L’accordo tra il governo Meloni e l’Albania è come pagare un amico perché ospiti a casa sua la tua gatta, sperando che non torni mai più. Solo che il costo per questo “favore” supera il miliardo di euro, e la gatta, cioè i migranti, tende a tornare comunque. Dopotutto, spostare un problema non significa risolverlo, ma semplicemente spostare l’occhio del ciclone. Ora, invece di creare una soluzione dignitosa e strutturata, stiamo esportando il disagio. Non male per un Paese che, di questi tempi, fatica a mantenere servizi essenziali come sanità e istruzione.
I numeri non mentono, anche se vorresti
Spendere oltre un miliardo di euro per costruire centri di accoglienza in Albania e trasferire lì i migranti suona come un colpo di genio, almeno in teoria. Però, se questi soldi venissero usati per migliorare l’integrazione dei migranti in Italia, potremmo ottenere risultati migliori senza necessariamente “parcheggiarli” altrove. Meloni sembra credere che allontanando fisicamente il problema, l’Italia si alleggerisca delle responsabilità. Ma la realtà è che un tribunale di Roma ha già iniziato a riportare indietro i migranti, segnalando che il piano non è solo inefficace, ma anche legalmente fragile.
Uno dei punti più problematici di questa operazione è la questione dei diritti umani. L’Albania è candidata all’ingresso nell’Unione Europea, ma non rispetta appieno gli standard richiesti per l’accoglienza dei migranti. I nuovi centri rischiano di diventare terre di nessuno, dove le persone vengono trattenute senza adeguate tutele. Il governo italiano, forse sperando che nessuno guardi troppo da vicino, si sta affidando all’Albania per “fare ordine”. Ma, sorpresa: i migranti tornano e i diritti non si possono traslocare.
Il piano di esternalizzare i migranti all’Albania ricorda più una tattica disperata che una soluzione innovativa. L’idea di Meloni sembra quella di spostare il problema più in là, senza dover affrontare le critiche interne ed europee. In realtà, questa strategia è un déjà vu, con precedenti come gli accordi con la Libia che hanno generato solo ulteriori scandali. Trasferire i migranti non è diverso dal mettere la polvere sotto il tappeto: prima o poi torna fuori, e lo fa con un conto ancora più salato.
Ogni volta che un migrante torna in Italia, è come se Meloni ricevesse un promemoria: spostare il problema non lo risolve. La promessa di gestire i flussi migratori con fermezza si sta trasformando in un boomerang. L’Albania doveva essere una valvola di sfogo per le pressioni migratorie, ma si sta rivelando solo un parcheggio temporaneo. E come ogni parcheggio, non si può lasciare l’auto lì per sempre, prima o poi bisogna tornare a prenderla.
Quando la toppa peggio del buco
L’accordo con l’Albania rappresenta una soluzione fragile e costosa, che non solo non risolve il problema, ma rischia di aggravarlo ulteriormente. Il vero nodo della questione è che il fenomeno migratorio non possa essere “esternalizzato”. Le radici sono profonde e richiedono interventi strutturali che affrontino le cause del fenomeno e non solo i suoi sintomi. Più si tenta di “spostare” i migranti, più il fallimento diventa evidente. Meloni, forse, avrebbe dovuto prendere un’altra strada: quella del multipolarismo, quella degli accordi con i Paesi a rischio perché possano trovare le risorse e il sostegno italiano per affrancarsi dalla macchina tutta Occidentale dello sfruttamento delle risorse altrui, che genera povertà, totalitarismi e voglia di fuggire dal proprio Paese. Una strada complicata, l’unica possibile per risolvere realmente il problema dell’immigrazione.
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