Il pastrocchio andato in scena nelle ultime 24 ore è lo specchio della politica italiana dall’ottobre del 1993. Da quel giorno i vecchi e nuovi partiti, leader e politici di professione sono 365 giorni all’anno in campagna “elettorale” per le elezioni politiche, amministrative regionali e comunali. Il voto è importante è lo strumento della democrazia ma da 30 anni non è un voto per migliorare il paese ma per definire chi manovra le leve del potere e non della politica. Il cittadino avente diritto di voto è ingannato, perché non può scegliere chi mandare al palazzo ma solo una forza di partito, un mix di corruzione, malaffare e conflitti di interessi in continuo mutamento come un virus replicante.
La scelta tra politica e potere, un potere comunque non pieno, perché l’Italia è una colonia e in questi anni molti importanti questioni politiche non sono mai state affrontate, non mutano, trasformandosi in dei muri di gomma, un esempio è la mancanza di capacità di mediazione con il primato del diritto europeo sulla Costituzione, con il risultato di essere schiacciati da una serie di trattati e accordi “con finto vincolo europeo” e gli effetti sono devastanti, non c’è nessuna alternativa economica nazionale e la catena di reazioni colpisce negativamente tutti i settori del paese, da quello produttivo, educativo, sociale e per finire sanitario.
Negli ultimi 3 anni due eventi hanno svelato il vero volto del sistema politico, la prima è stata la crisi sanitaria, dovuta al covid-19, ha messo in luce, l’incapacità organizzativa, preventiva e il condizionamento per mezzo dell’emotività, accrescendo paura e terrore verso la morte. Per 24 mesi non è più esistita la democrazia e i diritti ma solo l’incapacità del sistema del paese nella gestione di una crisi sanitaria.
La seconda questione è emersa al momento del conflitto armato tra Russia ed Ucraina, il governo italiano dal 24 febbraio ha mantenuto la sua posizione atlantista, fornendo armi e finanziamenti allo Stato Ucraino. Per entrambi le questioni ci sono aspetti politici volutamente ignorati, il più importante è l’oscuramento dell’opinione pubblica, cioè di quei cittadini, con diritto di voto, terminali finali dell’azione politica dei partiti. I cittadini si sono opposti alle cure, imposte, poi obbligatorie e inefficaci, in merito alla crisi sanitaria dovuta al covid-19 e si sono opposti all’invio delle armi all’Ucraina ma il loro voto, lo strumento democratico è stato sistematicamente messo da parte, ignorato.
A marzo 2022 alla Camera, Draghi ha chiesto a tutti i partiti del governo e dell’opposizione di firmare il decreto per l’invio delle armi, aiuti finanziari ed umanitari verso l’Ucraina e ha posto un’altra clausola, il “Governo riferirà in Parlamento, a seguito degli incontri al Consiglio Europeo e i provvedimenti in favore dell’Ucraina ogni tre mesi”. C’è un particolare importante da ricordare, quali armi e quante ne invia il Governo italiano all’Ucraina non è possibile saperlo, è un dato secretato, l’Italia è l’unico paese europeo, membro della Nato ad assumere un comportamento così anti-democratico, essendo anche un alleato dei due belligeranti. Il decreto è stato firmato da tutti i partiti, nessuno escluso.
Dopo diversi mesi, tante eventi bellici e politici raccontano una realtà diversa da marzo, quindi la richiesta di Conte, capo politico del M5S, di rivedere il decreto di marzo è giusta ma quanta determinazione Conte ha risposto in questa richiesta? Non molta e Draghi ha concesso di riferire in Parlamento ma solo dopo aver confermato un nuovo invio di armi all’Ucraina.
La guerra tra Russia e Ucraina è al centro delle discussioni, tra un bar ed un ristorante, tra i parlamentari e i senatori ma è veramente così?
Il 21 giugno, data fissata da Draghi per riferire in Parlamento sulla guerra in Ucraina e l’invio delle armi, viene puntualmente condito dalla stampa, tv, radio giornali si replicano anch’essi come dei virus ed una folta e densa nube di “fumo” avvolge tutte le istituzioni.
Dopo qualche ora e qualche applauso al discorso di Draghi, non accade nulla, Conte non reagisce e si accontenta di un aggettivo scritto a penna nel documento presentato al Parlamento, la parola magica è “ampliato” cioè, quando Draghi, ogni tre mesi riferirà al Parlamento il dibattito sarà “ampliato” all’invio delle armi in Ucraina e alle decisioni da prendere durante gli incontri nel Consiglio Europeo ed altre istituzioni internazionali a cui l’Italia partecipa. Cosa è cambiato dal decreto di marzo? Quali armi e quante verranno inviate restano secretate e Draghi continuerà a portare l’Italia sempre più dentro il conflitto, questo è un rischio reale.
Da tempo e in più di una occasione sono emersi contrasti tra Conte, capo politico del M5S e il ministro degli Esteri Di Maio sempre del M5S. La guerra ha accelerato la diversa visione politica tra Conte e Di Maio ma è veramente così?
Di Maio, ministro giovane ma molto precoce nell’apprendere il funzionamento del “sistema politico” improvvisamente si presenta davanti alla stampa e recita un discorso da democratico di lungo corso, proprio come la vecchia scuola democristiana, non un capello fuori posto, giacca e cravatta nuovi ma non solo nell’estetica l’abito è cambiato anche nella visione politica, da poche ore Di Maio atlantista e sempre più vicino alle scelte di Draghi, “signor sì”.
Di Maio fa la mossa del roditore e lascia il M5S assieme ad altri 50 accoliti: “No agli estremismi e ai populismi. E uno non vale l’altro”, disconosce il M5S, incassa i ringraziamenti da Kiev e fonda un nuovo partito al centro: “Insieme per il futuro”. Il nome del nuovo partito è perfetto ma chi sono i 50 politici a seguito di Di Maio?
Le nuove elezioni sono sempre più vicine, scatterà il ridimensionamento dei numeri e delle poltrone in parlamento e al senato e nel M5S la regola dei due mandati non è stata abolita e Di Maio non avrebbe più potuto candidarsi, perché ha già raggiunto i due mandati e così anche la maggior parte dei 50 al seguito, appunto: “Insieme per il futuro” altrimenti tutti a casa e alla ricerca di un lavoro.
La maschera sul viso di questo giovane ministro, illuminata dalle telecamere e dalle luci del palazzo è totalmente l’opposto delle sue parole, sostenuto dagli applausi del suo seguito, in pochi minuti ha illustrato le sue motivazioni ed espresso giudizi politici nei confronti di Conte, accusandolo di essere contro la Nato e di voler fare cadere il governo, è mancato poco che lo accusasse di essere “putiniano” Un giudizio “politico” assolutamente falso, di comodo, la scelta di uscire dal M5S è l’unica strada, l’unica possibilità per continuare ad inseguire il potere e non a servire lo Stato, i cittadini e la politica.
Gli effetti immediati alla nascita del nuovo partito di Di Maio non hanno generato terremoti politici, cambiamenti di programma ma hanno aperto il mercato. È molto divertente leggere le analisi politiche dei giornalisti, da qualche ora sfilano aggettivi di ogni genere e domande del tipo: dove si posizionerà il nuovo partito di Di Maio? Le ipotesi, al centro già affollatissimo, nel campo largo del PD, alleanza Renzi, Di Maio e Calenda? Continuate voi con la vostra fantasia è un esercizio divertente.
La sintesi politica estrema è allo stesso tempo crudele e semplice: Draghi continuerà nel suo programma anche dopo questa sceneggiata, Conte: “Fine del Movimento? Nostri principi non sono più validi? Ma che dite” continua: “Appoggio a Draghi non è in discussione”. Costituito il nuovo partito, Di Maio e il suo seguito non sono ora impegnati per definire un programma politico ma raccolgono le attenzioni e le offerte degli altri leader politici e da i tanti galoppini presenti al parlamento e al senato.
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