Uniti.

Big Pharma: una belva ferita

Guidata dal gruppo di Bill Gates, Big Pharma ha una capacità di corruzione politica e di controllo mediatico impressionante. Hillary Clinton era – ed è – la principale referente politica di questa entità tentacolare.  La sconfitta o l’eliminazione di Donald Trump è stato e continua ad essere il suo principale obiettivo politico. 

La stessa questione delle relazioni tra Cina e Amministrazione Trump ruota attorno alle attività di Big Pharma e delle altre multinazionali (dell’elettronica, del digitale, dell’energia, dell’acciaio, del cibo, del vestiario ecc.). Spesso tale (apparentemente contraddittoria) dinamica confonde l’osservatore, che vede l’amministrazione Trump passare dalle lodi e dalla ricerca di accordi col presidente cinese Xi Jinping ad attacchi frontali violentissimi. In realtà’ il nocciolo della questione è la necessità da parte del governo di ricreare un apparato produttivo, un’economia reale basata sul territorio statunitense.

Quelli che hanno tutto da perdere, infatti, non sono tanto il Popolo Cinese e quella vasta parte della sua leadership che si identifica con i suoi interessi. Quelli che stanno vedendo avvicinarsi la fine dei loro profitti astronomici, parassitari e illegali sono i “grandi intermediari” – I Bill Gates, e tutte le multinazionali che hanno distrutto l’economia reale statunitense, hanno decimato i posti di lavoro decenti e hanno istaurato una disopia spaventosa in cui molto meno dell’uno percento della popolazione controlla la ricchezza (naturalmente, fittizia – monetaria) e il resto della popolazione è abbandonato in uno stato di depressione economica e psicologica.

I Grandi Intermediari vogliono uno scontro Cina-USA

Questi “Grandi Intermediari” stanno tentando disperatamente di spingere la Cina a mantenere lo status quo e hanno attivato la massa cinese della cosiddetta Borghesia Vendidora cinese (cioè di coloro che accattano i loro profitti spalleggiando la strategia delle multinazionali occidentali che si ingrassano sfruttando il lavoro a basso costo dei lavoratori cinesi).

Questa strategia si basa su un’escalation di attacchi e contrattacchi tra Cina e USA, fino alla restaurazione della banda Clinton (Biden) sul trono della Casa Bianca. In questo vengono aiutati dai ben remunerati collaborazionisti internazionali – nel mondo dei media, della politica, della diplomazia — che presentano le relazioni tra Cina e USA come una guerra anticoloniale, mentre queste grandi multinazionali non sono altro che i discendenti delle potenti famiglie imperialiste come i Sassoon (i cosiddetti “Rothschild dell’Oriente”) che diressero contro la Cina le guerre dell’oppio, per umiliarla, controllarla e saccheggiarla.

Nel momento in cui il governo di Donald Trump, sta cercando di disingaggiare gli Stati Uniti dal controllo dei grandi potentati finanziari e impedire che tali potentati continuino a trattare gli USA come il gigante scemo da portare in giro per il mondo a fare il loro lavoro sporco –- esattamente in questo momento, i grandi burattinai vorrebbero che la Cina si trasformasse nel loro nuovo fantoccio internazionale. Hanno promesso alla Cina di concedere loro la “primogenitura”, di diventare la superpotenza al posto degli Stati Uniti. Basta che ubbidiscano e non facciano stupide ribellioni antioligarchiche come Trump sta cercando di fare. Lodano il “modello cinese” perché lo vogliono plasmare a loro immagine.

L’offerta faustiana di Lynn Forester Rothschild alla Cina

La leadership cinese non è necessariamente unita nell’apprezzamento delle mele avvelenate rothschildiane. Ma le promesse mefistofeliche si fanno sempre più insistenti: che ne dite di una nuova moneta mondiale in cui il Renminbi sarà magna pars?

Il grande Giulietto Chiesa – della cui assenza risentiamo grandemente tutti – aveva fotografato e dissezionato pezzo per pezzo questo disegno in una analisi magistrale e volutamente ignorata dagli “esperti” lo scorso settembre, (Quale Destino per l’Impero?), e sviluppato gli stessi concetti in un’intervista.

Giulietto spiegava, tra l’altro:

Come non notare che il governatore della Banca Centrale d’Inghilterra, Mark Carney, in prossima uscita dall’incarico, è andato a fine agosto al simposium dei banchieri centrali, a Jackson Hole, nel Wyoming, a proporre — molto applaudito — la creazione di una “moneta sintetica egemonica” (Synthetic Hegemonic Currency, SHC), destinata a ridurre il peso del dollaro, ormai “non più in grado” di favorire il mercato globale e, anzi, causa della sua “paralisi”?  

 Una nuova moneta mondiale — ha precisato Carney — in cui il Renminbi di Pechino dovrà giocare un ruolo centrale. È una proposta alla Cina, palesemente. E Carney non è solo il governatore della banca d’Inghilterra. È anche una pedina, vicinissima al Rothschild, essendo uno degli sponsor della “Coalizione per un capitalismo inclusivo”, di cui è presidente e co-fondatrice, Lady Lynn Forester de Rothschild, amica e sodale tanto di Bill e Hillary Clinton quanto del suicidato Jeffrey Epstein, insieme alla sovrana (in senso letterale) compagnia del principe Carlo d’Inghilterra, del Duca di York, Andrew e all’altrettanto augusta compagnia dei più importanti CEO delle big corporations mondiali (in compagnia di Christine Lagarde: Unilever, Dow Chemical, McKinsey, UBS, GlaxoSmithKline, Alcatel-Lucent, Google, Gic Global Investment, Honeywell etc).

I grandi padroni del mondo – come li bollava Giulietto Chiesa – gettano sulla bilancia il loro enorme peso strategico, mediatico e finanziario. La punta di diamante della famiglia Rothschild, Lynn Forester Rothschild, chiama questo “Inclusive Capitalism”. Lynn Forester Rothschild è la grande amica e protettrice di Hillary Clinton — e grande amica di Jeffrey Epstein da lei introdotto nella Casa Bianca. Nel 2000, passò la luna di miele col marito Evelyn Rothschild alla Casa Bianca, ospite degli “amici personali” Hillary e Bill. Lady Lynn era stata (lo sapevate?) anche consigliere del presidente Bill Clinton.

Lynn e Sir Evelyn (uno dei più ricchi membri della famiglia e consigliere finanziario della Regina) si erano conosciuti ad un meeting del Bilderberg Club, il cupido che li aveva presentati, e aveva facilitato il colpo di fulmine, era stato Henry Kissinger. Ritorneremo su questo…

Lady Lynn era quindi partita lancia in resta alla conquista della Cina. La sua carta vincente? Una proposta mefistofelica, secondo la lady, irrifiutabile: faremo di voi la grande superpotenza planetaria, prenderete voi il posto degli Stati Uniti. Voi sarete il modello del nuovo capitalismo “inclusivo”, il capitalismo “buono” — il capitalismo made in Rothschild. In altre parole: sarete voi Cinesi il nostro nuovo gigante scemo da mandare in giro per il mondo a fare i nostri interessi.

L’11 aprile del 2013, Lynn e Evelyn Rothschild, erano ospiti a Pechino della Cheung Kong Graduate School of Business (CKGSB) per presentare il loro piano di Inclusive Capitalism ad alcuni tra i più prominenti intellettuali cinesi. In una scena reminiscente del dramma dell’Eden, Lynn spiegava alla sua udienza che lei e Sir Evelyn erano lì per dare loro il “sogno cinese” che doveva sostituire il “sogno americano”.

In un’intervista al CKGSB Knowledge, declamava suadente: “Quando ero giovane, lo chiamavamo il Sogno Americano: se lavori sodo, e segui le regole, tutto è possibile. Adesso è il Sogno Cinese!”

Una tentazione verbale che Lady Lynn ripeteva sorridente e ammiccante nel suo discorso ai giovani cinesi a cui apriva le porte della ricchezza e del successo: “Abbiamo vissuto il sogno Americano…” Ma ora? “Ora abbiamo negli USA un comico che dice che la ragione per cui è chiamato Sogno Americano è perché devi essere addormentato per crederci…

Il nemico del sogno? L’interferenza del governo, delle istituzioni pubbliche elette, nelle attività dei privati, come i Rothschild. Spiegava ancora Lady Lynn ai giovani futuri leader economici cinesi impressionati da tanta potenza e tanta benevolenza: “Inevitabilmente, il governo farà cose che prosciugheranno la nostra (sic) economia del dinamismo economico… Noi del settore privato possiamo trasformare tutto questo in un circolo virtuoso. Questo è il motivo per cui spendo così tanto tempo per promuovere il Capitalismo Inclusivo con leader economici come voi. E’ imperativo per noi ricreare la fede nel capitalismo e nel libero mercato…”

Lynn Rothschild attaccava con gran furia il capitalismo “cattivo”, quello che deve sottostare alle regole dei governi e degli stati sovrani. Ma, dall’altra parte, assicurava ai futuri leader cinesi che anche negli Stati Uniti esistono grandi esempi positivi che devono essere seguiti dalla Cina. Massimo figura esemplare da imitare: Bill Gates! “Sono ottimista che il settore privato ci indicherà la strada… Abbiamo persone straordinarie in America, come Bill Gates, che ha dato via miliardi, decine di miliardi di dollari e li ha messi a buon uso….”

Dove va la Cina

In realtà, gli interessi nazionali cinesi non risiedono nella continuazione di questo rapporto coloniale, ma nello spiccare il volo dello sviluppo economico, e sociale, con grandi conquiste scientifiche e tecnologiche. Il mercato interno cinese sta raggiungendo il miliardo e mezzo di persone. Una defenestrazione delle sanguisughe multinazionali aprirebbe le porte allo sviluppo indipendente delle potenzialità cinesi. Aprirebbe le porte anche ad un accordo mutualmente beneficiale tra repubbliche indipendenti, sovrane e prospere a cominciare da Russia, Cina, USA.

Al momento, il triangolo Cina, USA, potentati finanziari a la Rothschild è l’arena dove si deciderà gran parte del futuro del mondo. La crisi del coronavirus ha accelerato al massimo processi già in corso. Bisognerà tornare estesamente su questo triangolo, e sulle due tendenze che sembrano dominare la dinamica all’interno della leadership cinese: continuare a sfornare prodotti a basso o bassissimo costo per le multinazionali e i potentati rothschildiani e accettare di essere il nuovo strumento imperiale nelle mani dei potentati finanziari oppure liberare le grandi potenzialità cinesi per la crescita materiale e spirituale del popolo cinese e dichiarare con forza la propria indipendenza e sovranità.

Torneremo su questo argomento in modo più esteso. In ogni caso, la cosiddetta globalizzazione è finita. Gli Stati Uniti, nel mezzo di una quasi guerra civile (finora incruenta), appaiono decisi a riportare a casa le loro industrie, la loro economia reale. Per far ciò, il potere dei grandi intermediari, dei potentati parassitari, deve essere sconfitto.

Difficile avere dubbi che faranno di tutto per conservare il loro potere e la loro capacità di interferire sui governi, di elaborare schemi di Divide et Impera che possono portare ad una guerra. Vedi, la situazione attuale tra Cina e India. E persino la possibilità di una guerra calda USA-Cina. Dall’evolversi di questa dinamica e dalla capacità di vari governi di cogliere questa situazione per sfuggire al controllo dei potentati finanziari – da questo dipenderà se si andrà ad una guerra o ad un accordo tra repubbliche sovrane.

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