- cambiare rotta e concentrarsi su tagli rapidi e profondi alle spese militari, che alimentano la corsa agli armamenti e la guerra
- smilitarizzare le politiche pubbliche, comprese quelle destinate ad affrontare la crisi climatica
- attuare politiche incentrate sull’umanità e sulla sicurezza comune, che proteggano le persone e il pianeta e non l’agenda del profitto delle industrie delle armi e dei combustibili fossili
- creare strutture di governance e alleanze basate sulla fiducia e la comprensione reciproca, sulla cooperazione e sulla vera diplomazia, in cui i conflitti vengono risolti attraverso il dialogo e non con la guerra
Sono principi fondamentali, non possiamo allontanarci da questi obiettivi lanciati dalla Campagna internazionale contro le spese militari
Come sottolineato nel Documento programmatico pluriennale per la difesa per il triennio 2022-2024 (pag.195) che il Ministro della Difesa ha presentato lo scorso 13 luglio al Parlamento, la tematica del burden sharing, ovvero del rispetto degli impegni assunti in occasione del Summit NATO tra Capi di Stato e di Governo, svoltosi in Galles nel settembre 2014, poi ribaditi a Varsavia nel 2016 con il cosiddetto Defence Investment Pledge (DIP), continua a rappresentare una delle questioni politiche centrali del dibattito che si sviluppa in seno all’Alleanza Atlantica.
Il Burden sharing richiede, infatti, lo sforzo di ciascuna Nazione Alleata a tendere, entro il 2024, al raggiungimento dei seguenti obiettivi (cd. “le tre C”):
- 2% delle spese per la difesa rispetto al PIL (“cash”);
- 20% della quota del budget della Difesa da destinare agli investimenti (“capabilities”);
- contributo a missioni, operazioni ed altre attività (“contributions”).
Per verificare il raggiungimento dei primi due obiettivi, la Difesa è chiamata a fornire annualmente alla NATO i dati finanziari che rappresentano il proprio bilancio (cd. “Bilancio della Difesa in chiave NATO“) elaborato in base a parametri e criteri indicati dall’Alleanza, affinché i dati siano omogenei e quindi comparabili con quelli di tutti i Paesi appartenenti all’Alleanza stessa, nell’ambito della NATO Defence Planning Capability Survey (ossia un questionario con cui la NATO chiede ai Paesi di fornire risposta circa le attività di Policy, sviluppo capacitivo e pianificazione finanziaria associata al conseguimento dei capability target assegnati ai Paesi).
Per quanto attiene il complessivo volume finanziario da prendere a riferimento, il bilancio integrato in chiave NATO si discosta dal bilancio integrato della Difesa in quanto, rispetto a quest’ultimo:
- con riferimento alla spesa per la Funzione Sicurezza indicata nel bilancio della Difesa, tiene in considerazione la quota parte afferente al personale dell’Arma dei Carabinieri impiegabile presso i Teatri Operativi del fuori Area;
- detrae dalle Pensioni Provvisorie del Personale in Ausiliaria l’importo relativo all’Arma dei Carabinieri, ad eccezione della quota parte impiegabile presso i Teatri Operativi;
- aggiunge l’importo della spesa pensionistica del personale militare e civile sostenuta dall’INPS.
Si ricorda che del bilancio integrato, sia in chiave NATO che della Difesa, fanno parte:
- l’importo relativo al finanziamento di selezionati programmi della Difesa da parte del MiSE;
- il finanziamento relativo alla partecipazione del contingente militare italiano alle missioni internazionali, le cui risorse sono allocate in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’Economia e delle finanze (legge n. 145/2016).
Le spese per la difesa nel bilancio dello Stato
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