di Massimo Franceschini
Il momento politico è particolarmente drammatico in quanto, oltre alla rinnovata tensione Russia/NATO, è contenitore di un’insieme di percorsi tutti convergenti, per chi disposto a vederlo, verso l’obiettivo di “riscrittura” politica e culturale della realtà e dell’uomo.
Possiamo condensare queste tendenze nella formula “magica” grande reset, che di fatto predispone all’ancor più inquietante e apparentemente “inevitabile” transumanesimo.
Considerando l’insieme delle questioni, possiamo vedere come queste coprano tutti i campi: filosofia, bioetica, tecnologia, ambiente, cultura, diritto, politica, economia; più precisamente e brevemente:
1. Visione dell’essere umano esclusivamente materialista, con l’inquadramento di tutti i suoi ambiti in una cornice meccanicista e riduzionista: il “pensiero” è visto esclusivamente in chiave biologica come prodotto cerebrale, con la conseguente spinta tecnologica alla pretesa di replicarne/migliorarne funzionamento e “prestazioni”, che si va ad aggiungere alla “normale” intrusione psichiatrico-farmacologica da molto discussa sia sul piano deontologico, sia su quello scientifico;
2. Manipolazione della vita, in ogni suo ambito, momento ed espressione;
3. Estremo divide et impera di ordine sessista, tendente alla individualizzazione della persona e alla distruzione della famiglia, mascherato con la questione “gender” di cui si continua a negare l’esistenza ideologica;
4. Manipolazione etnica e sociale tesa all’uniformazione biologica e culturale: un cavallo di Troia per gli interessi di controllo e di profitto delle corporazioni globali, ammantato di “inclusività”;
5. Mancanza di barriere giuridiche e culturali alla facilità con cui la tecnologia porta alla tecnocrazia ed al controllo dell’uomo sull’uomo;
6. Percorso descritto come “inevitabile”, volto alla sostituzione dell’uomo da parte di macchine, algoritmi e A.I. anche per occupazioni prettamente intellettuali, dagli esiti finali imprevedibili;
7. Sfruttamento della sacrosanta attenzione ecologica per sponsorizzare un’ulteriore e più impattante perversione del diritto, tramite la pretesa “emergenziale” per un “cambiamento climatico” assai discusso da un punto di vista statistico e nella presunta capacità dell’uomo di incidere su dinamiche così imponenti, considerando comunque il netto calo delle emissioni di CO2 dal 1990;
8. “Colonizzazione” di ogni aspetto culturale, informativo ed artistico da parte delle corporazioni globali, sfociante in un pensiero unico dominante permesso dalla totale “arrendevolezza” delle istituzioni culturali e politiche: le prime disposte a favorire qualsiasi tendenza “progressista” e “inclusivista” perché bisognose di finanziamenti, le seconde responsabili delle cessioni di sovranità monetaria alle corporazioni stesse, e delle prassi tese a sottomettere a “vincoli di bilancio” la spesa pubblica per favorire le corporazioni medesime, che di fatto controllano tutta la politica ex-democratico-liberale;
9. Sostanziale detrimento del diritto in favore di automatismi algoritmici e/o politici, permessi dalla digitalizzazione dell’esistenza, della realtà e da una cultura di “competentismo”, anche chiamata “sinarchia digitale” dal giovane economista Lombardini, che pretende di superare la politica, il dialogo democratico e la naturale solidarietà umana;
10. Sostanziale asservimento dei percorsi e delle istituzioni della politica a centri di potere non democratici palesi, occulti, corporativi, elitari e appartenenti agli stessi “stati profondi”: questa situazione pregiudica fortemente i normali processi democratici, rendendo necessaria una nuova fase costituente capace di favorire una conseguente liberazione nazionale;
11. Nell’economia, in sostanza si osservano le risultanze dei punti qui espressi: un “grande reset” che favorirà il controllo e la povertà dei molti da parte dei pochi, attraverso quello che di fatto si rivelerà come un trasferimento del lavoro, sia pubblico sia privato, alle corporazioni globali.
Dopo questa rassegna, certo parziale ma già sufficiente per i nostri scopi, come contributo alto propongo una sintesi assai adatta del giurista Ugo Mattei dal suo recente Il Diritto di Essere Contro, inserita in più ampio discorso relativo alla propensione da parte dei nuovi poteri al controllo elettronico (green pass): “Senza più beni comuni da rendere oggetti “materiali” da privatizzare, merci da trasformare in capitale, esso [il capitalismo] deve esplorare nuove frontiere di sfruttamento ed estrazione [di profitto]. I bisogni dei corpi, la condizione in cui una crisi di spiritualità e di ideale generalizzata ha ridotto la vita, offrono tali nuove possibilità. I corpi bisognosi e desideranti vengono così essi stessi mercificati e grazie alle frontiere tecnologiche sempre più avanzate di sperimentazione possono divenire fonte di nuovi profitti. Che cosa dunque può dare in pegno per accedere a nuovo indebitamento uno stato già reso schiavo dal debito? La risposta è tanto agevole quanto agghiacciante: il corpo stesso dei debitori, nell’ambito di una regressione culturale che ci riporta al diritto romano e alla riduzione in schiavitù per debiti”.
L’8 gennaio scorso Mattei aveva presentato il nuovo Comitato di Liberazione Nazionale a Torino, seguito pochi giorni dopo da un altro intervento a Genova.
Con riferimento alla situazione attuale, in chiusura del suo libro Mattei afferma perentoriamente: “Di fronte alla politicizzazione della pandemia, e all’emergenza sanitaria normalizzata col green pass e sostituita ora da quella bellica, serve una risposta politica, perché senza questa ben poco può il diritto […], travolto dalla cacofonia del sospetto e dalla logica dell’amico/nemico. Una risposta politica che porti a una nuova liberazione nazionale in amicizia e di concerto con tutti i popoli liberi che sempre più vogliono resistere al nuovo dispotismo tecnologico, avendone compreso la barbarie globale. Non c’è scorciatoia per la via di fuga quando il potere costituito deborda da ogni limite. Serve un quadro costituente nuovo, serio, colto e coraggioso che, facendo tesoro dei limiti delle istituzioni agonizzanti della modernità, ne costruisca di nuove, nella prassi e nella teoria”.
Ebbene, credo che il nuovo quadro costituente evocato debba necessariamente tener conto degli 11 punti sopra esposti, come bussola per impostare una nuova e realistica proposta politica, giuridica ed istituzionale capace di unire le mille anime di un dissenso civile che con tutta evidenza, guardando la sempre più forte astensione elettorale, attraversa le nostre comunità in lungo e in largo.
O rifondiamo il senso di vivere in uno stato di diritto che sia sentito come proprio dalla comunità, non appartenente ai soliti “poteri forti”, uno stato capace di difendere i diritti individuali e comunitari attuando le sue finalità costituzionali, oppure dovremo assistere impotenti ad evoluzioni geopolitiche dagli esiti scontati: una diversa spartizione del pianeta in nuove sfere di influenza, con un pesante controllo elettronico dei cittadini stile cinese, giustificato in maniera del tutto simile alla “necessità” delle armi nucleari come misura di “sicurezza” reciproca.
Potremmo essere il primo paese dell’Occidente che si libera: sarebbe certamente un percorso pericoloso per i coraggiosi che avranno la capacità di affrontarlo, ma la distopia umanistica, politica e giuridica è altrimenti assicurata.
Abbiamo altra scelta?
No. Non abbiamo scelta. E dobbiamo unirci tutti noi che vediamo, non è il momento delle differenze e dei protagonismi. Accendiamo il faro per quelli che già ora dissentono ma non sanno dove dirigersi. Arriveranno anche i “granelli” persi nel vento. MA. Ma facciamo presto. È l’ora di agire. Prima che si faccia troppo tardi. La “Nuova Costituente” DEVE ESSERE VISIBILE E ATTIVA PRODUTTRICE DEI PERCORSI DI SALVEZZA CHE PROPONE. INSIEME UNITI.
Grazie… sempre un piacere trovare queste grandi affinità!