di Maria Luisa Visione
Mai più articolo quale il 32 della nostra Costituzione fu esempio nella storia dei popoli del rispetto della vita di ogni essere umano. Proprio in momenti di complessità straordinaria come quelli che ci ha consegnato il Coronavirus, esso dovrebbe rappresentare la luce e la guida per i comportamenti e le azioni di tutti.
Tutti siamo chiamati a onorare questo dettato per la parte di responsabilità che ci compete, ma chi governa e decide del futuro delle persone, ha l’obbligo imprescindibile di rispettarlo.
Quello che stiamo imparando in questi giorni di resilienza è che il ciclo della vita ci riporta costantemente alle origini. L’origine della nostra Costituzione è centrata sulla dignità dell’uomo, e non è un caso che anche la carta dei diritti umani dell’ONU sia ispirata ai principi fondamentali sanciti nel 1948.
Abbiamo imparato che il sistema sanitario non è pronto a far fronte a un’emergenza “non normale”, non è in grado di rispondere alla domanda per gli ospedali, i posti letto, le terapie intensive, i medici, gli infermieri e tutte le risorse di cui dispone all’attivo come offerta; ma, soprattutto, non può riallinearsi in tempo se non ha a disposizione “altre” risorse economiche. Come si può pensare, se in questi anni ci hanno raccontato che lo Stato è un’azienda, che il suo Consiglio di Amministrazione non abbia deliberato fondi straordinari e non abbia, nella gestione ordinaria, tenuto conto di elementi di cambiamento profondo come l’aumento della longevità in corso che fa emergere un bisogno di cure importante dopo i 65 anni, e per un tempo ancora molto lungo della vita?
L’ultima analisi della sanità italiana targata EUROSTAT ha evidenziato in maniera netta una spesa sanitaria dell’8,9% del PIL, sotto la media europea, che conferma caratteristiche inadeguate rispetto alla necessità di mettere in atto, quanto prima, azioni per migliorare la sua sostenibilità, alla luce del trend dell’invecchiamento della popolazione italiana.
Questo non significa che il nostro sistema sanitario non sia da onorare in questi momenti di difficoltà; significa che abbiamo lasciato soli coloro che devono occuparsi della nostra salute. Soli di fronte a posti letti che mancano e a terapie intensive insufficienti, quando un virus arriva con la forza e l’energia di un terremoto.
Ho letto di angeli, infermieri, anestesisti e medici, con un tablet accanto agli anziani per fare una videochiamata ai loro cari, nel momento dell’addio e mi si è accapponata la pelle per la lucidità e la sensibilità di questi eroi.
Nel frattempo, purtroppo, tra le tante informazioni reperibili per dare supporto a chi chiede notizie, mi è arrivato un documento dal titolo “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”, pubblicato lo scorso 6 marzo da SIAARTI. (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva).
Il documento mette in chiaro nero su bianco lo scenario prospettico in alcune regioni italiane sull’epidemia, poi dichiarata pandemia dall’OMS, da Coronavirus: “un aumento dei casi di insufficienza respiratoria acuta (con necessità di ricovero in Terapia Intensiva) di tale entità da determinare un enorme squilibrio tra le necessità cliniche reali della popolazione e la disponibilità effettiva di risorse intensive”.
Ciò che mi ha profondamento rattristato nell’evidenza dell’inadeguatezza è la soluzione: criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) basati su “giustizia distributiva e appropriata allocazione delle risorse”
In sostanza, si dovrà privilegiare la maggiore speranza di vita, cioè, fare una scelta tra chi curare e chi no, privilegiando la maggiore possibilità di successo terapeutico. Il resto del documento riporta a criteri che non hanno come sottostante l’eguaglianza dei diritti tra le persone, ma livelli di probabilità, per agganciare a un parametro razionale la responsabilità etica della scelta.
Sottolineo che ritengo inumano mettere chiunque nella condizione di fare una scelta di questa portata, ma invito ognuno di noi a riflettere se condividiamo gli effetti dell’essere parte dell’Unione Europea.
Oggi se abbiamo bisogno urgente di stanziare fondi per supportare il sistema sanitario lo dobbiamo chiedere all’Europa, ed è così per tutto, per la sicurezza, per la scuola, per garantire prestazioni sociali e supporti economici alle partite IVA e ai lavoratori dipendenti. Il ritardo tra questa richiesta e la risposta si traduce in vite umane. Riflettiamo su questo, su quanto è in linea con il caro articolo 32 e su quali margini abbiamo per far sentire una voce diversa.
Ragioniamo su cosa cambierebbe in questo momento se avessimo la sovranità monetaria e la Banca d’Italia come Banca centrale, a sostegno dell’economia reale e delle speculazioni finanziarie.
Non accetto di leggere questo documento e di trovarci linearità e giustizia sociale perché non c’è e dico no con forza a consentire che possa accadere ciò. Nel documento si parla di “medicina delle catastrofi”, ma sfido chiunque a sentirsi etico nello scegliere chi merita di essere curato e chi no.
Bisogna agire prima che la catastrofe accada per limitare il margine di errore della non azione preventiva.
Quindi, quando tutto questo sarà finito, ricordiamoci di quanto è accaduto, valutiamo i comportamenti e le azioni di chi guida, non di chi esegue, e diciamo no. No a regole che non rispettano la nostra Costituzione perché ne sono evidentemente all’opposto. No a uno Stato che non può intervenire con le soluzioni al momento del bisogno. Perché se non lo faremo non avremo imparato nulla, accettando di lasciar soli coloro che non hanno il potere decisionale, ma si trovano in prima linea a subire le conseguenze di un sistema che ha messo al primo posto mercato, competitività e regole di bilancio inventate a tavolino, invece dei diritti umani.
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