Le omissioni della storia

di Loreto Giovannone

La storia d’Italia contemporanea presenta alcune contraddizioni di fondo che hanno origine nell’Unità del 1860, contraddizioni che tutta la società italica, nonostante i cambiamenti in divenire, vive o subisce da oltre 160 anni.

Il perché è importante parlare di Unità d’Italia e del periodo con documenti alla mano da un punto di vista storico, economico sociale e antropologico sè nella necessaria ricerca delle radici e della consapevolezza della propria identità la coscienza storica come strumento per affrontare la verità omessa, prenderne coscienza e finalmente vedere i molti cambiamenti in atto dell’attualità. Vedere le radici storiche sarà come vedere le radici dell’albero della storia ed averne, finalmente, coscienza.

Nonostante la vastissima letteratura il processo unitario rimane parzialmente in ombra, poco conosciuto nei documenti, o conosciuto solo in parte. Il percorso da fare nella enorme quantità di documenti conservati negli Archivi di Stato è diventato urgente per l’importanza che hanno e da una consapevole diminutio della mitologia del Risorgimento e del processo di formazione dello Stato nazione realizzato in parte e solo sul versante amministrativo ma non culturale. La prova evidente è nelle pulsioni politiche attuali che agiscono dal basso per ottenere una autonomia, una indipendenza dalla collettività del paese. Non una rivisitazione ma il rispetto della storia, delle persone che l’anno vissuta e con i riflessi degli scenari attuali.

Nei documenti che dimostrano l’agire politico dei primi governi liberali la storia vera è emersa, ha aperto una voragine spaventosa e cupa sui “patrioti fondatori dell’unità nazionale”, sulle gravi violazioni delle sbandierate “guarentigie”, sulle implicazioni di mancanza di etica politica e ideologica. La “voragine” nella cultura politica a fondamento dell’attuale forma politica, ora attende una ridefinizione. Se il capo dello Stato Mattarella, nel discorso del giugno (festa nazionale delle forze armate) dichiara che le radici della nostra democrazia sono nel Risorgimento, è inevitabile chiedersi quali interessi hanno le istituzioni attuali, lo Stato, a coprire le verità sepolte, occultate negli archivi del ministero dell’Interno della Sezione 1, Divisione 1, creata da Silvio Spaventa con l’approvazione di Vittorio Emanuele II, per reprimere con il controllo di polizia l’insorgenza politica meridionale. L’unità d’Italia fu pervasa dall’ossessione hegelista della centralità dello Stato dei fratelli Spaventa, nascondendo dietro le retoriche del mito le peggiori azioni e conseguenze. Per molti versi si seguita ancora nelle rievocazioni risorgimentali aumentando il divario tra cittadini del nord e del sud, all’ora (1863) deportati dallo Stato, ora (2019) totalmente asserviti, politicamente, culturalmente, socialmente dallo Stato centrale oggi, anche alla luce del fallimento della politica. La stessa centralità dello Stato, dell’Ente, degli Spaventa e dell’egelismo all’italiana che divenne il baluardo supremo a copertura dell’azione politica e dei suoi crimini.

Il mito risorgimentale è incrinato ma non crolla perché vengono nascoste le cause vere, quelle storiche e quelle attualmente ereditate, l’unificazione economica e sociale rimane inattuata e pervicacemente avversata. Il mancato raggiungimento dell’unificazione nazionale unito alla sempre più evidente, cruda, verità storica dei fatti, non rende più credibile il maldestro inganno del mito risorimentale e il Paese si allontana sempre più dallo Stato nazionale.

La responsabilità etica della mancata verità ricade tutta sul mondo accademico che da allora adottò la “versione ufficiale” come unicum narrativo tutto incentrato sulla retorica. L’accademismo, aderendo per opportunità di posizione, di carriera, di denaro alle versioni “ufficiali” fornite dalla politica, se ne è fatto complice e cassa di risonanza. Dal dopoguerra la società civile s’è messa ad indagare nei documenti mettendo in evidenza le menzogne a cui sono state piegate le politiche pedagogiche di scuole, Università, di istituti per lo studio del Risorgimento e musei. Semplici cultori di storia hanno iniziato le loro personali indagini nei numerosi archivi che conservano poderose quantità di documentazione, è emersa la verità e non è la versione degli accademici e professori di storia delle Università di Stato. Oggi siamo al paradosso che gli accademici di professione, arroccati nelle loro posizioni, avversano ferocemente le numerose verità documentate emerse e lo fanno in contraddizione al contenuto dei documenti che gli stessi Archivi di Stato conservano.

I documenti emersi dagli Archivi di Stato e l’analisi dei fatti che ne segue confermano che la verità storica del Risorgimento è gravemente omessa della narrazione inscenata dalla storiografia ufficiale. La parte più cruenta, più gravida di ferocia e dispotismo totalitarista dei fatti storici è stata abilmente nascosta in passato, oggi negata. Dopo il 1860, in seguito all’annessione militare armata, ideata, pianificata preparata dagli Anglo-Sabaudi, dietro le quinte piemontesi operava il ministro plenipotenziario di sua maestà inglese sir. James Hudson influente e potente rappresentante in Italia della politica estera e degli interessi economici Inglesi fino al 1862. In Italia la cultura storica e politica ha un problema gigantesco provocato dalle menzogne della retorica risorgimentale, un enorme baratro su cui è fondata una parte delle istituzioni e le garanzie della democrazia dei diritti politici dei cittadini. Il problema sta nell’aver omesso e taciuto la “ingente” deportazione dal Meridione di civili in campi di concentramento, veri e propri lager dal 1863, ben 70 anni prima del nazismo. Il problema politico sta nell’aver coperto ignominiosamente l’agire politico del liberismo post unitario che violò tutti i diritti statutari e le libertà politiche dei nuovi sudditi mettondo in atto la prima deportazione di massa dell’Europa centrale nella storia contemporanea. Il problema culturale sta nell’aver coperto Silvio Spaventa l’ideatore del piano di deportazione e la sua politica repressiva, suo fratello Beltrando Spaventa, massimo esponente dell’hegelismo italiano dell’800 suo sodale in parlamento (nel carteggio pubblicato da G. Castellano risulta molto ben informato), e il loro nipote Benedetto Croce che pur fondatore dell’Istituto Storico napoletano ha sempre, abilmente, evitato la verità storica tramandando la grave eredità di cui furono responsabili a caduta i tre soggetti.

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