
di Carlo Grossi
Riprendo il concetto ben espresso ieri dell’amico Stefano Sylos Labini su Facebook riguardo l’andamento del mercato dei capitali. In realtà quando le borse calano non vengono “bruciati” soldi come si è soliti ascoltare dai principali media e di conseguenza quando il corso aumenta non viene generata nuova moneta.
I capitali si spostano da un comparto all’altro e nelle diverse aree geografiche del pianeta incrementando o diminuendo di valore in relazione alla legge della domanda e dell’offerta. La continua mobilità dei capitali ha fatto sì che fossero, a ragione, reputati “apolidi”.
Il denaro guadagnato o perso è frutto di trattazioni giornaliere tra investitori istituzionali, aziende, risparmiatori privati.
Poco entrano i dazi in certe dinamiche finanziarie! I dazi sono un modo per tutelare l’equilibrio della bilancia dei pagamenti che contribuisce a determinare la salute economica di uno Stato, di una federazione o di una compiuta unione di Stati .

In questo caso lo strumento di riequilibrio economico è la leva valutaria attraverso i rapporti di cambio tra una divisa e l’altra che di solito avvantaggiano chi esporta e tendono a penalizzare chi acquista non badando troppo alla bilancia dei pagamenti…l’export tedesco degli ultimi decenni verso gli Stati Uniti d’America è un esempio da manuale.
I media e gli esperti di settore dovrebbero invece preoccuparsi di come il settore bancario-finanziario-industriale si sta riorganizzando per far fronte al difficile momento economico.
Un’idea la avrei: temo che come sempre a pagare il conto saranno i piccoli risparmiatori sempre più turlupinati da mirabolanti promesse di guadagno e spremuti da un peso fiscale insostenibile.
È così che da anni avviene il drenaggio di capitali dal basso verso l’alto attraverso logiche predatorie degne dei leggendari pirati dei Caraibi.
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