Per il nostro futuro: rappresentanza politica e partecipazione al reddito nazionale

La concreta proposta

di Paolo Antonio Amadio e Ignazio Rosenberg Colorni

La lunga pandemia iniziata nel 2020 sarà forse ricordata quale simbolico passaggio epocale: il momento in cui si è diffusa planetariamente la
consapevolezza che di fronte ai grandi temi connessi ad uno sviluppo sostenibile, tutti noi dobbiamo riformulare la nostra visione del futuro.
La cognizione diffusa della finitezza delle risorse naturali attualmente a nostra disposizione e la disillusione riguardo la possibilità di proseguire
secondo il modello di indefinito sviluppo del XX secolo, comportano la riconsiderazione di società e risorse al fine di esprimere nuove e desiderabili traiettorie di sviluppo sociale prima ancora che produttivo. I rapidi mutamenti in atto della fisionomia di società e mercati del lavoro, impongono riflessioni e scelte che non possono prescindere da una visione globale di lungo periodo, uno stretto coordinamento tra Paesi e, all’interno di ciascuno di essi, da modelli operativi in grado di mobilitare con costanza e flessibilità le migliori capacità ideative, organizzative e tecnologiche. Sotto questo punto di vista, tornano in primo piano i valori sulla base dei quali orientare le scelte: la coesione sociale su obiettivi e risultati di classi politiche dirigenti, società civile e tessuto produttivo, diviene fattore strategico di successo. A maggior ragione a fronte di questa crescente complessità del contesto, a livello nazionale è necessario immaginare un modello di società che ci permetta di esprimere in modo sistematico e duraturo il nostro miglior potenziale. Lo spunto del“destino comune” che il Capo dello Stato ebbe a citare nel suo discorso del 2
giugno del 2020 ci offre il prezioso suggerimento di usare la nozione di comunità per immaginare il nostro futuro. Come per ogni comunità,
occorre che il senso di appartenenza, che per tradizione noi italiani sentiamo verso la famiglia e le realtà locali, si estenda all’intero paese in modo da alimentare la motivazione ed il perseguimento delle opportunità individuali, nell’adesione agli obiettivi comuni. Questo implica che siano realizzate adeguate forme di partecipazione dei cittadini alle scelte politiche a beneficio della comunità e alla ridistribuzione della ricchezza prodotta dalla stessa comunità. Non dovrebbe risultare difficile convenire come partecipazione attiva e senso di appartenenza, si rafforzino a vicenda e concorrano a determinare la coesione della comunità e la sua resilienza. Per assicurare ai cittadini la adeguate forme di partecipazione
alle scelte politiche della comunità occorre in prospettiva assicurare loro la possibilità di interagire attivamente con le istituzioni, in ogni luogo e ad ogni livello, dalle assemblee locali al Parlamento. Occorre affiancare alla sola relazione “candidatura – voto – esercizio del mandato – verifica”, nuove possibilità di consultazione e di reale interlocuzione in itinere tra rappresentati e rappresentanti, introducendo ad ogni livello la logica della retroazione. Per questo occorre un progetto di rivisitazione e proposizione delle “forme della partecipazione politica” che ne definisca significato, requisiti, regole e strumenti, oltre a una conseguente attuazione che, da un lato ristabilisca le forme corrette di esercizio della democrazia indiretta assicurando per cominciare il pieno diritto di voto ai cittadini e la rappresentanza parlamentare e dall’altro metta in campo forme più dirette di partecipazione complementari e armonizzate, anche inedite. In questo il progetto di sviluppo digitale può giocare un ruolo determinante.

Per quanto riguarda la partecipazione alla ricchezza prodotta dalla comunità, ocorre evidenziare la stretta correlazione tra economia,
bilancio dello stato, debito pubblico, pandemia e altre emergenze di vasta portata, ormai considerate ricorrenti. Tale correlazione comporta la necessità di dotarsi non solo di un sistema sanitario nazionale predisposto a erogare prestazioni sanitarie ai cittadini anche in condizioni
di emergenza, ma anche di un omologo sistema nazionale predisposto a erogare prestazioni economico-finanziarie agli stessi cittadini, per fare fronte agli effetti economico-sociali di tali emergenze. Ciò implica che i detti sistemi debbano funzionare in modo ordinario
(nel senso di consueto, ordinato ed efficiente) anche in condizioni straordinarie. Qui di seguito tratteremo la forma di partecipazione alle scelte politiche che corrisponde alla rappresentanza parlamentare ed in particolare di una iniziativa in corso per riconquistare il pieno diritto di voto e per restituire rappresentatività e ruolo al Parlamento. In un prossimo articolo tratteremo una delle forme della partecipazione alla ridistribuzione della ricchezza prodotta dalla comunità. Al riguardo presenteremo la proposta di realizzare un “Sistema Nazionale di Assicurazione Sociale”
omnicomprensivo che sostituisca sistemicamente le attuali e innumerevoli forme di sostegno al reddito, aspetto presente e ancor più rilevante nel futuro, ormai prossimo, della vita dei cittadini. Le due forme di partecipazione sono intimamente correlate in quanto solo un Parlamento rappresentativo della comunità paese potrà essere titolato a decidere come la ricchezza della comunità debba essereridistribuita.

Partecipazione alle scelte politiche e Rappresentanza parlamentare Eccoci qua: in tempi di pandemia e Recovery Fund, la nostra classe politica, incapace di accordarsi ed esprimere un governo, ha abdicato alle proprie responsabilità nei confronti del Paese e del suo ordinamento democratico, scaricando sul Presidente della Repubblica l’incombenza di incaricare “qualcuno” affinché creasse le condizioni per il prosieguo della legislatura. Nel momento in cui quel qualcuno si è preso la responsabilità di indirizzare il governo, quasi tutti i partiti sono saltati a bordo, anche a costo di evidenti contraddizioni con la propria identità storica e la recente linea politica. Non si vuole qui entrar nel merito delle qualità professionali e manageriali del nuovo Presidente del Consiglio, né del suo orientamento politico: quel che preme evidenziare è l’ormai siderale distanza dei partiti italiani dal Paese reale di cui dovrebbero essere interpreti, dei parlamentari dai cittadini di cui dovrebbero essere rappresentanti, di tutta la nostra classe politica dalla responsabilità di tutelare attivamente funzionamento ed espressioni della nostra democrazia costituzionale. Come se nulla di quanto appena accaduto li riguardasse, come se non fosse a tutti evidente la pochezza dei loro comportamenti,
la loro esautorazione di fatto e la loro perdita di autorevolezza nei confronti del Paese, i partiti senza alcun sentimento di vergogna o ripensamento autocritico, non appena ridistribuitesi le poltrone, si sono messi a litigare sulla formula della futura legge elettorale. Ancora una volta una discussione che prende forma a partire da interessi di parte e di breve periodo, incurante dell’impatto che il sistema elettorale ha su presente e futuro del Paese. Come sia- mo arrivati a questa condizione? Quali gli strumenti per cambiare velocemente rotta? Sono 15 anni che in Italia le leggi elettorali privano i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Leggi volute da quei partiti che, in nome di
una maggior governabilità mai verificatasi, hanno imposto ai cittadini parlamentari “nominati” e pertanto senz  una propria base elettorale
ed oltremodo limitati nell’autonomia decisionale dal partito che li ha fatti eleggere.

Quale che sia la formula elettorale adottata Nella nostra democrazia costituzionale fondamentali sono la effettiva rappresentanza dei cittadini e la piena libertà di mandato dei loro rappresentanti. Quelli appena citati sono i requisiti essenziali, in mancanza dei quali nessuna formula elettorale potrà contribuire a fare degli italiani una comunità coesa e solidale, a rinsaldare il legame tra cittadini ed Istituzioni locali e centrali, a mobilitare le migliori risorse della società civile, a risollevare le sorti del Paese ed a rispettare i principi che la nostra Costituzione per tutto questo detta. Coesione sociale e partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della cosa pubblica non dipendono esclusivamente dal rispetto dei principi costituzionali riguardanti la rappresentanza, ma una legge elettorale rispettosa della Costituzione è uno dei presupposti giuridici e civili
fondamentali per una società democratica sana, nell’ambito della quale ciascuno possa investire per il futuro proprio e della comunità intera.
A differenza di altri Paesi, in Italia la legge elettorale non è una legge costituzionale ma ordinaria, cioè può essere modificata da una maggioranza semplice (50%+1) del Parlamento e questo spiega la frequenza con cui, durante la cosiddetta seconda Repubblica scaturita dopo i referendum elettorali dei primi anni ’90, sono state proposte svariate leggi spesso mirate solo a favorire la maggioranza parlamentare del momento, fino ad arrivare alla legge elettorale del 2005, definita “Porcellum” dallo stesso estensore, a partire dalla quale i cittadini italiani non hanno più potuto scegliere individualmente i loro rappresentanti ed i partiti hanno avuto la possibilità di costituire gruppi parlamentari composti da fedelissimi alle segreterie dalle quali dipende la loro elezione. Un vero e proprio stravolgimento dello spirito costituzionale, reso evidente per ben due volte dai giudizi di incostituzionalità della Corte Costituzionale sulle leggi Porcellum ed Italicum. Nonostante questi giudizi di incostituzionalità proprio per
gravi mancanze di rappresentanza dei cittadini, la mag gioranza del Parlamento, in ossequio alle direttive dei relativi partiti, ha approvato la legge elettorale vigente (c.d. Rosatellum), che riproduce i meccanismi già dichiarati incostituzionali. Ciò può accadere in Italia, a causa delnostro attuale ordinamento giuridico, che prevede che la Corte Costituzionale non possa intervenire autonomamente, ma possa esprimersi sulla legittimità di una legge soltanto se è interpellata da un giudice che, nel corso di un processo, si trovi in difficoltà perché in dubbio sulla costituzionalità della legge che dovrebbe applicare. Siccome nessuno ha finora depositato un ricorso contro la legge Rosatellum e nessun giudice ha quindi richiesto il giudizio della Corte, quest’ultima non può intervenire e la legge rimane in vigore anche se sospettata di sostanziale incostituzionalità. Quindi i cittadini per far valere il loro pieno diritto di voto sono costretti ad una procedura complessa e difficoltosa: presentare un ricorso in un tribunale ordinario, sperando di incontrare un giudice che, sensibile alla materia costituzionale, richieda l’intervento della Corte Costituzionale. A titolo d’esempio ricordiamo che per arrivare ad ottenere i pronunciamenti della Corte sulla illegittimità costituzionale delle leggi Porcellum ed Italicum, furono necessari 8 anni nel primo caso ed oltre 20 ricorsi in altrettanti tribunali nel secondo. Dunque come far rispettare il diritto costituzionale
dei cittadini di scegliere e poi giudicare i loro rappresentanti? La soluzione sarebbe una “legge sulla rappresentanza”, che stabilisca le regole che qualsivoglia legge elettorale debba rispettare per tutelare il pieno diritto di voto dei cittadini. A riguardo i promotori dell’iniziativa “Viva il Parlamento” hanno presentato una petizione ad entrambi i rami del Parlamento. Al momento però i partiti non sono particolarmente sensibili al tema… Ed è comprensibile: il potere di eleggere il Parlamento tornerebbe ai cittadini e, grazie al loro più stretto rapporto, cittadini rappresentati
e rispettivi parlamentari rappresentanti acquisirebbero un forte potere di influenza e controllo sul comportamento dei partiti stessi. Perciò al momento cosa si può fare?

Un primo rimedio essenziale teoricamente semplice, è che la Corte Costituzionale verifichi la legittimità di ogni legge elettorale prima che
possa essere utilizzata per le elezioni. Come detto però la Corte non può intervenire se non è interpellata da un giudice ed occorre, in attesa di
una eventuale apposita nuova legge costituzionale, che sia almeno stabilita una prassi in cui in sostanza siano il Governo e/o il Parlamento
a poterne richiedere un pronunciamento preventivo sulla legge elettorale. Sarebbe questo il modo per evitare quantomeno il controsenso ed il paradosso giuridico di avere Parlamenti eletti con leggi elettorali poi dichiarate incostituzionali e quindi illegittimi, che però possono rimanere in carica, legiferare e addirittura modificare la Costituzione. Per promuovere la risoluzione del paradosso appena evidenziato, su iniziativa di Viva
il Parlamento è stato costituito Il “Comitato per la rappresentanza parlamentare”. Il Comitato è ora strumento di diverse associazioni della società civile nella promozione di una campagna di informazione e raccolta fondi per sostenere le spese delle azioni legali contro l’attuale legge elettorale, quale primo passo per ottenere che la Corte Costituzionale verifichi la legittimità della legge elettorale prima della sua applicazione. Queste azioni legali sono l’occasione e lo strumento di una mobilitazione della società civile che, precede ed apre una via all’indispensabile
profondo rinnovamento ideale, etico ed organizzativo di quei partiti che intendano riacquisire l’insurrogabile funzione sociale di interpreti e mediatori tra cittadini ed Istituzioni. Il “Comitato per la rappresentanza parlamentare” si propone di collaborare direttamente con i parlamentari che, interpreti consapevoli della funzione istituzionale di rappresentare i cittadini, ne sosterranno attivamente l’iniziativa in Parlamento. Ad
essi il Comitato offre l’appoggio della società civile che si sta raccogliendo attorno alla sua azione, per ripristinare ruolo ed autorevolezza del nostro Parlamento, quale Istituzione centrale della nostra democrazia

 

 

 

 

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