
di Gianmarco Massaro
Con ciò che dirò da qui a breve mi attirerò le antipatie di molti. Ma non importa.
Sappiamo che per Vygotskij, grande psicologo sovietico degli inizi del ‘900, ripreso in seguito dallo psicologo statunitense Jerome Bruner, l’intelligenza si sviluppa a partire dalla negoziazione sociale del significato e ha quindi natura relazionale: pensiero e linguaggio procedono insieme. Ne consegue allora che, se vogliamo avere una qualche rilevanza sulla cultura di massa, dobbiamo porre la massima attenzione alle parole che utilizziamo.
Vorrei quindi provare a elencare quelle parole o espressioni spesso utilizzate da esponenti dell’informazione indipendente, che, secondo me, hanno l’effetto collaterale di delegittimare i validissimi argomenti portati, rendendo il gioco facile a chi, spalle al muro e in preda al panico, non ha altra via d’uscita se non quella di screditare, basandosi su questi termini, appiccicando un’etichetta banalizzante creata ad hoc per l’occasione. Queste espressioni, potrebbero benissimo essere sostituite da espressioni inattaccabili e molto più ficcanti, che si rifanno alla sociologia, alla letteratura scientifica, alla psicologia e alla grande filosofia. Senza esagerare nell’ossessiva ricerca del termine esatto a svantaggio del contenuto e della semplicità, ovviamente. Tanto chi non vuole sentire non sentirà a prescindere. Non si tratta di “autocensura”, tutt’altro: si tratta di esporre in tutta la loro potenza i concetti che si vogliono esprimere, non dando contestualmente a chi fa della disonestà intellettuale una professione, nemmeno un appiglio sugli specchi sui quali abitualmente si arrampica. Si assiste infatti spesso a grandi intellettuali e nobili pensatori derisi e convogliati sui binari del “complottismo” da chi non sa nemmeno di cosa si stia parlando. No. Non esiste. Partiamo allora proprio da qui, da quelle espressioni spesso utilizzate dai “disallineati” per riferirsi alle subdole macchinazioni oligarchiche (che sono sempre esistite), celate sotto il velo di una buona fede che assai raramente è appartenuta a chi sedeva ai vertici del Potere e di una competenza che, quando presente, ancora più raramente è stata messa al servizio del Popolo. Termini che, non appena pronunciati, scatenano l’ilarità, saccente e stolta allo stesso tempo, degli studi televisivi e precedono l’espressione altrettanto stolta e sciagurata: “gomblotto”. Ecco alcuni esempi (gli elenchi seguenti non hanno la pretesa di essere esaustivi): Complotto (per fortuna usata sempre più raramente), Cospirazione (idem), Oscuro disegno, Piano segreto o nascosto, Nuovo Ordine Mondiale, Famiglie che governano il mondo, Poteri forti, Trame oscure o segrete, Regia mondiale, Grande inganno, Microchip (so che è una realtà già esistente in diversi contesti, ma mi pare che abbia più la funzione di disperdere il dissenso che quella di concentrarlo sui punti cogenti), Illuminatim Massoneria, Sistema (utilizzato senza ulteriori specificazioni è facilmente attaccabile), Progetto occulto, Soros e Bill Gates (non sono certo un fan di questi loschi figuri, ma perché offrire un assist così facile ai nostri detrattori che ci accusano di “paranoia” quando potremmo fare altri mille nomi?)
– Esperimento, laboratorio, cavie (sì. Lo so. Lo so che i “vaccini” sono ancora in fase di sperimentazione. Ma, visto che ci sono evidenze che lo dimostrano, ritengo sia più utile utilizzare quelle invece di questi termini che si prestano benissimo all’accusa di “complottista”), “Grande Reset” (so che ne parla apertamente il suo fautore Klaus Schwab, ma ciò non impedisce ai conduttori televisivi di farsi scappare quell’espressione ironica quando solo vi si accenna. Se può essere sostituita da altre espressioni ancora più incisive, quindi, perché diamine non farlo?). “Non ci dicono”, “non vi dicono”, “ci manipolano”, “ci guidano”, “muovono i fili”, “ci controllano” (so benissimo anche che il controllo sociale è uno dei punti in agenda delle élites finanziarie e conosco anche, ci mancherebbe, l’immoralità dei media ufficiali, ma… come sopra). Non voglio assolutamente dire che molte di queste espressioni non abbiamo una loro dignità o non abbiano aderenza alla realtà, dobbiamo intenderci: sto dicendo che, se articolate in modo diverso o sostituite con termini meno fumosi e più solidi, potrebbero avere una forza potenzialmente dirompente e potrebbero rendere merito in pieno al concetto che vogliono esprimere. Dobbiamo cercare di essere come dei laser, andare dritti al punto concentrando tutta l’energia possibile sull’obiettivo. Le poche parole che ci è concesso pronunciare devono pesare come macigni, non essere occasione per screditarci e attaccarci una volta di più. Alcuni termini appropriati che possiamo utilizzare in sostituzione dei precedenti potrebbero essere: finanz-capitalismo; oligarchie finanziarie; globalizzazione neoliberale; neoliberismo; capitalismo avanzato; globalismo; (marxianamente) struttura e sovrastruttura; eccetera. Ci siamo capiti. Mi si potrebbe obiettare che così facendo si arriverebbe a meno persone. È un’osservazione interessante, ma nonostante questo credo che, se vogliamo provare a incidere sulla cultura di massa, non è attraverso vocaboli più attinenti all’esoterismo che ad altro che ci riusciremo, e nemmeno trattando i cittadini come fanno i nostri governanti: come degli idioti. Se ci riusciremo, ci riusciremo attraverso la Cultura (e la Spiritualità) millenaria che ha fatto grande l’Occidente e l’Oriente. E anche attraverso la creatività, ma su questo torniamo dopo. Passiamo adesso a quei termini utilizzati per prendere in giro chi la pensa differentemente da noi, che però, a mio avviso, non aggiungono nulla di interessante (anzi) e, in alcuni casi, arrivano addirittura a mancare di rispetto a persone che, comunque la si pensi, hanno sofferto molto e continuano a soffrire per il Covid e non solo. Pandemenza, pandeminchia, Covidioti, Coso 19, Greencaz, Oppofinzione, Telefinzione. Gli ultimi tre termini, pur non essendo offensivi, risultano secondo me immaturi e poco incisivi. Non è un battibecco durante la ricreazione nel cortile della scuola elementare, è una lotta tra la Vita e la Morte. Adesso cambiamo angolazione, parlerò di quelle etichette che il mainstream ci affibbia e che, spesso, vengono interiorizzate e riutilizzate anche da noi. No. “Chi accetta il lessico del nemico si arrende senza saperlo”, diceva Nicolás Gómez Dávila (non certo un violento complottista no vax). Eccole: No vax (appunto. Sostituibile con “non vaccinato” o con “vaccinato con due dosi”, a quanto pare), Sovranista (sostituibile con costituzionalista), Populista (sostituibile con popolare e da distinguere attentamente da “demagogico”), Complottista (sostituibile da “consapevole dell’esistenza dei conflitti d’interesse e degli interessi economico-finanziari” oppure semplicemente da “essere vivente e senziente”. Meglio). Adesso spazio agli “amati” anglicismi, utilizzati con leggera disinvoltura per far vedere quanto siamo eclettici ma che, secondo me, denotano solo un fiacco asservimento alla colonizzazione psichica e culturale americanocentrica in corso da decenni. Ecco degli esempi: Spending review (tagli alla spesa pubblica), Fake news (bufale), Influencer (produttore di contenuti online socialmente influente), Gatekeeper (contenitore del dissenso asservito al Potere). Ci vorrà un po’ di più a dirle, ma almeno parliamo con parole della nostra lingua. Anche questa è una forma di resistenza. E comunque possiamo sempre inventarne di nuove. La creatività è un’arma che ̶ insieme alle altre ̶ dobbiamo custodire gelosamente. I servi del Potere non ne sono in possesso: sono abitati dalla Morte, non dalla Vita. Da ultimo, sposto l’attenzione su un termine di natura psicologica utilizzato spesso impropriamente: dissonanza cognitiva. La dissonanza cognitiva (Festinger, 1957) è un costrutto proprio della psicologia sociale e fa riferimento, in sintesi, alla sensazione spiacevole (arousal) in cui incorriamo quando ci rendiamo conto di avere atteggiamenti (valutazioni) e comportamenti discrepanti o cognizioni in contrasto fra loro. Viene spesso usata (impropriamente) in riferimento a persone che affermano una cosa e il suo contrario senza colpo ferire: in tal caso sarebbe probabilmente più corretto utilizzare termini come “cortocircuito logico”, “schizofrenia” (nel senso etimologico del termine ovvero scissione della mente), oppure, se vogliamo proprio risultare pesanti, tirare fuori il principio di non contraddizione aristotelico per cui, sotto il medesimo rispetto, un ente non può essere e in insieme non essere. Concludendo, molto brevemente, ci tengo a porre l’accento anche su questo aspetto: utilizzare termini come successo, competitivi et similia per riferirsi alle nostre azioni politiche e controculturali, oppure basarsi sulla “crescita” o sul pil come indicatori della bontà delle idee economiche che discendono dalla nostra visione filosofica, non fa che corroborare e rinforzare gli assiomi su cui si basa il sistema economico, sociale, culturale, antropologico e financo spirituale che vorremmo combattere: quelli della competizione e della violenza. No. Noi lottiamo per la Vita. Sarebbe a mio avviso necessario un periodico consesso unitario di quegli intellettuali che maggiormente si fanno carico della lotta sul piano culturale e che si ritrovano spesso nell’agone con bestie feroci che gli si gettano alla giugulare al primo cenno di cedimento, così da mettersi d’accordo e dialogare da prospettive differenti sul linguaggio da utilizzare, quello da non utilizzare e sui termini più consoni, oltre che, ovviamene, sul come fare sintesi canalizzando il pensiero dissidente. Se è vero che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, come si diceva in un vecchio film, allora chi si assume questo onere deve cercare in ogni modo di non invalidare anni di sudore per un’espressione sfortunata. In questi tempi di equilibri instabili e potenziali cambiamenti epocali, anche i dettagli sono fondamentali. Non è per fare il “professore”, lungi da me, ma, nell’ottica di provare a fare controegemonia, utilizzare termini corretti, densi e taglienti risulta, a mio avviso, un’opzione di importanza vitale. E ognuno faccia la sua parte.
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