Il commercio internazionale vale 19.000 miliardi di dollari all’ anno

Un grande ribilanciamento globale ci attende

Reti, continenti, città, trasporti, lavoro, persone

di Erik Pacher

l Forex volume quotidiano è di circa 7.000 miliardi di dollari; quello annuo è pari a 1.750.000.000.000.000 di dollari.
Al netto dei 19.000 miliardi relativi al commercio internazionale, il resto del montepremi è fatto da scelte d’investimento, gambling finanziario, scommesse.
Se il danaro ha nei secoli contribuito enormemente al progresso materiale della società elevandosi a mezzo di scambio per eccellenza, da circa 50 anni è oramai divenuto mero mezzo di produzione di altro denaro.
Il danaro è al centro delle nostre vite ed è stato al centro della storia: l’ ascesa di Hitler è strettamente connessa a due differenti devastazioni subite dal sistema monetario tedesco ovvero l’iperinflazione di Weimar e la deflazione post 1929.
 Il danaro è stato al centro del Trattato di Versailles, del crash del 1929, degli Accordi di Bretton Woods e della loro fine.
Sotto Bretton Woods l’ Europa ha vissuto fasi di grande crescita dove la disoccupazione -tranne che per brevi fasi- era quasi solo quella volontaria.
Il commercio internazionale funzionava regolarmente ed agilmente nonostante la Cina non producesse sostanzialmente nulla e nonostante i dazi e le tariffe internazionali.
Sino a quando mantenne la sua stabilità, nessuno effettivamente pensava al fatto che esistesse un ordine monetario internazionale. Poi, quando Bretton Woods divenne il passato e gli attacchi speculativi cominciarono a segnare il flusso informativo quotidiano, tutti i capitalisti, tutti gli industriali cominciarono a porsi il problema della stabilità monetaria internazionale.
Ogni attacco speculativo viveva un rituale simile: aggressione speculativa contro una una o più valute; Ministri delle Finanze europei che esprimevano fiducia nella stabilità del sistema innescando altri attacchi; attacchi contrastati da maldestri interventi della Banche Centrali; dichiarazioni perplesse e scontente dei ministri delle finanze volte ad ammettere con tono stizzito la sconfitta o a dissimulare l’incidente con frasi di circostanza e così via.
Gli speculatori, consapevoli del valore del silenzio in una battaglia di ingegno, non venivano mai sentiti né visti ma ad gni occasione di successo la stampa angloamericana trionfalmente e scherzosamente prendeva in giro “quegli stupidi ministri” che avrebbero dovuto lasciare le questioni finanziarie ai banchieri internazionali.
Fu proprio così che, lentamente, gli stati vennero costretti a condividere con il sistema bancario internazionale la più importante prerogativa della sovranità nazionale: il controllo delle politiche valutarie e monetarie. Per secoli, la moneta è stata preservata come prerogativa nazionale: solo il monarca, l’autorità politica, e più tardi la banca centrale, aveva potere sulla valuta nazionale.
Ancora oggi siamo portati a leggere gli eventi tramite le lenti della politica e forse della filosofia ma per capire perché accadano alcune cose bisognerebbe guardare al flusso di una parte di quel 1.750.000.000.000.000 di dollari.
Come diceva Galbraith: «The study of money, above all other fields in economics, is one in which complexity is used to disguise truth or to evade truth, not to reveal it».
Gli USA probabilmente hanno deciso di mollare l’ Afghanistan anche in ragione del fatto che sono finanziariamente all’ angolo: record di Debito Pubblico/PIL, record di Deficit Pubblico/PIL, record di deficit commerciale con inflazione in salita (e taroccata al ribasso) che potrebbe portare -qualora non transitoria- ad un tapering sostanzioso con rafforzamento del dollaro e conseguente depressione ulteriore della bilancia commerciale per evitare la quale la FED dovrebbe continuare al contrario a manipolare i tassi al fine di mantenerli in territorio reale negativo scaricando il costo di questo improbabile self-bailout del sistema americano sulla working class.

 

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