Acqua bene comune, gestione dei servizi idrici integrati

Tra Pubblico, Privato, Democrazia e Quotazione in Borsa

di Daniela Tana

E’ di pochi giorni fa la notizia che nel silenzio generale, l’Acqua è stata quotata in borsa per la prima volta nella storia, e potrà, quindi, essere oggetto di speculazione finanziaria. Di conseguenza il suo prezzo oscillerà come accade a tutte le materie prime, come l’oro, il petrolio, quindi, anche l’acqua potrebbe diventare oggetto di conflitti mondiali. Eh si! Una notizia, questa, non diffusa sulle prime pagine di tutti i giornali mondiali anche se è molto grave per tutta l’umanità. Ma c’è il Covid ! E solo di quello si deve parlare adesso!

Uno studio pubblicato circa un anno fa mostra come a causa dell’aumento della popolazione mondiale, dei problemi climatici, di un eccessivo sfruttamento idrico e degli sprechi per la dispersione da tubature spesso vecchie o rovinate, molte parti del pianeta affronteranno deficit idrici molto gravi. Si sta prospettando, quindi, un disastro mondiale che coinvolgerà vasti territori e popolazioni, visto che in pochi anni si verificherà una grave emergenza idrica nel pianeta Terra con circa due miliardi di morti proprio a causa della sete.

Un altro settore che contribuisce in maniera sostanziale alla carenza idrica è quello dell’energia. Le Centrali a gas ed elettriche usano tecnologie ad alto consumo di acqua per catturare le emissioni di carbonio e immagazzinarle, e da non dimenticare il fracking per estrarre il gas.( in geotecnica si chiama così lo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo, in questo caso dentro formazioni di rocce contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità).

Si dovrebbe iniziare a pensare veramente come fare per limitare questa previsione catastrofica, a cominciare dalle perdite nelle reti idriche, e forse anche ad un a riduzione dell’uso giornaliero di consumo pro capite.

Naturalmente in questo quadro catastrofico per il prossimo futuro, ci dovrebbe far allarmare e spaventare l’idea che l’acqua sia stata quotata in borsa così come ce lo riferisce il CME Group che ha tracciato le prime previsioni di mercato basate sul Nasdaq Veles California Water Index.

Tra l’altro non è una novità che molti agricoltori americani falliscono a causa degli aumenti improvvisi decisi da parte delle società che gestiscono l’erogazione dell’acqua a seconda del mercato influenzato da eventi atmosferici.

In Italia, la popolazione si è espressa definitivamente attraverso il Referendum del giugno 2011 per la necessità di mantenere l’acqua pubblica. Con il pronunciamento referendario i cittadini italiani hanno rigettato una normativa di chiara marca liberista che considerava i servizi pubblici locali di rilevanza economica (e quindi anche quelli idrici) come meri ambiti di mercato.

L’art. 23 bis del DL 112/2008 costringeva, in sostanza, gli enti autonomi a privatizzare i servizi pubblici di rilevanza economica, perché DISPONEVA che la loro gestione dovesse essere affidata, “in via ordinaria, a (….) imprenditori o (….) società in qualunque forma costituite, individuate mediante procedure competitive a evidenza pubblica” e CONSENTIVA quella “in house” (cioè una peculiare forma di gestione diretta dei servizi stessi da parte degli enti pubblici) solo in “situazioni (….) eccezionali, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”.

In tale contesto normativo, il ruolo degli enti autonomi risultava profondamente svilito, perché una volta privati delle funzioni gestorie di servizi connessi alla garanzia dei diritti inviolabili (art.2 C.), non potevano essere più considerati come soggetti rappresentativi delle comunità territoriali (artt. 1, 5 e 114 C.), ma come “agenzie di marketing” deputate a svolgere funzioni di intermediazione tra la “domanda” e l’”offerta” di servizi privatizzati.

Parimenti i cittadini, una volta spodestati di ogni possibilità di influire sulle decisioni relative alla qualità della vita dei territori, erano divenuti dei meri utenti..

L’esito della consultazione referendaria ha rivelato invece come il popolo continui a riconoscersi in un’idea radicata nel costume sociale e nella cultura costituzionale del Paese , ossia che l’acqua rappresenta un bene essenziale per la vita individuale e collettiva e, quindi, non può essere negoziata alla stregua di una merce, sicché i pubblici poteri devono predisporre e gestire le strutture idonee a preservarla e renderla accessibile a tutti.

Questa consapevolezza, del resto, è entrata a far parte del patrimonio culturale dell’umanità, come dimostrano alcuni ATTI INTERNAZIONALI e SOVRANAZIONALI che riconoscendo la natura extracommercium del bene-acqua in quanto connesso al soddisfacimento di bisogni umani incomprimibili, hanno evidenziato la necessità di garantirne l’accesso e l’uso da parte dei singoli e delle comunità.

Il Legislatore continua tuttavia, a rincorrere, malgrado gli evidenti fallimenti delle privatizzazioni, L’IDEOLOGIA LIBERISTA e, dunque ad insistere  nella difesa dell’ormai superata distinzione TRA proprietà pubblica del bene E gestione privata del servizio.

Il Referendum del giugno 2011 non ha, infatti, ancora trovato un seguito legislativo coerente con la volontà espressa dalla maggioranza del corpo elettorale e, anzi, le misure adottate dai Governi, paiono spingere verso la privatizzazione dei servizi pubblici locali e specie di quelli idrici.

Tutti i governi che si sono alternati dal 2011 fino al 2020 non hanno mai ratificato il Referendum con un decreto attuativo.

Mi capitò di partecipare ad un “FORUM Acqua e Democrazia” svoltosi il 29 giugno2018 presso la facoltà di Giurisprudenza di Bari con il professore Alberto Lucarelli, ordinario di diritto Costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli, lui è colui che aiutò De Magistris, sindaco di Napoli, a rendere di nuovo pubblica la gestione dell’acqua a Napoli. Il prof. Lucarelli ci ha tenuto a raccontarci di un aspetto a dir poco “temibile” sul futuro dell’Acqua Pubblica e in specie dell’ Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa (pensate quanto sono stati GRANDI i nostri Padri e Nonni nel ricostruire l’Italia dopo la guerra!): ha rivelato di aver scoperto che la privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese fungerà da apripista e sarà strategica alla divisione dell’Italia in quattro macro-aree funzionali alla spartizione di risorse e servizi da parte di società multinazionali e Lobbyes affaristiche; si sono già “divise” da “buoni fratelli” l’Italia in zone: Nord Est, Nord Ovest, Centro e Sud Italia (Sicilia a parte).

Quattro potenti e incontrollabili gruppi di Imprese multiservizi a maggioranza straniera, principalmente francesi, gestirebbero acqua, rifiuti ed energia in Italia. Ma ci sono anche grossi nomi italiani, anche di ex (o forse non ancora ex) politici italiani. D’altronde avevano ed hanno sempre le notizie prima degli altri!

Ci rendiamo conto che quanto sta avvenendo è un altro passo verso la distruzione del tessuto sociale, civile e democratico di tutta l’Italia? E’ come se fossimo in guerra: una guerra senza armi evidenti, ma condotta con mezzi subdoli ed ingannevoli per occuparci ed appropriarsi di tutto ciò che è sempre stato nostro: il NOSTRO PAESE. D’altronde il MES serve a questo. E il nemico ce l’abbiamo in casa.

Ma davvero pensano che noi siamo un popolo da “anello al naso”?

Negli ultimi anni ci sono stati tolti tanti diritti, rosicando ogni anno qualcosina, con quei diritti ora rosicati, prima, potevamo esprimere più liberamente i nostri dissensi. Adesso non più perché si viene controllati da forze dell’ordine fortemente condizionate, e picchiati, buttati per terra e presi a calci (com’è successo il 15 novembre scorso a Roma contro il popolo delle Partite IVA).

Analizziamo come si sono evolute le “direttive” di volta in volta, con ogni tipo di governo, proprio per farci arrivare a quanto è stato deciso da questi poteri liberisti negli anni, per quanto riguarda la strategia da attuare per privatizzare l’acqua in Italia..

Per gli acquedotti si parlava, subito dopo il Referendum, di riaprire spazi per gli enti locali dando la possibilità di scegliere tra una pluralità di forme di gestione e, quindi, anche di prediligere la forma della “gestione diretta” attraverso il ricorso all’ENTE PUBBLICO e, in specie alle “AZIENDE SPECIALI” che costituiscono il modello organizzativo più conforme agli esiti del referendum 2011, in quanto a differenza delle S.p.A. non risultano preordinate al perseguimento di fini di profitto. (Lucarelli).

Invece: già con il “Pareggio di Bilancio” imposto da Monti si ebbe il risultato che i Comuni, che per territorialità si devono occupare delle depurazioni delle infrastrutture che incanalano e portano l’acqua delle fonti verso l’Acquedotto Pugliese (per esempio), non ricevendo più i fondi dallo Stato per effettuare le depurazioni, non le hanno più potute fare.

La UE ha più volte sanzionato l’Italia per questo mancato adempimento.

Allora: cosa si inventa il governo Renzi? Nello “Sblocca Italia” inserisce una legge che dice, in poche parole: …”quei Comuni che sono preposti ad effettuare le depurazioni delle fonti dell’acqua, possono indire gare di appalto per farle effettuare a ditte private”

Ma come fanno quei comuni a pagare le ditte private che faranno le depurazioni?

Ecco che si avvia ciò che poi ha attuato il governo Conte, con i 5S: Si decide per l’Acqua, una gestione “in house”! Cioè: i soggetti azionari degli acquedotti devono essere solo soggetti pubblici che “non possono vendere a privati”. OK! Ma in questo caso i soggetti azionari degli Acquedotti sono anche i Comuni in prossimità delle fonti dell’acqua e che devono provvedere alle depurazioni, i quali possono affidare a terzi, ad un contraente esterno, la gestione delle depurazioni. Quindi a società private, anche ad una Holding, cioè una società finanziaria che detiene la maggioranza delle azioni di controllo di un gruppo di imprese, come il gruppo CAP che gestisce il servizio idrico integrato in provincia di Milano, Monza e Brianza, o come il gruppo Hera in Emilia Romagna.. Ed ecco il punto di questa gestione in house: i Comuni, che non hanno soldi per pagare le depurazioni, pagheranno sicuramente con le azioni di loro proprietà della Società dell’Acquedotto! Il punto debole di questa “idea” della gestione “in house”! Questo è il modo con cui le Lobbyes si insinueranno nella gestione “impadronendosi” delle fonti dell’acqua! E chi ha in mano le fonti dell’acqua ha in mano il territorio.

Capito?

E’ l’ennesimo modo subdolo e “non apparente” con cui il Potere Lobbistico riesce a far fare ai governi e alle popolazioni tutto ciò che ha deciso molto tempo prima.

Ecco perché i vari Governi Italiani succedutosi dal 2011 non hanno mai attuato con un decreto attuativo il risultato del Referendum del 2011. Gli ordini provenienti dall’”Alto” cioè dal “Governo Trasnazionale Invisibile” come lo chiamava il compianto Imposimato, e che di fatto governa su tutti i governi, non lo permetteva.

E poi: si lasciano marcire le tubature e si lascia arrivare acqua sporca nelle case degli italiani in modo che così, in tanti, dicano: meglio privatizzare così le ditte private si preoccuperanno di tenere efficiente l’infrastruttura idrica! Ma le ditte private non sono mica stupide da prendere in carico le ristrutturazioni! Non sono loro i proprietari! Scherziamo? Bisogna massimizzare il profitto! Alla popolazione arriva acqua sporca nelle case? Si arrangino! Tanto sono solo italiani! – Se riuscite, leggete “Il Comitato dei 300: Distruggeremo l’Italia!” di John Coleman. Mai tradotto in Italia, forse perché fa nomi conosciuti e dice la verità?.

 

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