di Loreto Giovannone
Sarà il caldo e l’afa non si sa ma che la situazione politica nel governo sia in fermento anzi in ebollizione è (quasi) chiaro a tutti. Ci sono dei segnali di sgretolamento e sinistri schricchiolii in giro che si traducono in politichese con la formula del “mal di pancia”. Sono diversi i segni che la commedia potrebbe finire ma siamo ancora nella fase “barcolla ma non crolla”. Se guardiamo con attenzione sono molte le scivolate verso il basso del governo Draghi (detto ironicamente da alcuni “del Draghistan”), la prima stà tutta nei risultati elettorali delle amministrative, pessimi per i partiti messi dentro il corral se preferite nel recinto dell’emiciclo parlamentare. Il segnale dell’elettore è stato chiaro, la disaffezione ai politici governanti nominati dal capo dello Stato e ai partiti compiacenti, è la più alta mai vista, altro segnale negativo è il calo di fiducia nei partiti tutti che impongono personaggi senza alcuna preparazione politica nelle poltrone di governo secondo dinamiche tutte interne ai partiti proni ai tecnici delle banche private internazionali, prassi che dura da oltre un decennio. A larga parte degli italiani che non votano non importa, non è che prima andasse meglio ma almeno la finzione teatrale c’era. La recente finzione dei tre in treno è risultato un mix di film western tra “The Good, the Bad & the Ugly” e l’altro “Qualche dollaro in piu” questo treno ferma a Tucumcari, come nei film di Sergio Leone i potenti e i prepotenti viaggiano nello stesso vagone del treno. Con la differenza che stavolta non è scesa la bellissima, superba Claudia Cardinale come nelle scene del grande regista Leone.
La rapida fuga di Mario Draghi dal G7 in Spagna, senza la soddisfazione della sua proposta del tetto al prezzo dell’energia, ma con precipitoso ritorno, ricorda da vicino l’espressione metaforica popolare, il detto ruspante, paesano: quando il gatto non c’è i topi ballano ed è facile pensare che la rumba che si sentiva in Spagna non era la preferita dal Draghi, eh… la politica in penisola è piena d’insidie anche da prima di Bruto e Cesare, la lotta per la poltrona era già così. Il primo a salire al colle era stato il ministro degli affari Esteri senza bibite, seguito a suo dire ex “avvocato degli italiani”, a suo tempo tutti hanno dimenticato che quando si ha bisogno di un avvocato i guai sono già iniziati. Siccome non c’è due senza tre, tornato affannosamente ed anzitempo a Roma, il terzo a salire sul colle è stato il premier Draghi un pò affannato ma soprattutto infastidito dalle insidie della bassa politica. Lui li detesta quei vili che siedono sugli scranni di fronte, su di loro ha riversato odio e disprezzo dopo che hanno ubbidito servilmente a Goldman Sachs che pose il veto alla sua nomina al quirinale. Figli di un dio minore, trattati come controfigure al teatro di Mangiafuoco, cercano di sgambettarlo, lui che tuona come un Giove nell’olimpo della moneta e della finanza, altrui. Ma come si permettono, e allora è guerra aperta non solo alla Russia ma anche nell’ammucchiata di governo. D’allato del Quirinale il Draghi e il Presidente fanno la voce grossa e nel difendersi minacciano: “niente scherzi o salta il governo”. L’avviso sembra più una minaccia che risuona nei canyon dell’emiciclo per chi in parlamento non ha ancora raggiunto la maturazione del vitalizio.
Il 24 settembre 2022 si avvicina il termine minimo per maturare gli schei del vitalizio per i parlamentari, e all’ora si vedrà se il film in corso ci riserverà il finale western, con le pistolettate, l’estate sarà oramai alle spalle e chissà se vedremo il duello alla mezzogiorno di fuoco oppure il solito rimpastone preparato sul colle oramai da quasi 12 anni. Del resto hanno da portarci in guerra no? contro la volontà della nazione ma per volontà di sua maestà la finanza mondiale USA-NATO, e si sa il rimpastone sarà amaro e razionato di gas, luce, acqua, viveri per i servi della gleba. Cosa ci rimarrà di Draghi il mai eletto? Il far west dove ci ha portato con la totale devastazione dell’economia interna, il disastro sanitario con milioni di perenni ammalati, con la svendita di tutti gli asset, come dicono i forbiti, insomma un colabrodo italico dopo la conduzione dei mai eletti, “i migliori”, con a condurre la trattativa un ex comico ligure mai eletto, coinvolgendoci tutti in una guerra con la Russia che il 70% dei sudditi non vuole ma non fa niente.
Una breve rilettura prima di scrivere “all’ora”? O vuole essere un dotto vezzo “etimologico”? La licenza poetica è però appunto dei poeti.