di Guido Grossi
È un pensiero irresponsabile quello che rifiuta di vedere le tensioni che stanno già esplodendo, in Europa, e rischiano di diventare incontrollabili.
Eppure, il seguente pensiero: “l’Unione europea non è riformabile nella sua essenza”, è un pensiero tanto ingenuo, quanto diffuso.
L’idea va messa oggi alla prova: il pensiero “unico” da cui discende, trasversale alle élite europee, è in crisi evidente.
Perché schierarci? Da una parte, gli europeisti, e dall’altra, i sovranisti. Cambiamo parole, piuttosto, per cambiare il mondo, e iniziamo a sentirci, tutti e profondamente: sia europei, che sovrani. Ed anche Italiani, cittadini del mondo, particelle infinitesimali (ma preziose) dell’Universo. Staremo meglio!
Intanto, riflettiamo per pochi secondi: nulla è immutabile, a questo mondo.
Figuriamoci se possono resistere ancora a lungo, così come sono, queste strutture prive di democrazia e di trasparenza, che pianificano il mantenimento di elevati livelli di disoccupazione e sopportano livelli vergognosi di povertà, che fondano piuttosto l’Unione europea sulla stabilità della moneta e un elevato livello di competizione! Che coprono le attività delle istituzioni con segretezza dei lavori, inviolabilità della sede, insindacabilità degli atti e immunità personale dei burocrati. Le persone non sanno.
Scelte destinate, per natura, a generare meccanicamente squilibri gravi e tensioni sociali, oramai evidenti, figlie di un presente insoddisfacente per troppi, di un futuro oscuro per tutti.
Tv e giornali che ignorano i Gilet Gialli e “l’altra faccia della democrazia” (13 morti, più di mille feriti, migliaia di arresti) oscurano quanto accade in Grecia, a Londra ed a Bruxelles, e liquidano la protesta che monta in tutta Europa con etichette inappropriate, ci invitano, di fatto, a comportarci tutti come struzzi, che mettono la testa sotto la sabbia per non vedere in faccia il pericolo in arrivo.
Memento (ricorda): se un pensiero si diffonde, è perché qualcuno lo alimenta. E sa come farlo.
C’è chi trae un beneficio enorme – e fa quindi di tutto per mantenerlo – dall’attuale configurazione delle regole europee, e si tratta di pochissime persone al mondo: i signori che governano, direttamente ed indirettamente, i mercati finanziari sopra nazionali, strutturati per favorire la concentrazione di ricchezze enormi nelle mani di pochi, potenti, cinici e irresponsabili.
Il Grande Capitale Sopra Nazionale che ha comprato le università, le accademie del pensiero sociopolitico, il sistema mediatico fatto di grandi reti televisive e giornalistiche, e che si è insediato stabilmente nelle Istituzioni dell’Unione europea, diffonde imperterrito il suo mantra:
T.I.N.E.: There Is No Alternative, Non C’è Alternativa.
Ci vogliono rassegnati, e spaventati (la paura, istintivamente, blocca).
Per tutti quelli che non si rassegnano, ci sono poi etichette superficiali e prive di fondamento, scelte per “demonizzare”: fascisti, populisti, nazionalisti, sovranisti, incompetenti.
La manipolazione delle informazioni e del consenso, è efficace. C’è uno stuolo impressionante di persone che subisce danni enormi dal sistema ma, convinto dalla “propaganda”, lo sostiene in maniera acritica.
Il conflitto si radicalizza, e la popolazione si spacca. Confesso che io stesso sono tentato, ogni tanto, di radicalizzare le posizioni. Ma mi sforzo di resistere.
C’è bisogno infatti di “tirare la testa fuori dalla sabbia”, e questa azione riguarda proprio tutti: da una parte e dall’altra.
C’è bisogno di “abilità a dare risposte” e cioè di coraggio (cuore aperto) e di responsabilità (mente lucida). Sapendo che le risposte concrete e, possibilmente, non “suicidarie” per l’umanità, non saltano fuori da un giorno all’altro dal cilindro di un mago: vanno elaborate con fatica, tempo e dedizione, dall’intelligenza collettiva; con l’impegno di molti.
Se vogliamo evitare una guerra civile che, considerata l’entità degli interessi in gioco (e non solo europei, e non solo economici), appare più probabile di quanto non si creda, è necessario che le teste pensanti del mondo rifiutino di spaccarsi in due, e si assumano la responsabilità di studiare soluzioni “vere”, che affrontino e risolvano alla radice i problemi.
Bisogna chiamare, naturalmente, anche i sostenitori del “più Europa”, alle loro responsabilità: non è sufficiente una generica allusione agli Stati Uniti d’Europa. Ce li descrivano in un dibattito pubblico, alto, aperto, costituzionale.
Di una cosa possiamo stare certi: questa Unione europea non è affatto “unita” e di certo non dura, così com’è, basata sulla competizione. Ci porta alla guerra, se non ci svegliamo. La necessità è chiara perfino alla Commissione europea, che nel suo libro bianco del 2016 prevede, oltre ai possibili “passi in avanti”, anche l’ipotesi di un sostanziale passo indietro. Lo trovi qui, il libro bianco.
Se questo è dunque lo scenario, la cosa più ragionevole (e urgente) da fare, in grado di evitare la follia, è:
cominciare ad immaginare, per poi programmare, una forma di rapporti fra le nazioni europee (e mondiali), totalmente diversa da quelle attuali.
Qualcosa in cui la parola “democrazia” si riempia di significato concreto ed in cui la Politica torni a governare il mondo, ed i mercati.
Rapporti fra Nazioni, bada bene, che ancora non sono dissolte, ma che hanno già perso gran parte dei loro elementi costitutivi, a partire dal potere di governo dell’economia, mentre non sono state sostituite da altro livello di responsabilità politica.
Occorre prendere atto di una grande verità: il potere politico (la Sovranità) non è stato “trasferito”: si è dissolto. Sacrificato sull’altare del dio mercato!
Le “Riforme Strutturali”, che sono squisitamente politiche e incidono nella carne dei rapporti sociali, non sono forse concepite e scritte nelle istituzioni finanziarie (BCE, FMI, MES), e poi imposte al simulacro della politica dietro ricatto dei mercati: “o le attui, o ti faccio fallire”?
Dobbiamo allora domandarci, con apertura ed estrema serietà:
- quali sono le vere priorità, per gli abitanti dell’Europa e della Terra?
- siamo venuti al mondo per competere e accumulare profitti?
- o siamo qui per creare forme di collaborazione, e solidarietà, verso tutti?
- quali strutture sociali, giuridiche, politiche, economiche e finanziarie sono in grado di assicurare il raggiungimento di priorità “a misura d’uomo”?
- per soddisfare i bisogni profondi degli esseri umani, c’è davvero bisogno di un governo centrale, in Europa o nel mondo, che prende decisioni valide per tutti e le possa imporre con la forza, o c’è piuttosto bisogno di rispetto delle autonomie, seppure incorniciate in un contesto culturale condiviso?
- non è forse sul piano della condivisione dei valori e dei principi, che va cercata una unione che oggi in realtà non esiste, prima ancora che nelle istituzioni e nel governo dell’economia?
- esiste davvero una economia che non è, sempre e comunque, scelta politica?
- è più importante la stabilità della moneta, o la lotta alla povertà?
- dobbiamo far crescere il PIL, o l’educazione civica?
- dobbiamo garantire la “governabilità”, o la democrazia?
- dobbiamo competere, o collaborare?
- ha senso la politica, senza etica?
- i popoli, sono sovrani, o sudditi?
- c’è bisogno di leader, o di una diversa partecipazione dei cittadini?
- quale è il ruolo dell’in-formazione, dell’educazione e della cultura, in questa ricerca?
Temi e domande, queste abbozzate, che ci riguardano proprio tutti, e molto da vicino, e sui quali manca assolutamente, nel palcoscenico mediatico, una riflessione collettiva, pubblica, profonda, impegnata, aperta, onesta, leale.
Se non ci decidiamo ad affrontarli, con la testa infilata sotto la sabbia come siamo, mentre montano rabbia e disperazione, la via della catastrofe continuerà ad allargarsi.
È tempo di riunire gli sforzi, allargare il cuore, affinare la mente, superare ogni rimpianto del passato e ogni paura del futuro, per costruire un presente degno, proprio per tutti.
Caro Guido, per me la priorità è una sola, e non esclude il resto ma lo include.
A questa domanda: “esiste davvero una economia che non è, sempre e comunque, scelta politica?
La risposta è semplice: No!
Da che mondo è mondo i conflitti sociali hanno, fondamentalmente, un unica radice. La distribuzione dei beni.
Se fino al secolo scorso questa spartizione era governata dalla forza fisica, dalle armi. Pare che adesso, come ha suggerito qualcuno, sia governata dalla “furbizia” da non con fondere con l’intelligenza. Ci potremmo anche soffermare a lungo su questi temi, ma è davvero necessario?
Non sarebbe meglio passare subito alla soluzione? O almeno alla sua proposta? C’è una soluzione?
A me pare che la soluzione ci sia e sia anche semplice. La politica, una politica al servizio dell’umanità, dico “umanità” perché umanità include tutti
e una soluzione che non includa tutti, non sarebbe una soluzione.
Se il problema, la causa dei conflitti sociali è sotto gli occhi di tutti (basta aprirli) la soluzione è sullo stesso piano.
Tra il liberismo assoluto, “chi magna magna” basato su un concetto erroneo di libertà e “tutti uguali” c’è un abisso e tante vie di mezzo.
La soluzione, o almeno la direzione, non è una “rivoluzione” ma una evoluzione, un salto evolutivo, che porti gradualmente questa distanza tra chi ha troppo e chi nulla, ai minimi termini, progressivamente, ma senza incertezze o scivolamenti, o eccezioni. Il problema è globale e la soluzione può essere solamente globale.
Potrei dilungarmi, e fare anche proposte precise. Ma non è quello il punto.
Il punto è stabilire una DIREZIONE CHIARA e condivisa. Condivisa da chi?
Ecco questa potrebbe essere la domanda da porre. Tutto dipende da questo chi e da quanti.
In quanto sono pronti a dire io ci sono?
grazie, Valdo
ridurre le distanze, aumentare la solidarietà, rappresentano certamente la direzione giusta. Quindi ben vengano scelte politiche semplici e chiare che riducano la concentrazione assurda di ricchezza che abbiamo sotto gli occhi, ed impediscano l’abbandono degli ultimi, che abbiamo egualmente sotto gli occhi.
Perché non si fa?
La risposta, credo, la troviamo sul piano culturale e psicologico: ci lasciamo guidare dalla paura o dall’egoismo, troppo spesso.
Scoprire che, in fondo, paura ed egoismo non ci soddisfano, è un primo passo.
Ad ogni modo: perché non ci scrivi un articolo con le tue proposte?
Così ragioniamo (anche) su cose concrete!
Resettiamo l’europa!
Spero che dopo le elezioni europee il ns. Conte chieda la riformulazione di tutti i trattati in essere per ripartire da Zero.
Ripartire dalla riformulazione chiara e inequivocabile degli obiettivi ue che sarebbero:
– l’ue è governata democraticamente dal popolo mediante la sovranitá piena, anche monetaria, di ogni SINGOLO stato membro.
– l’ue persegue il benessere sociale e diffuso tra i popoli ue attraverso un mercato comune di libero scambio E NON COMPETITIVO TRA GLI STATI MEMBRI.
– l’ue persegue la pace nel mondo e il progresso sociale difendendo il proprio territorio da minacce esterne.
– viene adottato l’euro come moneta bancaria comune, sotto il controllo della banca centrale europea controllata dal popolo europeo attraverso la sovranità di ogni stato membro.
Punto.
Basta.
Da qui si parte e si mette pietra su pietra, rispettando pedissequamente questi principi.
Un abbraccio a tutti i sovranisti
“Sovranista” è un termine da prendere con le molle: in qualche modo viene usato dal potere costituito per “sporcare” il concetto di SOVRANITA’, che invece deve rimanere pulito e cristallino, perché ci appartiene, e rappresenta la nostra dignità.
A parte la condivisione totale del tuo pensiero e, ancor più, del tono allarmato con cui le tue considerazioni vengono espresse, io voglio sottolineare l’importanza di una corretta e capillare informazione. Mi sembra un punto cruciale e mai abbastanza ribadito, per disinsabbiare le nostre teste di struzzo e costruire una coscienza, una consapevolezza critica diffusa contro la quale sarà sempre più difficile continuare a ingannarci e a farci subire passivamente scelte scellerate
è il motivo vero per cui ci siamo lanciati in questa iniziativa: l’informazione libera e plurale è presupposto di qualsiasi possibilità di cambiamento che vada davvero nell’interesse di tutti. E’l’essenza della democrazia, tutta da costruire