Anche in italia un piano di security per contrastare il fenomeno delle baby gangs il caso veronese

Giovani uniti nella banda per raggiungere obiettivi altrimenti irraggiungibili

Baby gangs

In Italia si parla genericamente di sicurezza, mentre la cultura anglosassone distingue al suo interno due aree differenti ma strettamente correlate: la safety, sicurezza in ambito lavorativo e la security ossia a norme, modalità e strumenti riferiti a piani di sicurezza che hanno come destinatari i cittadini. Sul piano concettuale anche in Italia sarebbe interessante concepire tale distinzione, innanzitutto per approcciarsi a misure di prevenzione e contrasto di alcuni fenomeni come quello delle baby gangs. Già il “Rapporto sullo stato della sicurezza”, preannunciato dal ministro G. Amato nel 2006, focalizzava il suo interesse su tali aggregazioni criminali minorili che, negli ultimi anni, stanno divenendo un problema emergente. Nonostante i primi episodi di devianza giovanile risalgano al 2002 i dati statistici indicano due picchi, nel 2004 e nel 2009, mentre nel 2017 è stato registrato il minimo storico. Nel 2011 si contano 37.288 casi di cui circa la metà (17.437) archiviati per irrilevanza dei fatti che, in seguito, calano fino a 36.000.

Disagio e crimini

Nel 2019, invece, minorenni e giovani adulti segnalati dall’autorità giudiziaria subiscono un calo del -12% rispetto al 2018. Nonostante i dati parlino di un calo, soprattutto le città del Nord Italia sembrano colpite da atti di criminalità minorile fra i quali prevalgono reati contro il patrimonio (45%), furti (22%), violazioni delle disposizioni in materia di stupefacenti (11%) rapine (9,2%), danni (5,2%) ricettazioni (4,8%), lesioni personali (10,9%), minacce (4%); violenza e resistenza a pubblico ufficiale (5,2%), delitti e contravvenzioni in materia d’armi (4,7%) e del codice della strada (2%), mentre le violenze sessuali (nella cui fattispecie non rientrano solo gli stupri) sono 1101 all’anno. Dal 2021 al 2022 le città dell’Italia settentrionale sono state segnate da una presenza crescente delle bande minorili. Alcuni esempi: 280 minori arrestati a Torino nel 2021, di cui il 40% italo-marocchini di II generazione per reati quali tentativi compiuti di rapina, saccheggi (“banda di Sant’Ottavio”), minacce e percosse; nella notte del Capodanno 2022 Milano è stata segnata da violenze sessuali e molestie contro diverse ragazze e negli ultimi mesi anche da risse sui Navigli, in Garibaldi, Piazza Selinunte e Piazza 24 Maggio; a Ghedi (BS) nella sera del 16 febbraio viene incendiato il bar “Mi Vida”di Yuri Colosio, il quale in una puntata del “Le Iene”aveva raccontato di essere vittima di ragazzi fra i 15 e i 20 anni. A Verona sono state individuate dalle forze dell’ordine ben tre baby gangs: QBR(Quartiere Borgo Roma), operativa nel quartiere di Borgo Roma i cui membri sono stati arrestati; S. Bests, operante nel quartiere di Saval e 045 San Michele operante principalmente nella zona di Borgo Venezia. L’analisi criminologica di Giusy Calabrò individua nella triade criminale veronese, seppur nelle sue differenziazioni strutturali e operative, alcuni fattori comuni: in maggioranza sarebbero ragazzi italiani minorenni o appena maggiorenni di II generazione che non frequentano la scuola e provengono dalle classi sociali meno abbienti. Il suo piano di security sul fenomeno delle baby gangs, presentato dal consigliere regionale Stefano Valdegamberi, ha riscosso grande entusiasmo dalla Giunta regionale, dal sindaco Federico Sboarina, nonché dagli appartenenti delle forze dell’ordine e dall’opinione pubblica locale. D’altronde tale provvedimento consentirebbe di monitorare e arginare il fenomeno nel territorio

urbano veronese creando le premesse per alcune importanti iniziative di carattere legislativo, rieducativo e coercitivo che potrebbero essere estese anche alle altre regioni italiane. In passato il fenomeno delle youth gangs statunitensi, emerso soprattutto fra gli anni ’50 e ‘70, era prettamente correlato al fenomeno dell’urbanizzazione e alla consequenziale emarginazione sociale di ragazzi appartenenti alle classi sociali più povere. Oggi in Italia, in una società consumistica che assurge come status symbol degli adolescenti oggetti costosi e capi firmati, indicanti chiaramente il vuoto interiore di una generazione perduta fra i meandri della “società liquida”(Z. Bauman), cambiano le modalità operative e le finalità di tali bande, pur rimanendo immutati i fattori di rischio individuali. Ciò che accomuna i membri di tali aggregazioni sono: il basso controllo degli impulsi, la marcata tendenza all’aggressività, inadeguate capacità di adattamento sociale, nonché uno spropositato bisogno d’inserimento e riconoscimento sociali. Tali fattori si amplificano mediante una condotta di vita insana, tendenzialmente annoiata e demotivata che è anche correlata alla percezione della discrepanza sociale nei confronti delle classi sociali cittadine più abbienti. Altro elemento da non sottovalutare è la debole, se non inesistente, condivisione del sistema normativo proposto dagli adulti e dalle istituzioni. Pertanto, sea tale quadro si aggiunge l’aggravante delle restrizioni pandemiche durante il quale le richieste di attenzione e aggregazione tipicamente adolescenziali sono state represse da gravose norme, si comprende pienamente la fenomenologia del recente boom di denunce e arresti. Prima che la situazione si affermi come emergenziale si è ritenuto necessario presentare un articolato piano che miri ad arrestare il fenomeno delle baby gangsa Verona, mediante una politica di security fondata sui seguenti punti: 1) su modello statunitense, la creazione dell’L’O.P.G.C.M (Osservatorio Preventivo Gruppi Criminali Minorili), osservatorio digitale permanente per raccogliere i dati anagrafici, assieme al profiling di ogni soggetto coinvolto al fine di agevolare il coordinamento operativo delle forze dell’ordine locali; 2) il coinvolgimento e la responsabilizzazione ai doveri genitoriali delle famiglie dei minori coinvolti attraverso istanze di misura coercitiva e preventiva come l’introduzione di norme comunali per il trasferimento repentino dall’alloggio pubblico assegnato dal Comune o dalla Regione (Ater) ad altro alloggio (a non meno di 15 Km) già dal primo episodio di recidività, indipendentemente se il reato che turba la quiete e il benessere dei cittadini sia il medesimo nella fattispecie. Con tale azione si mira anche a sradicare i ragazzi deviati dal tessuto delinquenziale nel quale orbitano (modifica all’art. 32 della L.R. 39 del 2013 relativo ai motivi di decadenza dell’alloggio); 3) dal punto di vista riabilitativo si propone un percorso rieducativo in cittadinanza attiva eservizio civile obbligatori. Prevenire il fenomeno delle baby gangs è un intervento complesso, poiché alla base del disagio delle nuove generazioni si nascondono varie problematiche psicosociali, politiche e legislative. Gli adolescenti della Generazione Z appaiono più fragili rispetto ai loro predecessori e nell’attraversare la fase critica in cui la trasgressività diviene espressione di crescita e autonomia, hanno bisogno di identificarsi e riconoscersi nel gruppo dei pari. Da sempre il gruppo giovanile è stato capace di risolvere le contraddizioni evolutive dell’età adolescenziale; tuttavia, quando ai giovani vengono sottratte solide figure di riferimento (familiari, insegnanti, istruttori, compagni) tendono a colmare il loro vuoto affettivo con valori effimeri e materialistici che cercano di ottenere mediante un approccio istintivo, superficiale e prevaricatorio nei confronti del prossimo. L’iniziale disagio adolescenziale è solo la prima fase endogena del processo criminologico involutivo che si trasforma successivamente in disadattamento, devianza e delinquenza.

Ormai gli adolescenti sono stati privati delle indicazioni fondate su i valori relazionali, morali, sociali, religiosi e solidali che erano retaggio delle precedenti generazioni, quindi il forte disagio avvertito soprattutto dai ragazzi appartenenti a famiglie più povere e di II generazione trova libero sfogo nella sottocultura della gang. Ecco che in tale situazione di “abbandono affettivo, sociale ed esistenziale” la banda viene percepita come lo strumento alternativo per poter raggiungere mete sociali altrimenti inaccessibili. Pertanto, un piano di security che miri ad arginare e a contenere il fenomeno delle bande criminali giovanili e a rieducarne i membri diviene di primaria importanza nel panorama nazionale, innanzitutto nella speranza di ripristinare nelle nuove generazioni i valori di solidarietà umana e legalità. Tuttavia, tale provvedimento costituirebbe soltanto il primo passo per risolvere un problema sociale che verte anche su una falla legislativa, pertanto si spera di riuscire anche a revisionare l’ormai datato D.P.R. 488/1988del “Codice del Processo penale minorile”.

 

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