Confine tra Polonia e Bielorussia: tra crisi e valzer dell’ipocrisia

La politica internazionale congela i rifugiati

La guerra è un abominio dell'umano intelletto

di Vittorio Nicola Rangeloni

La nuova crisi migratoria nell’est Europa si è manifestata in modo insolito, soprattutto per l’approccio adottato da media ed esponenti politici nel trattare l’argomento. Messa da parte la retorica alla Mimmo Lucano o alla David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, il quale pochi giorni fa affermava che “rispetto alle dinamiche migratorie l’Europa non può mostrarsi indifferente e soprattutto deve essere capace di indicare una via diversa rispetto al passato”, i toni sono visibilmente cambiati: i riflettori solitamente puntati sul risvolto umano e sociale dei flussi migratori sono stati spostati sulle logiche politiche, solitamente dimenticate o trascurate.
Stavolta l’opinione pubblica viene plasmata dalle dichiarazioni (leggasi speculazioni politiche) di figure come Antony Blinken, Segretario di Stato USA, il quale ha affermato che il presidente bielorusso Lukashenko avrebbe creato questa crisi per “allontanare l’attenzione dall’attività russa lungo i confini ucraini”.
Sempre in merito alla crisi sul confine tra Polonia e Bielorussia, sulla stessa lunghezza d’onda, il ministro degli Esteri britannico Liz Truss ha dichiarato che “la Russia ha una chiara responsabilità e dovrebbe fare pressione sulle autorità bielorusse per porre fine alla crisi e avviare un dialogo”.
Da Mosca non si è fatta attendere la replica della Zakharova, portavoce del Ministero degli esteri, la quale ha ricordato le ragioni storiche per cui gli iracheni, ancora oggi, continuano a migrare: “l’invasione britannica dell’Iraq è stata progettata con cura. 45mila soldati britannici hanno aiutato gli Stati Uniti a occupare questo paese, ucciderne i cittadini e saccheggiare il territorio. La Gran Bretagna ha una chiara responsabilità storica per tutto ciò che accade da quel momento nella regione: la morte degli iracheni, la distruzione dello Stato iracheno, i flussi infiniti di rifugiati, l’emergere dell’ISIS, i disastri umanitari in questa parte del mondo. Fino a quando Londra non sarà ritenuta responsabile dei suoi crimini, i suoi funzionari non hanno il diritto di accusare nessuno.”
Intanto ieri – mentre si continua ad alimentare l’allarmismo in merito agli spostamenti di truppe russe su territorio russo – dall’ennesimo aereo cargo militare USA atterrato a Kiev sono state scaricate 80 tonnellate di munizioni. E cosa fa la Gran Bretagna, Patria della Truss, colei che ha appena finito di parlare di responsabilità russe, nonché della necessità di cercare il dialogo e di fermare crisi? Si prepara ad inviare un contingente di 600 militari in Ucraina composto da uomini della SAS e dai parà della 16esima brigata aviotrasportata d’assalto. Tutto ciò accade a margine di esercitazioni militari non pianificate degli USA e altri partner NATO nelle acque nel Mar Nero.
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