Cessate il fuoco!

Il proseguire dei combattimenti ci avvicina ad una catastrofe inimmaginabile

Kiev - Ucraina Blocco stradale

Il timore di quanto poteva accadere da preoccupazione è diventato concreto, forse c’è ancora

una possibilità per evitare ulteriori morti, distruzioni e una catastrofe dovuta alla guerra.

Al confine della Polonia è lunga la fila di cittadini ucraini in fuga dalla guerra, alle prime

ore dell’alba sono 50mila che già hanno attraversato il confine, su altri punti

sono in 60000mila a fuggire dall’Ucraina.

Leggendo i bollettini di guerra russi ed ucraini traspare solo nazionalismo, è la propaganda di guerra, come

gli appelli per incitare al combattimento e la lunga lista di obiettivi, mezzi e uomini uccisi.

E’ una guerra in cui l’informazione, caso unico, corre velocemente nei social, dai cittadini che

attraverso le finestre filmano e commentano gli orrori diffondendoli ai miliardi di user dei social

ma vengono poi trasformati in propaganda o in una falsa notizia. Gli effetti di questa diffusione

dell’informazione è devastante, tutto si è trasformato in un enorme stadio ed a volte assomiglia

molto a quanto accadeva nel Colosseo di Roma. Concordo, si deve sapere cosa succede ma è

il funerale per il dialogo e per la fasi successive, quando il conflitto armato cesserà.

La coda dello scambio di accuse sarà reciproca ma si diffonderà ugualmente tra gli user

dei social diminuendo le possibilità di una riconciliazione tra le parti.

La sete di notizie, alimento di un circo commerciale dalle dimensioni infinite, ha costretto alcuni giornalisti

e testate giornalistiche a creare falsi o commettere degli errori, perchè attratti dallo “scoop giornalistico”

ed altro errore comune è quello di usare toni drammatici, dove di drammatico realmente in quel momento non c’è traccia.

L’Europa e gli USA, i loro leader, sono continuamente concentrati a definire ulteriori

misure restrittive contro la Russia, economiche, per il commercio, per la libera circolazione delle persone e

colpiscono anche Putin, i suoi “amici” ma anche chi si oppone alla guerra in Russia e questa è un’altra conseguenza.

Se la diplomazia è paralizzata noi non possiamo non nutrire una speranza per l’apertura al dialogo

ed il raggiungimento di un cessate il fuoco immediato. Gli sforzi devono essere orientati per questo obiettivo

e più rapidamente possibile.

Definito il primo pacchetto, poi il secondo ora nei palazzi diplomatici si discute del terzo pacchetto e sembra

essere stato raggiunto un accordo per mettere out dal sistema Swift la Russia ed ancora una volta vengono ignorati

gli effetti complessivi di queste restrizioni e purtroppo ricadranno sul nostro paese, sulle industrie e sulle famiglie,

i nostri governanti hanno detto di si e lo stesso ha fatto l’Ungheria.

Oltre la follia della guerra stiamo vivendo una politica internazionale contraria a tutti i principi e diritti definiti nei

trattati internazionali ed accettati da tutti gli stati. Definire scenari da proiettare a 3-5 anni non solo è arduo

ma il risultato, per ogni scenario è negativo per l’economia dell’Europa e dell’Italia. Non sembra chiaro ai nostri governanti

quanto siamo vicini al rischio di un allargamento del conflitto armato e forse è troppo tardi, la macchina della guerra

è in moto e chi ha le chiavi non sembra molto preoccupato.

Sono già trascorse 24 ore da quando entrambi i leader di Russia ed Ucraina hanno annunciato l’ipotesi

di incontrarsi per il dialogo, prima l’invito vedeva come luogo Minsk, poi Varsavia e questa indecisione

ha un costo elevato per numero di morti, ieri appunto sono circa 200 le vittime di questa follia, la guerra.

Non basterà un’ora di colloqui per risolvere una questione storica, economica e culturale ma bastano pochi minuti di una pressione

politica, forte e determinata, non unilaterale ma verso entrambi le parti in conflitto, per porre fine

ai combattimenti in corso su tutto il territorio dell’Ucraina.

Kiev si appresta ad essere, senza colpe, l’ennesima città “assediata” finirà poi nella storia degli assedi.

Deserta, avvolta dal silenzio rotto solo da esplosioni e il suono delle armi automatiche, ora circondata in tutta la sua periferia

ed i combattimenti si sono spostati tra le strade e le piazze, mentre migliaia di cittadini sono rifugiati nelle stazioni

e nei tunnel sotterranei della metropolitana. Non c’è più benzina ed il sistema di distribuzione è spento, è impossibile lasciare

la città con mezzi propri, il coprifuoco è da adesso dalle 17:00 alle 08:00.

I trasporti nazionali ferroviari hanno annunciato di riuscire a fare partire 15 treni per chi vuole andare via dalla città.

Non ci sono molte informazioni, le poche vengono diffuse da un canale radio nazionale ucraino dato che c’è la legge marziale,

nessuno media locale può trasmette informazioni ed internet si dimostra ancora una volta, nel caso di un conflitto, solo uno

strumento di propaganda. La situazione sta precipitando, non ne conosciamo le motivazioni ma per ora non è stato ancora programmato

l’incontro tra Putin e Zelensky, fonti non confermate denunciano il rifiuto di Zelensky.

Ancora una volta ed in questo conflitto è stata completamente dimenticata la regione del Donbass dove è iniziata questa

guerra, nel 2014, da qualche ora ed è confermato da ambo le parti in conflitto, i militari russi hanno

superato le città di Severodonetck e Starobilsk è sufficiente leggere una cartina per rendersi conto di una guerra

totale su tutto il territorio ucraino. Anche a sud vengono segnalate colonne di militari russi in direzione di Zaporizie, città sede del

grande impianto nucleare, composto da 5 reattori, in Ucraina. I rischi di una catastrofe sono reali come le responsabilità

di chi non vuole porre fine al confitto armato.

Di minuto in minuto, restrizione e reazioni si susseguono e la lista delle azioni e reazioni si allunga sempre di più,

oggi la Russia ha chiuso lo spazio aereo a Bulgaria, Polonia e Repubblica Ceca, inoltre il vicepresidente del Consiglio di sicurezza

russo Dmitry Medvedev ha ipotizzato, per rispondere alle nuove sanzioni anti-russe, la nazionalizzazione

dei beni e proprietà di residenti negli Stati Uniti, nell’UE e di altri stati ostili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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