di Antonino Galloni
In questi ultimi anni la componente extraparlamentare dell’opposizione al sistema ha raggiunto livelli di analisi e di denuncia molto importanti e, per certi aspetti, esaustivi: abbiamo recuperato il meglio della critica grillina e non solo dopo il loro sempre più sconcertante tradimento; avevamo elaborato programmi di difesa e rilancio dell’economia del Paese (basti pensare al Piano di Salvezza Nazionale cui collaborò anche il compianto Giulietto Chiesa); abbiamo tenuto botta durante tutta l’emergenza pandemica e, adesso, stiamo cercando di produrre buona informazione su cosa c’è dietro e dentro il cosiddetto conflitto Russia Ucraina.
Se questa è luce, non mancano le ombre, come la divisione al nostro interno e la carenza di proposte che, ecco il punto, si contrappongano alle strategie del “nemico” ma siano adatte ai tempi che stiamo vivendo: ben diversi dal periodo mal gestito della Seconda Repubblica, dagli anni della tensione e dello stragismo, dalle eroiche lotte operaie del dopoguerra e da quanto le ha precedute.
La divisione è frutto di due fenomeni complementari: l’individualismo (soprattutto maschile) dei leader o presunti tali e la rincorsa di obiettivi massimi con sfogatoi di piazza e di social; invece, occorrerebbe puntare ad un “programma minimo” ovverosia capace di unire tutti e dare quei messaggi alla gente comune che la pensa come noi, ma che si fida sempre meno di ciò che è politica ed è restia a fare qualunque cosa finché permane la divisione stessa.
Il vantaggio di un programma minimo è quello di indicare – appunto, il minimo – sotto il quale non si può andare. Ad esempio, un primo punto potrebbe essere (almeno per me che ho rifiutato tutte le lusinghe dei partiti che non mi davano garanzie al proposito) quello della introduzione di una moneta sovrana, statale e, quindi, a corso legale, parallela all’euro: sarebbe certamente più bello gridare “fuori dall’euro, fuori dalla UE” – cose, peraltro, giustissime, ma che ci allontanano dalla gente.
E’ solo con l’immissione di tale moneta che possono riprendere gli investimenti pubblici e che si può ripensare un giusto ruolo dello Stato che non abbia più bisogno di aziendalizzare gli ospedali o le scuole, ad esempio; che ponga le basi di un superamento dell’attuale economia del debito e del profitto non solo perché essa è cattiva o antietica, ma perché essa è divenuta insostenibile (almeno a livello complessivo).
La definizione o ricerca del programma minimo – 7-10-20 punti molto chiari e qualificanti – andrebbe effettuata attraverso consultazioni, incontri e seminari dedicati, gli Stati generali del movimento che non si può più identificare con le attuali istituzioni: esse, infatti, hanno tradito il dettato costituzionale e sono oramai invase solo dagli interessi dei grandi gruppi multinazionali.
Occorrono più spiritualità e più femminile, ovvero un diverso approccio alle cose non basato sulla scarsità, il possesso fine a sé stesso e la ricerca trascendente della piramide del potere.
E non basterà aspettare salvatori dall’esterno o i risultati di altrettanto salvifiche elezioni (chissà se voteremo nel 2023 in caso di escalation del conflitto col rischio di un Parlamento che, a differenza dell’attuale, corrisponda almeno un po’ a quell’80% di Italiani radicalmente contrari all’invio di armi all’Ucraina); occorrerà cominciare a muoversi subito per costituire comunità economicamente autonome in termini energetici, alimentari, sanitari, ecc.
Tra gli ecc., anche la moneta complementare, fiduciaria, capace di agevolare la multilateralità degli scambi sia in concorrenza con l’euro (finché non saremo stati in grado di introdurre quella statale parallela), sia in alternativa…dove possibile: dove, cioè, l’autonomia del borgo, della comunità, del gruppo fosse veramente completa.
Dobbiamo, quindi, opporci alle due strategie del sistema: la distruzione della nostra economia fatta da piccole imprese, artigianato, famiglie (strategia che data, come documento nei miei testi, da più di un quarantennio); la divisione che genera conflitto tra le persone.
Sotto il primo profilo, dovremmo prendere in considerazione tutte le azioni contrarie allo smantellamento del nostro sistema produttivo (anche, come ho già accennato, in termini di riorganizzazione dell’offerta); sotto il secondo, capire come riaprire il dialogo, ad esempio, con quanti – pur essendo contrari ai vaccini – si son vaccinati, ma ora stanno valutando gli effetti di quell’obbligo.
E’ bello essere duri e puri, d’accordo, ma se vogliamo combinare qualcosa dobbiamo confrontarci con tutte le persone in buona fede e trovare, comunque, il modo di coinvolgerle nei nostri progetti, direttamente o meno.
Queste sono solo alcune primitive idee per cominciare a muoversi in maniera diversa, ma adeguata ai tempi.
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