Come ti intimido il giornalista non venduto

Politici e militari hanno paura dei giornalisti

di Piero Cammerinesi

Il protagonista del romanzo “Il processo” di Franz Kafka, Josef K., si è svegliato un giorno per ritrovarsi accusato di un crimine del quale lui stesso non sarà mai informato durante il corso del dibattimento.

Josef K. quindi non può difendersi dalla macchina processuale che lo ha messo sul banco degli imputati perché non sa nemmeno la ragione per la quale quella macchina si è messa in moto.

Quello che mi è successo nella mattinata di ieri può dirsi sotto certi aspetti persino più paradossale di quanto accaduto a Josef K.

Prima delle sette del mattino, alle 6:40 per la precisione, gli uomini della DIGOS si presentano con un decreto di perquisizione del mio appartamento per acquisire in realtà ciò che interessava particolarmente agli agenti, ovvero il mio telefono cellulare.

A quell’ora, immagino come molti altri lettori, dormivo un sonno profondo e quindi ritrovarsi buttato giù dal letto per vedersi davanti questo decreto è un risveglio traumatico.

Gli agenti chiedono di vedere i miei documenti, controllano la vettura che utilizzo generalmente per gli spostamenti e poi alla fine acquisiscono il mio computer e il mio telefono cellulare.

Cerco di raccogliere le idee e capire che cosa mi si contesta, e questo è quello che leggo nelle motivazioni che hanno portato al sequestro dei miei strumenti informatici, che sono anche gli strumenti attraverso i quali svolgo la mia attività di giornalista.

Leggo nell’intestazione del decreto che mi vengono contestate le violazioni dei reati 290 e 656 del codice penale.

Prendo allora il codice penale e scopro che l’articolo 290 riguarda il vilipendio della Corte Costituzionale, della Repubblica, del Governo ma in nessuno dei miei articoli, tantomeno in quello contestato, mi sono espresso in maniera ingiuriose nei confronti di queste cariche, se non nei limiti del mio legittimo diritto di critica, che mi rendo conto che di questi tempi non è poi  più tanto legittimo.

L’altro articolo che mi viene contestato, il 656, è quello invece relativo alla “pubblicazione di notizie, false, esagerate o tendenziose” che possono costituire un turbamento dell’ordine pubblico.

Per scoprire quali sarebbero queste notizie false o tendenziose dobbiamo leggere il capoverso seguente del decreto di perquisizione.

Se qualcuno di voi dovesse trasecolare per quello che sto per scrivere voglio rassicurarvi fin da subito che non si tratta di un errore. Lo hanno proprio scritto.

Queste le motivazioni addotte.

perché, sul canale Telegram avente vanity name “Cesare Sacchetti” divulgava un messaggio riportante notizie false notizie in merito a presunte precarie condizioni di salute dell’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi, con conseguente prevedibile istigazione ad una reazione nel contesto eversivo antigovernativo “NO VAX”.

La prima cosa da notare è che siamo di fronte ad una ipotesi di reato inesistente, ovvero quella che descrive un “contesto eversivo antigovernativo NO VAX.”

No vax non vuol dire assolutamente nulla. È una espressione priva di senso inventata dalla carta stampata per bollare delle persone che non di rado non sono nemmeno contro i vaccini in linea di principio, ma si limitano semplicemente ad esprimere delle lecite perplessità e forti denunce sulla opportunità di distribuire dei sieri sperimentali e di condizionare la vita sociale alla loro ricezione.

Nella cosiddetta Repubblica costituzionale questa contestazione non dovrebbe nemmeno esistere perché siamo nel seminato della libertà di opinione e di pensiero ma questa è una delle numerose ipocrisie dei sistemi democratici che promettono libertà di espressione per poi revocarla quando questa minacci gli interessi di chi sta dietro le quinte dei palazzi del potere.

L’altra cosa da far notare è che il fatto che io abbia ricevuto da fonti molto qualificate e informate la notizia che Mario Draghi avrebbe una patologia e si starebbe curando non è fino a prova contraria falso, e il fatto che questo possa turbare l’ordine pubblico è una ipotesi del tutto assurda.

Soprattutto poi sarebbe interessare sapere dove sarebbe il nesso tra la pubblicazione dello stato di salute di Draghi e l’istigazione di un immaginario contesto eversivo NO VAX?

In chi modo il primo porterebbe ad una alimentazione del secondo?

Questo è comunque l’articolo “incriminato” che ho pubblicato su Telegram lo scorso 24 gennaio e, come si può vedere, non contiene nessun “vilipendio” contro Draghi come mi viene contestato nel decreto emesso dalla procura di Roma.

Da quando infatti riportare notizie sullo stato di salute di una carica pubblica costituirebbe in qualche modo una violazione dell’ordine pubblico?

Sono pieni gli stessi media cosiddetti “mainstream” a riportare notizie sulla salute di Capi di Stato o pontefici come successo lo scorso anno nel 2021 quando alcuni organi di informazione riportavano che lo stato di salute di Bergoglio non era affatto dei migliori, e nessuno all’epoca gridò ad un allarme per un presunto turbamento dell’ordine pubblico.

Fare il giornalista significa riportare delle informazioni che vengono da fonti che si ritengono affidabili e tra queste informazioni ci sono certamente le condizioni di salute di chi ricopre una carica pubblica, dal momento che per questi personaggi non vige la privacy come per qualsiasi altro privato cittadino.

Al tempo stesso è diritto dei cittadini sapere se chi ricopre delle cariche pubbliche ha eventuali problemi di salute perché questi potrebbero pregiudicare lo svolgimento di quegli incarichi così delicati e importanti per gli interessi di una nazione e della sua collettività.

Un’altra cosa che mi ha colpito è la “tempestività” di questa perquisizione che secondo quello che mi riferiscono diversi legali è del tutto immotivata specialmente per delle ipotesi di reato del tutto infondate.

Gli agenti della Digos alla fine mi chiedono di venire con loro negli uffici della polizia postale. Quando arriviamo sul posto mi restituiscono il computer e le schede sim presenti nel mio telefono.

Nelle circostanze che hanno dato vita a questi surreali fatti devo dire al tempo stesso che gli agenti sono stati tutto sommato corretti e cortesi.

Ciò che si sono limitati a fare è fotografare il post del mio canale Telegram per accertarsi che io sia la persona che l’abbia pubblicato.

L’articolo porta la data dello scorso 24 gennaio e io ho subito il sequestro del mio cellulare solamente tre giorni dopo.

Generalmente la macchina della magistratura è molto più lenta e macchinosa per mettere in moto un procedimento simile, ma in questo caso ho constatato che c’era una particolare fretta di avviare delle procedure che in circostanze ordinarie richiederebbero tempi molto più lunghi.

Quello che mi chiedo è questo. Qualcuno aveva premura di farmi arrivare un messaggio? Qualcuno ha voluto farmi sapere che ho parlato di ciò che non dovevo parlare e che ho toccato un nervo scoperto?

In questi giorni è lo stesso Draghi che sta trattando per la sua ascesa al Quirinale e non sono io a dirlo, ma persino i media in mano a quei poteri finanziari che hanno srotolato il tappeto rosso al suo governo.

A giudicare dai risultati questa trattativa sembra avviata al fallimento perché i partiti non ne vogliono proprio sapere di trasferirlo su al Colle.

Draghi fa comodo a palazzo Chigi per tutta una serie di ragioni che abbiamo già spiegato in precedenti contributi, ma soprattutto la ragione principale è che la classe politica vuole lasciare immutato lo status quo e cercare di tirare a campare ancora un po’ nella speranza di rinviare l’appuntamento del suo sempre più vicino naufragio.

La fine dell’operazione terroristica del coronavirus avrà le conseguenze di uno tsunami e si porterà via con sé con ogni probabilità ciò che resta di un sistema politico completamente incancrenito, e allo sbando più completo.

La voce nei palazzi del potere è ormai una sola: si salvi chi può. Queste sono le ragioni per le quali i partiti vogliono che Draghi resti lì, ma Draghi non sembra intenzionato a restare in ogni caso, e sono sempre i suoi “portavoce” a riferirlo sugli schermi nazionali.

A questo punto torno al quesito che proponevo poco fa. A chi o cosa ha disturbato il mio articolo? Quale negoziazione in corso potrebbe essere stata compromessa in seguito alla sua pubblicazione?

Altre fonti altrettanto ben informate avevano riferito che l’uomo del Britannia vorrebbe cercare riparo a Bruxelles tra i palazzi delle istituzioni comunitarie qualora le porte del Quirinale dovessero restare chiuse per lui.

Non so se ciò che ho scritto possa aver irritato determinati poteri che stanno trattando eventuali buonuscite e vie di fuga. Non ho ancora risposte definitive, ma se dovessi trovarle le condividerò volentieri come ho fatto in precedenza.

So però che non è normale che la polizia entri in un’abitazione privata per delle ipotesi di reato inesistenti, così come so che quando si arriva a queste pressioni nei confronti di giornalisti, allora devono essersi necessariamente toccati gli interessi delle sfere più alte del potere.

So anche al tempo stesso che chiunque abbia messo in moto questo meccanismo ha commesso un errore madornale perché questa storia non farà altro che aumentare l’attenzione su ciò che ho scritto.

Nel frattempo, continuerò a fare il mio lavoro finché mi sarà consentito farlo. Finché ci saranno lettori che leggono i miei articoli e sostengono la mia informazione libera e indipendente, questo spazio resterà aperto.

C’è comunque una consapevolezza in me che è sempre più profonda e che è corroborata dai fatti che stiamo vedendo.

Un sistema che dà vita ad un’azione del genere è un sistema che è ormai all’angolo. È una bestia ferita che si dimena e che tenta di dare gli ultimi morsi prima della sua definitiva dipartita.

Il tempo e la storia sono dalla parte di chi si è schierato per la libertà e contro questo piano per ridurre in polvere il Paese così tanto odiato dalla massoneria, ovvero l’Italia.

Non saranno pressioni di questo tipo a fermare la macchina della storia.

Cesare Sacchetti

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