Omicidio sul lavoro, abbasso il lavoro

Il lavoro ci ha ridotti in schiavitù ma siamo nati per essere felici

Protesta degli studenti. No alla scuola-lavoro, non si può morire di lavoro

di Jacopo Brogi

Mentre a Davos vanno in scena i miliardari che lavorano alla nostra decrescita per la loro sostenibilità, stamattina, 20 gennaio 2023, inizia così: un operaio è morto a Fonte Nuova, hinterland romano “dopo che il camion che conduceva è stato investito da alcuni pannelli di cemento urtati dal braccio elevatore del mezzo”, ci dice l’Ansa (1). L’uomo era all’interno di una ditta di smaltimento rifiuti. Fin qui la cronaca, l’ennesima tragica cronaca che ormai riempie le brevi dei giornali e dei telegiornali. A volte si viene a sapere il nome del malcapitato, a volte soltanto il numero delle vittime. Già a fine 2022 “gli infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto sono 484.561 con un aumento del 38,7% rispetto al 2021” (2), e l’anno appena trascorso si chiuderà con 1089 morti, mentre il 2023 “ricomincia da 7” (3). Ma era soltanto il 4 gennaio. Secondo il sindacato USB bisognerebbe “introdurre subito il reato di omicidio sul lavoro” (4). E oggi l’ennesima tragedia – per il momento anonima – in via Stella Polare. In questi minuti una famiglia sta piangendo il proprio caro, e tante altre purtroppo lo faranno da qui a fine anno per poi ricominciare da capo nel 2024. Tutto questo nella “Repubblica fondata sul lavoro.” (art.1 Cost. italiana).

Tanti diranno: macché lavoro! Conta la felicità. Come se tutti potessimo far fortuna dal proprio garage, lo stesso da cui sarebbero partiti Bill Gates e Jeff Bezos. E allora ci si butta online a procacciare affari, visto che ci stanno digitalizzando la vita: almeno una mini fetta di torta, o anche soltanto qualche briciolina di profitto si potrà magari acchiappare, senza faticare così tanto. Senza sudare né rischiare. E questo è giusto, dicono tanti. Chi non vorrebbe una rendita e campare tranquillo, chi non vorrebbe vedersi il portafoglio che si gonfia da solo, o il proprio conto in banca che si autoalimenta? Alla fine il modello vincente è quello del più ricco, e quindi qualcosa sgocciolerà anche in basso, prima o poi. Macché lavoro! Conta la felicità!

Ma all’improvviso ti si rompe la caldaia, si guasta il rubinetto, anzi no è lo scarico della cucina. E chi ripara? A quel punto arriva il giovane idraulico via alternanza scuola-lavoro; stai già pagando il servizio mentre gli indichi il lavabo, eppure lui lavora gratis. O magari ti piomba in casa il titolare della ditta che ha dovuto licenziare tutti gli altri per riuscire a tenere in piedi la baracca, in nero. O arriva il clandestino che in qualche modo rattoppa, finché dura. Per 2 euro all’ora, che a te costano 70, può bastare.

Quindi “il lavoro non conta più”, ci sono le macchine, i robot, gli algoritmi, internet. Finché non serve qualcuno che lavori per te, o finché tu stesso non potrai pagarti le cure diventate troppo care. Visto che pochissimi possono vivere di rendita; e anche questo mito è sfatato. Si che potrai diventare un piccolo Gates o Bezos, forse. Ma anche no.

Quindi “vivere per lavorare” è l’unica regola vigente da rispettare, mentre forse avresti voluto NON lavorare per vivere. Come dice la tv. Qualcuno può, perché non tu?

Intanto si continua e si continuerà a morire mentre si lavora. Com’è successo il 20 gennaio a Fonte Nuova, addio a 23 anni, in via Stella Polare. I paradossi dell’esistenza e della Storia: fino a qualche decennio fa – per molti – la “Stella Polare” era lottare per il Lavoro, per migliorare la vita di tutti. Oggi si vorrebbe non lavorare, per campare di rendita da soli.

Mentre a Davos vanno in scena i miliardari che lavorano alla nostra decrescita per la loro sostenibilità, nell’hinterland romano muore uno sconosciuto, all’interno di una ditta di smaltimento rifiuti. Materiale scartato, così come quell’operaio, così come quei multi miliardari considerano la nostra vita.

Sul posto i carabinieri della stazione Mentana, i vigili del fuoco per la rimozione delle parti pericolanti e personale del 118.” (5).  Avanti un altro: in provincia di Brescia, 64 anni. “Schiacciato da una pesante lamiera” (6).

FONTI

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