Moneta Bene Comune

Come nasce la moneta – cosa è – per cosa viene utilizzata

moneta e soldi

di Guido Grossi

La produzione specializzata di beni e servizi comporta gli scambi.

Negli scambi multilaterali complessi, così come nel commercio internazionale, la moneta nasce per “tenere memoria” di chi ha dato e chi ha ricevuto.

Che sia una tavoletta di cera incisa, o un pezzo d’oro coniato, o una semplice registrazione su un grande computer, la moneta ha sempre tre caratteristiche basate sulla convenzione sociale che le attribuisce il ruolo di “memoria” dei crediti, all’interno della comunità che l’accetta.

Se cedo un bene e non ne ricevo ora in cambio uno equivalente, otterrò al suo posto una moneta che esprime memoria del “valore dello scambio”. La moneta in mio possesso ricorda a tutti i membri della comunità che ho un credito, e cioè il diritto di ottenere un bene del “valore di scambio” analogo a quello che ho ceduto. Bada bene: non necessariamente dalla persona che mi ha dato la moneta, ma da un qualsiasi membro della comunità che abbia accettato la convenzione; non solo oggi o domani, ma anche fra un anno o dieci anni.

Ed ecco delineate le tre funzioni sociali che svolge la moneta, intrinsecamente legate fra di loro:

1) strumento di scambio universalmente accettato nella comunità;

2) unità di misura del valore di scambio dei beni e dei servizi scambiabili, in quanto rende confrontabili fra loro cose totalmente diverse;

3) riserva di valore, in quanto può essere accumulata per essere spesa in futuro.

Purtroppo, queste tre funzioni hanno difficoltà a svolgersi autonomamente in maniera armonica e, se non si interviene consapevolmente a gestire gli squilibri, si producono gravi guasti nell’economia e nella società.

Esiste infatti un consistente conflitto potenziale fra queste funzioni, che peraltro è esploso più volte nel corso della storia umana, di cui è bene essere consapevoli.

La moneta va conosciuta in tutti i suoi aspetti e va governata, perché se “si lascia fare ai mercati”, gli squilibri sono garantiti.

I conflitti potenziali

Affinché la moneta possa offrire un buon servizio come “strumento di scambio”, deve circolare fluidamente nel mondo dell’economia reale, e cioè deve essere facilmente accessibile a imprese che investono e producono e famiglie che lavorano e spendono. Ma, attenzione: la circolazione fluida determina quasi fisiologicamente un aumento nei prezzi, e cioè una perdita del potere d’acquisto della moneta stessa.

Per svolgere bene la funzione di unità di “misura del valore”, ed anche la funzione di “riserva di valore”, una buona moneta deve mantenere abbastanza stabile il proprio valore nel tempo (il suo potere d’acquisto misurato dai prezzi). Ma, attenzione: una eccessiva stabilità si accompagna quasi meccanicamente a livelli insoddisfacenti di occupazione, produzione, scambio.

Per rispondere al bisogno (legittimo) di chi vuole usarla come “riserva di valore” (il risparmiatore), la moneta deve poter essere accumulata, e cioè sottratta alla circolazione, danneggiando quest’ultima.

Per rispondere poi al bisogno (illegittimo) dello speculatore, che desidera fare soldi con i soldi, la moneta deve, contemporaneamente, essere accumulata nel mondo della speculazione finanziaria e sottratta all’economia reale, con grave danno di quest’ultima.

Insomma, l’equilibrio a tre è tanto complesso quanto fondamentale. Per questo va gestito, e va fatto in ottica di interesse pubblico.

Effetti degli squilibri

Una rapida circolazione della moneta nelle tasche delle famiglie e delle imprese (cioè nell’economia reale) determina:

– aumento della produzione, degli scambi, dell’occupazione
– aumento fisiologico dei prezzi.
Se però la capacità delle imprese di aumentare la produzione è già satura, e/o quando il mercato del lavoro è vicino alla piena occupazione, l’aumento della circolazione monetaria determina:

– nessun apprezzabile miglioramento nella produzione e nell’occupazione, ma solo negli scambi;

– un aumento eccessivo dei prezzi.

Un aumento del risparmio determina il rallentamento nella circolazione, che a sua volta comporta:

– carenza di moneta nell’economia reale, e quindi rallentamento nella produzione, nell’occupazione e negli scambi;

– diminuzione dei prezzi e aumento del potere d’acquisto del risparmiatore.

Una rapida circolazione della moneta nel mondo della finanza speculativa, che avviene quando non ci si preoccupa di incanalare correttamente l’uso del risparmio e della nuova moneta emessa, e si lasciano fare i mercati, determina:

– un aumento ingiustificato del prezzo dei titoli e dei derivati, con conseguente aumento abnorme e ingiustificato del potere d’acquisto degli speculatori;

– carenza strutturale di moneta nell’economia reale, e quindi rallentamento grave nella produzione, nell’occupazione e negli scambi.

Emissione della moneta

La moneta moderna viene creata dal nulla (si chiama perciò moneta fiat). Non ha un legame con l’oro o altri beni preziosi e scarsi.

Questo vuol dire che non esistono limiti fisici alla possibilità di aumentarne la massa creata e distribuita, e quindi il rischio di inflazione diventa elevatissimo. L’inflazione è, come dice il verbo latino “inflare”, l’aumento della massa monetaria “soffiata” dentro il sistema.

Attenzione: non bisogna confondere l’azione di “inflare” (aumentare la massa monetaria immessa nel sistema), con il suo effetto, che è l’aumento dei prezzi. Il sistema mediatico, chiamando inflazione l’aumento dei prezzi, confonde sistematicamente la causa con l’effetto.
Il diritto di emettere moneta, che possiamo far coincidere con il concetto di “proprietà della moneta”, è sufficientemente discusso e dovrebbe essere ormai chiaro anche ai sassi che non può essere lasciato nelle mani esclusive di un soggetto privato (come purtroppo avviene oggi).

Si tratta invece di una responsabilità importantissima che è bene sia gestita in ottica di tutela degli interessi collettivi.

Il che si può realizzare in due modi, che possono anche coesistere.

1) Riserva esclusiva alla mano pubblica del diritto di emissione della moneta a corso legale, con garanzia totale di trasparenza e diretta rappresentanza.

Questa garanzia è oggi minata alla base dall’idea, molto ingenua, che sia meglio garantire l’indipendenza delle banche centrali.

È incontrovertibile che le banche centrali indipendenti abbiano prodotto inflazione, e cioè che abbiano creato e immesso nel sistema una massa monetaria esorbitante, infinitamente maggiore di quella che gli stati avevano mai prodotto. Lo hanno fatto perché, sebbene indipendenti dalla politica, sono di fatto molto dipendenti da certi poteri privati organizzati, in grado di scegliere e influenzare i governatori che le gestiscono.

L’illusione della gestione più efficiente da parte di banche centrali indipendenti è potuta durare solo perché non è mai stato pubblicizzato a sufficienza l’aumento esagerato dei prezzi degli investimenti finanziari (asset inflation), mentre l’attenzione è stata portata esclusivamente sull’aumento contenuto dei prezzi dei beni e dei servizi disponibili al consumo (inflazione al consumo).

Come sempre, un uso distorto delle parole confonde la realtà.

Se uso (impropriamente) la parola inflazione per descrivere l’aumento dei prezzi al consumo, posso sostenere che le banche centrali indipendenti hanno fatto un buon lavoro e non abbiano prodotto inflazione.

Se uso correttamente il termine: inflazione = l’azione di immettere massa monetaria nel sistema, il giudizio è chiaro e impietoso: le banche centrali (falsamente) indipendenti hanno provocato moltissima inflazione.

L’inflazione (l’atto di inflare) ha certamente come effetto meccanico e inevitabile l’aumento dei prezzi, ma non possiamo dire a priori quali prezzi saliranno in conseguenza della scelta di inflazionare il sistema.

Dipende da come è organizzato il sistema finanziario, e cioè il sistema che si occupa di incanalare e distribuire la moneta creata dall’emittente.

Il sistema finanziario attuale (i tubi che incanalano la liquidità) è organizzato in maniera tale da portare il 99% del risparmio privato e della nuova moneta emessa nel mondo della finanza speculativa. Diventa allora chiaro che i prezzi che saliranno a seguito di nuova inflazione (nuova emissione) saranno quelli dei titoli e dei derivati, rendendo felici gli speculatori. Contemporaneamente, i prezzi dei beni al consumo soffriranno, perché i soldi scarseggiano nelle tasche delle imprese e delle famiglie, che ricevono solo l’1 %. Nota bene: prezzi al consumo che rimangono bassi raddoppiano il beneficio a favore degli speculatori (che già hanno ricevuto il nuovo potere d’acquisto), perché possono (e vogliono) trasformare la ricchezza di carta (titoli e derivati) in beni reali a prezzi convenienti.

Ora che la speculazione sta mostrando i suoi limiti; ora che i detentori mondiali di risparmio hanno timore ad investire in dollari e in titoli di stato americani, e conseguentemente in qualsiasi altro asset puramente finanziario (titoli e derivati non adeguatamente corrispondenti a beni concreti e reali), succede, inevitabilmente, che la massa di denaro creata irresponsabilmente dalle banche centrali si riversa, in parte crescente, nel mondo dei beni reali. Nota bene: non si riversa direttamente nel mondo dell’economia reale, ma nel mondo degli investimenti reali (immobili, terre, materie prime, preziosi).

Questo spostamento, inevitabile, determina la risalita dei prezzi delle materie prime, che a sua volta influenza tutti i prezzi anche dei beni finali (al consumo). Ed è così che il sistema mediatico annuncia, solo ora, l’inflazione!

Detto questo, è anche vero che lo Stato (il settore pubblico), quando gestiva direttamente l’emissione della moneta fiat, ha dimostrato a sua volta una certa predisposizione a creare inflazione, sebbene in quantità infinitamente inferiore a quella prodotta dalle banche centrali (falsamente) indipendenti.
Che fare?

Oltre a restituire la responsabilità alla politica, si può accompagnare la scelta con una soluzione aggiuntiva, complementare, in grado di smussare eventuali errori da parte dello Stato.

2) Concessione espressa del diritto di emissione “anche” a comunità organizzate di persone.

Fermo restando il diritto di emissione della moneta a corso legale in capo all’autorità pubblica centrale, viene riconosciuto in maniera costituzionale il diritto di emettere altre monete, complementari, che circolano nell’ambito delle comunità che abbiano spontaneamente scelto di accettarle come strumento di scambio.

Noi possiamo infatti immaginare le migliori regole di gestione per la moneta a corso legale, affinché sia garantita la gestione degli squilibri. Ma siccome l’umanità non ha ancora imparato ad usare la rappresentanza politica in maniera efficace, non possiamo avere la garanzia che le autorità centrali svolgano sempre correttamente la loro missione.

Ecco allora che le monete complementari possono adeguatamente supplire a quella carenza facendo ricorso al diritto privato, che riconosce forza di legge fra le parti agli accordi fra privati che non siano espressamente vietati dalla legge.

Una moneta complementare si affianca spontaneamente a quella a corso legale tutte le volte che quest’ultima non riesca a soddisfare adeguatamente le esigenze della collettività.

Nella storia economica, infatti, ogni qualvolta i potenti siano riusciti ad orientare la gestione della moneta a favore della speculazione finanziaria, facendola scarseggiare nel mondo delle imprese e delle famiglie, è accaduto che queste ultime abbiano provato, con alterne fortune, ad auto organizzarsi per produrre monete complementari o alternative.

Il limite più grande di queste esperienze risiede sempre nella difficoltà a ottenere spontaneamente la fiducia delle persone, abituate da millenni ad accettare una moneta emessa da Autorità riconosciute. Di fronte a nuove proposte, la paura di fare qualcosa di strano, e forse di illegittimo, tiene le masse fuori dalla possibilità di salvezza.

Ecco allora che il riconoscimento costituzionale delle monete complementari consentirebbe di superare proprio il maggiore degli ostacoli alla loro circolazione.

Gestione della Moneta

Sia che si tratti di moneta a corso legale, sia che si tratti di moneta complementare, affinché l’equilibrio fra le tre funzioni sia preservato è fondamentale che la comunità interessata sia consapevole delle regole che favoriscono una sana gestione.

Nei trattati di economia ci si sofferma troppo poco su queste regole, eppure la moneta è certamente una delle risorse più importanti di una comunità, e l’economia, come dice il nome, dovrebbe occuparsi proprio delle regole (nomos) per la sana gestione dei beni della comunità (oikos).

Avendo capito che i conflitti sono difficilmente evitabili, e che il compito della gestione è dunque quello di limitarne gli effetti, non già di impedirli, diventa chiaro che l’aspetto pregiudiziale di tutta la gestione riguarda la “scala dei valori sociali”. La comunità, in altri termini, deve avere ben chiaro in testa quali interessi debbano avere la priorità, in caso di conflitto.

Esempi: quale fra gli interessi delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese, dei risparmiatori, dei capitalisti, degli speculatori, merita di essere tutelato “prima” degli altri?

Se questa scala dei valori fosse chiara nella testa della gente non avremmo mai accettato il mondo di oggi, in cui gli interessi degli speculatori sono anteposti a quelli di tutti gli altri.

Oggetto della gestione è il “sistema finanziario”, e cioè quell’insieme di regole (che possiamo immaginare come tubi, rubinetti, scambiatori) che, una volta impostate, determinano abbastanza meccanicamente dove e come la liquidità possa andare, accumularsi, scorrere, e quindi quale interesse favorire e quale subordinare.

Sarebbe troppo lungo entrare qui nel merito di quali possano essere le regole più efficaci ed efficienti per la gestione del sistema finanziario ideale. Lo rimandiamo ad una trattazione specifica.

Possiamo però evidenziare da subito una cosa importantissima da sapere per tutti: si tratta di scelte che sono sempre e comunque libere. Nessuna regola economica o matematica o scientifica le può impedire o limitare, come invece purtroppo perfino certe università sono riuscite a farci credere.

 

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