Ce lo chiede l’Europa? non sempre è così

Il papocchio tutto italiano della città dei 15 minuti. Illusione

città dei 15 minuti illusione. Abile illusione

di Carlo Grossi

La vita quotidiana ci mette costantemente davanti ad obblighi che ci costringono ad uno slalom continuo per portare avanti gli impegni quotidiani e sfuggire a limitazioni sempre più stringenti. Se volessimo limitare il rischio di multe, sanzioni varie e controlli minuziosi dovremmo rimanere relegati tra le mura domestiche, in perenne smart-working, azzerare ogni tipo di rapporto sociale. Governo centrale, governatori regionali, sindaci affermano, a giustificazione del loro operato, di dar seguito ai provvedimenti europei. Ma siamo davvero certi che non cadano spesso in un eccesso di zelo che li spinge a calcare la mano forse per timore di sbagliare o per delirio di onnipotenza? Il mio sospetto è supportato da un’attenta lettura delle direttive europee e da alcuni atteggiamenti che mal celano pulsioni autoritarie latenti. I temi sono più o meno sempre gli stessi: salute, ambiente, risparmio energetico. La commissione europea, attraverso direttive approvate dal parlamento, pone agli stati membri degli obiettivi da realizzare in un certo arco temporale, ma lascia a questi ultimi la scelta delle modalità per raggiungerli. Solo un’ansia da prestazione mal gestita o una smodata ambizione personale possono giustificare i blocchi del traffico, le Ztl, i divieti di circolazione con parametri sempre più stringenti (mi riferisco al recente divieto di circolazione alle auto euro 5 imposto dalla regione Piemonte), le videocamere ormai installate in ogni dove e tutto ciò che da un momento all’altro potrebbe piovere sopra le nostre teste in termini di ulteriori restrizioni.

Le libertà individuali, i diritti, la Costituzione, le normative che da essa discendono sono costantemente violate da decreti e ordinanze che sottolineano una deriva autoritaria e una palese ignoranza delle procedure legislative che partendo dall’alto degrada verso le amministrazioni locali. Se un individuo non può adoperare la propria auto perché non conforme all’ultima ordinanza regionale o comunale oppure un commerciante fallisce poiché la zona nella quale insiste la propria attività è interdetta al traffico sono stati violati più diritti inalienabili sanciti dalla Costituzione quali la libertà di spostarsi, il diritto al lavoro, la facoltà di libera impresa, il principio di autodeterminazione. Siffatte condizioni possono produrre perdita di lavoro, danno economico, gravi problemi sociali…disfunzionalità delle quali il cittadino potrebbe chiedere conto all’amministrazione che ha emanato i provvedimenti oltre a reclamare il danno erariale prodotto. Schermarsi dietro il mantra “ce lo chiede l’Europa” potrebbe essere del tutto inammissibile e, in assenza di una magistratura in grado di far rispettare le leggi, dar luogo a proteste e disobbedienze più che giustificate oltre naturalmente alla richiesta di indennizzo per i danni subiti nonché le violenze alle quali ognuno è sottoposto. Nessun decreto o ordinanza potranno mai cancellare il diritto ad una vita dignitosa, anche se per assurdo lo chiedesse l’Europa.

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