L’università solo ai ricchi nel mondo che verrà

Chi vince: l'utopia o l'esperienza?

di Ugo Busatti

I canali legittimi per accedere all’università favoriscono i più ricchi: due terzi degli studenti che frequentano gli istituti dell’Ivy League (che riunisce otto università private del nord-est degli Usa, considerate le più prestigiose del Paese) provengono da famiglie molto benestanti. Il ruolo del denaro nella meritocrazia, nuovo mito della società moderna. Interessante intervista del Figaro a
Michael j. Sandel, professore di Filosofia politica e Teoria del governo alla Harvard University. I suoi corsi ad Harvard sono molto famosi e in particolare quello popolarissimo anche all’estero intitolato Justice.
Senza entrare nel dettaglio delle tesi del professore, sicuramente importanti e degne di essere acquisite, ricordo solo come SEI punti, come pilastro di tutto il Sistema, sulle PARI OPPORTUNITA’. Quelle VERE, non di facciata come nella nostra società attuale.
E’ giusto che i “migliori” contribuiscano al buon governo del Paese o delle aziende. Il problema è che i migliori devono essere pescati nel grande mare della società al completo, non nelle piccole baie delle famiglie benestanti. Perchè se continua così, avremo il rafforzamento del concetto di “casta”. Se nasci “bene” avrai una istruzione superiore che ti consentirà di essere “migliore” di chi è nato “male”.
Il grande sforzo che deve fare la società, non è di “appiattire” le condizioni in base a falsi concetti redistributivi, che comunque devono essere rivisti. Semmai è quello di creare le condizioni di base per tutti i ragazzi di poter “crescere” nello stesso modo, di poter offrire gli stessi stimoli culturali, le stesse opportunità. Eliminare il divario reale derivante dalla posizione sociale e culturale della famiglia di origine, e nel contempo creare nuovi cittadini più responsabili e più consapevoli.
La proposta di SEI spinge verso una scuola a tempo pieno, non ghettizzata per aree di appartenenza ( bianchi con bianchi e neri con neri, in senso lato ovviamente) in grado di formare fino al diciottesimo anno di età un cittadino che non sappia solo di Leopardi o Cicerone, ma che abbia una visione del Mondo nel quale vive, che faccia sport vero, musica, teatro, o qualunque altra attività preferisce, gratuitamente, seguito, valorizzato, apprezzato. Ci penserà poi l’università, a formare chi deciderà di andare avanti nel percorso formativo, piuttosto che iniziare a lavorare. Ma ognuno dovrà avere il proprio posto nella società e contezza del proprio ruolo, e soprattutto chi andrà avanti negli studi e probabilmente avrà posizioni più influenti nel proprio futuro, dovrà poter essere “pescato” nel mare, e non nelle baie.
Questo è alla base del progetto SEI. La valorizzazione dell’individuo che deve avere reali pari opportunità, non solo sulla carta. Il cambiamento del paradigma comincia qui: lo Stato deve occuparsi di formare i nostri ragazzi e offrire pari opportunità, e investire su questo. Non deve fare “politica economica”. Deve fare “politica sociale”.
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