Serve una economia dell’uomo

di Valerio Malvezzi

Manifesto dei principi inviolabili per una Economia Umanistica

Ascolto, ormai da anni, accesi dibattiti con decine di esperti che si affannano a spiegare di avere la ricetta magica per fare uscire l’Italia dal baratro nel quale, seguendo scelte neoliberiste decise decenni or sono, è stata trascinata. Sono abbastanza annoiato, lo confesso, dal notare quanta cieca fiducia taluni studiosi di questa o quella materia ripongono nella soluzione tecnica di turno: vi è chi professa l’assoluta fede nella riforma del meccanismo delle aste marginali, chi nel collocamento forzoso alla giapponese dei titoli di stato, chi nella moneta complementare o fiscale di turno, chi ritiene che “avendo la lira” cancelleremmo con un colpo di spugno ogni problema di debito. Signore e Signori, ma vogliamo, per una volta, almeno tentare di alzare il profilo della discussione? Ma davvero pensate che coloro che manovrano i mercati finanziari non abbiano risorse economiche (e anche intellettive) per reagire con ferale violenza e razionale cattiveria a qualsivoglia azione tecnica atta a ridurre il loro potere di indebita distribuzione della ricchezza mondiale, di fatto annullandone gli effetti con nuove alchimie? Io in questo non concordo con la posizione della maggior parte dei commentatori, che ripondono cieca fiducia e ingenua speranza nella moneta complementare di turno o nel pezzo di carta colorata con il volto di un italiano famoso. La discussione che va posta all’attenzione del mondo politico, non italiano ma mondiale, non è tecnica. Non si tratta di una questione per economisti, ma nemmeno per giuristi, o per ingegneri, o politologi. Si tratta, semplicemente, di una questione morale, e in particolare di ricondurre l’economia, per la sua rilevanza di scienza sociale, nell’alveo nella quale essa è sempre stata: la filosofia, e in particolare quella morale. O si alza finalmente uno statista a gridare al mondo che questa è la discussione radicale e dirimente che va affrontata, a livello planetario, per dibattere di obiettivi morali e non di strumenti tecnici, per decidere il mondo nel quale valga la pena di vivere e non nel quale far di conto, oppure saremo sempre guidati dal politico di turno, circondato dal tecnico con la soluzione miracolosa, pronto a traghettarci da un sondaggio, al successivo.

Quando appaia evidente, ad un certo punto della storia dell’uomo, che enormi masse di persone siano state ingannate per l’arricchimento indebito di pochi, altri pochi in grado di svelare l’inganno hanno il dovere morale di agire per evitare che il torto continui e si propaghi.

Noi affermiamo che esistano pochi ma inviolabili principi attorno ai quali costruire un modello economico buono e giusto.

Per quanto essi sembrino passati di moda e le nuove generazioni quasi ne abbiano perso memoria, sostituiti da falsi dogmi creati negli ultimi decenni, tali sacri principi discendono da una e una sola visione del mondo, e cioè che l’agire economico debba discendere da valori morali e a questi esso si debba sempre e indubitabilmente inchinare.

Tale nostra millenaria visione del mondo afferma che nessun uomo, e per nessuna ragione, possa essere posto al di sopra e al di fuori delle leggi morali. Queste vogliono che lo scopo di un governo sia quello, semplicemente, di raggiungere la felicità del proprio popolo perché, come noto, la felicità è il bene economico immateriale raggiunto il quale non se ne possa desiderare uno di valore maggiore.

Se dunque noi riconosciamo che questo sia il fine supremo di ogni azione di governo, dobbiamo altresì riconoscere che esso sia stato non solo disatteso ma financo proibito da un sottile e perverso meccanismo di occupazione di gangli del pensiero che ha condotto i più a ritenere passivamente che esistano regole superiori dell’economia, dettate dal cosiddetto libero mercato, il cui unico fine, liberamente e impunemente perseguito, è quello di condurre i popoli in schiavitù.

Espressioni come spread, pareggio di bilancio, rispetto dei conti pubblici e del debito pubblico, sono diventati feticci ai quali sacrificare, come vittime necessarie, giovani costretti alla disoccupazione, anziani senza cure e tutele, imprenditori suicidi, poveri depredati di ogni dignità, interi popoli di continenti a spostarsi secondo modelli di sfruttamento neocoloniale.

Noi rifiutiamo tali regole e proponiamo di distruggere questi feticci mostruosi condividendo una diversa visione del mondo fondata sui seguenti 8 principi:

  1. La finanza e’ subordinata alle esigenze dell’economia reale. Esse sono decise dall’agire politico, nel rispetto dei superiori valori morali, poiché il centro dell’agire economico è l’uomo e non più il mercato.
  2. La moneta ritorna ad essere pubblica. Esso può essere emessa nel sistema economico solo da una banca centrale pubblica, che per nessuna ragione può essere indipendente da governi, parlamenti e organismi espressivi del potere democratico popolare. Al contrario, la banca centrale è assoggettata esplicitamente all’interesse e al controllo pubblico con il fine di perseguire obiettivi di crescita dell’uomo, di piena occupazione, di benessere sociale, in contrasto a qualsivoglia politica di austerità. Le figure apicali della regia monetaria non sono più nominate dalla elite finanziaria ma elette secondo rappresentanza democratica del popolo sovrano.
  3. Lo stato, indipendentemente dagli accordi internazionali ai quali intende aderire, non può abdicare all’esercizio politico e indipendente sia della politica fiscale sia di quella monetaria. Tali politiche devono non avere limiti di bilancio laddove siano necessarie azioni economiche espansive ed anticicliche, dettate dalla suprema esigenza di raggiungere la piena occupazione e la tutela dei diritti umani inviolabili, tra i quali certamente il diritto a una vita sana, lunga, libera e dignitosa.
  4. Il sistema finanziario internazionale deve tornare a essere diviso tra banche che finanziano le famiglie e le imprese e banche che giocano in borsa. L’azione dello stato, anche mediante banche pubbliche, è concentrata sul primo tipo, la cui finalità e’ quella di operare a tutela del credito e del risparmio. Per nessuna ragione i soldi pubblici possono essere usati per salvare gli speculatori né tanto meno è possibile trascinare nei disastri conseguenti al gioco bancario i risparmiatori e le loro famiglie.
  5. Ciascun paese e’ libero di adottare le politiche di cambio coerenti con le proprie esigenze, al fine di combattere modelli di globalizzazione che nascondono, dietro la liberalizzazione delle merci e dei capitali, la glebalizzazione e il commercio degli esseri umani.
  6. I paesi liberi del mondo attuano normative per impedire la sostituzione dei governi da parte delle multinazionali, contrastando il loro potere giuridico, fiscale, economico, finanziario e mediatico. In nessun modo sono tollerabili ingerenze delle grandi banche di affari negli assetti economici dei paesi liberi, e in tal senso gli stati contrastano il dumping, l’evasione fiscale, la concorrenza sleale, lo sfruttamento della mano d’opera attuate dalle multinazionali che attentino, con il loro agire, alla dignità economica e sociale dei popoli, alla loro salute o alla loro libertà.
  7. Gli obiettivi della politica economica del paese non sono misurati più dalle fredde logiche dei numeri, ma da indicatori caldi. Tra questi si valuta, in sostituzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, la crescita del risparmio privato, la salute dei cittadini, il tasso di istruzione, l’accesso a una informazione libera, il livello di sanità pubblica, la qualità della ricerca e della qualità della vita, i tassi di natalità e il sostegno alla procreazione della specie umana. Il fine dell’economia umanistica è seppellire come un incidente della storia quella capitalistica, riportando al centro l’uomo al posto del mercato, il lavoro al posto del capitale, il valore delle cose al posto del loro prezzo, e in definitiva ciò per cui vale la pena di vivere al posto di ciò che si deve scambiare.
  8. Al fine di garantire il rispetto di tali inviolabili e sacri principi e di sanzionare chiunque, sia nella sfera pubblica sia in quella privata, attui azioni volte a violarli, si istituisce un tribunale internazionale, a giuria popolare, contro i crimini finanziari. Chiunque, in ossequio a presunte necessità di efficienza, ponga in essere azioni di trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi del mondo, accumulando indebite fortune, dovrà rispondere a detto tribunale della propria iniquità.

Noi dunque sottoscriviamo quali donne e uomini liberi questo manifesto, chiedendo che questa diversa visione dell’economia, che rappresenta una proposta di rivoluzione culturale del XXI secolo, venga esaminata e discussa, prima di passare alle proposte legislative e all’azione politica.

Nei momenti più bui della storia, quando un popolo sia stato dimenticato in ginocchio da chi avrebbe titolo di elevare la sua misera condizione, è diritto di questa gente trovare il coraggio di levarsi in piedi. Con tale spirito, nel solo fine di realizzare la visione di un’economia dell’uomo, consci di affrontare una battaglia impari, noi firmiamo, portando sul campo la nostra vita, la nostra libertà e quel bene, non negoziabile, che si chiama onore.

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