Un’analisi antropologica della fiaba nei suoi aspetti caratteristici culturali di appartenenza e la sua funzione sociale e didattica

Siediti ti racconto una storia

Fiabe del mondo

di Deborah Vasco

La catalogazione delle favole ha reso più fattibile un’analisi degli elementi che la costruiscono attraverso l’elencazione di una serie di caratteristiche che vanno dai personaggi alle loro funzioni, ai mezzi, agli oggetti, alle forme e altro, e la loro comparazione tra la funzione che hanno in una favola piuttosto che in un’altra. Si conviene che non vi è una regola fissa e Vladimir Propp in Morfologia della fiaba e le radici storiche dei racconti di magia, afferma che non esiste una regola legata alla funzione pur proponendo egli stesso uno schema di trentatré funzioni detto “sequenza di Propp”.
Nella struttura della fiaba si ripete la struttura del rito e proprio da questa osservazione Vladimir Propp deduce la teoria secondo cui la fiaba ha cominciato a vivere come tale quando l’antico rito è caduto, lasciando di sé solo il racconto. I narratori nel corso dei millenni hanno sempre più tradito il ricordo del rito e sempre più servito le esigenze autonome della fiaba che di bocca in bocca si è trasformata, ha accumulato varianti, ha seguito i popoli nelle loro migrazioni assorbendo gli effetti dei mutamenti storici e sociali.
Nel corso dei secoli i parlanti hanno trasformato una lingua fino a dar vita a una lingua nuova e molte ne sono trascorse dal latino della decadenza romana alle lingue romanze. Le fiabe insomma sarebbero nate per caduta dal mondo sacro al mondo laico, come per caduta sono approdate al mondo infantile, ridotte a giocattoli, ad oggetti che in ere precedenti sono stati oggetti rituali e culturali. Propp spiega un legame profondo tra il ragazzo preistorico che visse i riti di iniziazione e il bambino storico che vive proprio con la fiaba una sua prima iniziazione al mondo dell’umano.
La struttura della fiaba non solo ricalca quella dei riti di iniziazione ma anche in qualche modo si ripete nella struttura dell’esperienza infantile che è un seguito di missioni e duelli, di prove difficili e delusioni, secondo certi passaggi inevitabili.
La fiaba rappresenta un’utile iniziazione all’umanità, al mondo dei destini umani, al mondo della storia. Le fiabe offrono un ricco repertorio di caratteri e di destini nel quale il bambino trova indizi della realtà che ancora non conosce, del futuro al quale ancora non sa pensare.
Un problema discusso al Congresso della favolistica a Lund in Svezia nel 1935 fu quello dell’ulteriore revisione dell’indice dei tipi. La registrazione e la pubblicazione delle fiabe, la loro classificazione, la loro sistemazione in archivi e rassegne hanno richiesto le fatiche di persone perseguenti i più vari interessi. Antropologi, folcloristi preparati ma il più delle volte insegnanti, medici, sacerdoti, missionari, viaggiatori si sono affaticati solo per amore di ciò che andavano raccogliendo. Si sono resi conto del valore di queste tradizioni, le hanno trovate interessanti e belle e si sono sentiti in dovere di recuperarle prima che fosse troppo tardi.
Oltre all’interesse intrinseco di una storia quale mezzo di divertimento o di piacere estetico, una fiaba rappresenta anche un problema di storia sociale. Il vecchio contadino racconta al raccoglitore una storia che non è stata inventata da lui ma che lui stesso ha appreso, forse nell’infanzia da qualcun altro. Il narratore è fiero di conservarla come un’antica tradizione. Non è sua ma appartiene alla sua gente, al pari di qualsiasi altro costume o credenza comune.
La favolistica è parte importante della storia culturale della razza umana. Gli antropologi e gli studiosi delle istituzioni umane dovrebbero mettersi in grado di utilizzare la crescente massa di
biografie di racconti per meglio chiarire le loro proprie risultanze. Più grande sarà il numero delle storie che loro comprenderanno a fondo, e più chiara e accurata diventerà la loro visione di tutta la vita intellettuale ed estetica dell’uomo.
Presso la maggior parte dei popoli del mondo, la narrazione orale è ancora oggi una delle principali forme di divertimento. I libri, il cinema e la radio non hanno ancora cambiato le antiche abitudini in quei popoli che si trovano fuori della portata di questi moderni mezzi di comunicazione. Quasi tutta la popolazione indigena dell’Asia e del continente Africano, gli indigeni dell’Australia, della Nuova Zelanda e delle isole del Pacifico, gli Indiani dell’America del nord e del sud, tutti ancora trovano nel canto, nella danza e nella fiaba il loro svago e il loro mezzo di espressione estetica. Vi sono ancora alcune parti d’Europa, presso certi popoli che pur condividono la cultura europea, dove la tradizione è ben viva, nonostante l’istruzione e i libri. Sia presso i contadini dell’Irlanda occidentale che tra gli indigeni della Lapponia, dell’India o dell’Alaska, le fiabe sono qualcosa di più che un aspetto marginale e occasionale della vita di coloro che la raccontano o le ascoltano.
Spesso i vagabondi usano la loro capacità narrativa per ottenere cibo e alloggio. Uno dei trucchi più frequenti di questi vagabondi è di allacciare un racconto all’altro a non finire, in modo che possano durare fino all’ora dei pasti o del riposo notturno. Qualche volta l’ascoltatore viene lasciato in sospeso fino al giorno seguente.
I narratori di questo tipo hanno acquisito nel più alto grado l’arte di rielaborare i loro racconti.
Gli editori e i librai sono indotti a classificare tutta la favolistica come argomento di lettura per ragazzi. Questo criterio è giustificato dal fatto che gli adulti hanno bandito dal loro mondo letterario queste vecchie storie come cose puerili. Tuttavia un tempo le fiabe non erano in alcun luogo considerate puerili. Sono state una delle principali forme di divertimento per tutti i componenti della società, giovani e vecchi. Negli angoli più remoti del nostro mondo occidentale e ovunque fra i popoli primitivi, le fiabe servono a dare espressione artistica alla fantasia e ad arrecare il divertimento e l’animazione a certe esistenze monotone. Saranno ancora a lungo i mezzi importanti di educazione e di diletto per gli illetterati.
La fiaba ha tramandato la cultura sociale e ideologica delle epoche più antiche. La fiaba è estremamente eterogenea e apparentemente non può essere esaminata immediatamente in tutta la sua dimensione. Conviene suddividere il materiale in parti e classificarlo. Una corretta classificazione costituisce una delle prime fasi della descrizione scientifica. Dalla correttezza della classificazione dipende l’attendibilità dell’analisi successiva. La ripartizione più comune è quella che distingue le fiabe con un contenuto fantastico, le fiabe di costume e quelle di animali.
La fiaba fantastica si classifica secondo quindici soggetti come per esempio gli innocenti perseguitati, l’eroe sciocco, i tre fratelli, i combattenti con il drago, la conquista dell’amata, la fanciulla saggia e altro.
Possiamo affermare che fintanto che non avverrà una corretta elaborazione morfologica non sarà possibile nemmeno una corretta elaborazione storica. Se non saremo capaci di scomporre la fiaba nelle sue componenti non saremo in grado di effettuare una corretta comparazione. Questo inficia la comparazione tra fiabe indo-egiziane, favole greche e indiane. Il fatto che i racconti di magia siano tanto omogenei dal punto di vista della forma non significa che provengano da un’unica fonte come per esempio quella psicologica.
Potremmo disporre le fiabe in modo da evidenziare il quadro del graduale passaggio da un soggetto all’altro con sufficiente chiarezza ed otterremmo in qualche punto dei salti e delle lacune. Propp stesso si sorprende della persistenza dei simboli in situazioni storiche diverse.
Analizzando la figura di Edipo, visto alla luce del folclore, Propp si chiede perché un unico simbolo che si manifesta nell’intreccio dell’incesto e del parricidio possa avere un così vasto potere di risonanza. La sua risposta è che la fiaba è una intenzionale finzione poetica. La logica della narrazione artistica non coincide con la logica causale-consequenziale del pensiero e il cercare il realismo nella fiaba è destinato al fallimento. L’analisi sul racconto fiabesco, se ha una sua validità ne ha in quanto racconto del racconto, parafrasi e traduzione della fiaba in un’altra grande fiaba per adulti, il cui senso rimanda ancora ad un altro senso, in un interminabile e suggestivo gioco di specchi.
La funzione sociale del mito non è d’altra parte sempre la stessa ma dipende dal livello di cultura del popolo. La fiaba e il mito coincidono talvolta in misura così piena che in etnografia e nella scienza del folclore questi miti spesso sono chiamati fiabe. I materiali più importanti non ci sono giunti dall’Europa o dall’Asia, come si potrebbe pensare tenendo presente la loro vicinanza territoriale, ma dall’America e in parte dall’Oceania e dall’Africa.
I popoli asiatici nel loro complesso hanno raggiunto un livello di cultura più elevato di quello dei popoli d’America e dell’Oceania al momento in cui li scoprirono gli Europei e cominciarono a raccogliere materiale etnografico e folcloristico. In secondo luogo l’Asia è il continente più antico dal punto di vista culturale, è la caldaia nella quale fiumane di popoli si trasferirono, si incrociarono e si soppiantarono l’un l’altro. Sul territorio di questo continente troviamo tutti gli stadi della cultura, fino alla cultura socialista della Russia.
Sappiamo che nell’antico Perù venivano tenute chiuse le “fanciulle del sole”. La gente non le vedeva mai e queste piccole donne erano ritenute le mogli del sole che in realtà erano le mogli del sostituto dio-sole Inca. Il sole in generale appare molto più tardi e in questi casi rispecchia ideologie contadine. Nella fiaba il sole in questo ruolo è pressoché sconosciuto e quindi considerata ancor più antica di questi casi.
In realtà i personaggi delle favole rappresentano spesso gli aspetti divergenti della nostra personalità che nel corso del racconto devono necessariamente integrarsi affinché ci sia uno stato di benessere.
La maturità richiede una soluzione positiva dei conflitti edipici del bambino e la soluzione è la comprensione della natura dei tre stadi in cui si articola lo sviluppo umano. Per un bambino il più grande enigma è la natura del sesso ed è questo il segreto degli adulti che desidera scoprire.
Applicando il modello psicanalitico della personalità umana, le fiabe recano importanti messaggi alla mente conscia, preconscia e subconscia, a qualunque livello ciascuna di esse funzionante in quel momento. Queste storie si occupano di problemi umani universali, soprattutto di quelli che preoccupano la mente del bambino e quindi parlano al suo IO in boccio, e ne incoraggiano lo sviluppo, placando al contempo pressioni preconsce e inconsce. Le storie nel loro svolgimento ammettono a livello conscio e manifestano le pressioni dell’istinto e indicano dei modi per soddisfare quelle che sono in accordo con le esigenze razionali.
Un bambino deve comprendere quanto avviene nella sua individualità cosciente in modo da poter affrontare anche quanto accade nel suo inconscio. Può giungere a questa conoscenza e con essa alla capacità di affrontare se stesso, familiarizzando con il suo inconscio intessendo sogni a occhi aperti, meditando, rielaborando e fantasticando intorno ad adeguati elementi narrativi in risposta a pressioni inconsce.
Contrariamente a molte storie moderne per l’infanzia, nelle fiabe il male è onnipresente come le virtù. Praticamente il bene e il male s’incarnano in certi personaggi e nelle loro azioni, così come il bene e il male sono onnipresenti nella vita e le inclinazioni verso l’uno o l’altro sono presenti in ogni uomo.
Il bambino ha una base per comprendere che esistono grandi differenze tra le persone e che quindi bisogna operare delle scelte circa il tipo di persona che si vuole essere. Questa fondamentale decisione su cui si fonderà ogni sviluppo futuro della personalità è facilitata dalla polarizzazione della fiaba.
La fiaba mentre intrattiene il bambino, gli permette di conoscersi e favorisce lo sviluppo della sua personalità. La fiaba è un’opera d’arte e non potrebbe esercitare il suo impatto psicologico sul bambino se non fosse in primo luogo un’opera d’arte.
Oggigiorno molti dei nostri bambini sono defraudati perché privati della stessa possibilità di conoscere le fiabe. Oggi la maggior parte dei bambini conosce le fiabe solo in versioni edulcorate e semplificate che attenuano il loro significato e le privano dei contenuti più profondi. Versioni come quelle dei film e degli spettacoli televisivi trasformano le fiabe in uno spettacolo privo di significato.
La fiaba è terapeutica perché il bambino trova le sue proprie soluzioni meditando su quanto la storia sembra implicare nei suoi riguardi e circa i suoi conflitti interiori in quel momento della sua vita. Il contenuto della fiaba prescelta non ha in genere niente a che fare con la vita esterna del bambino, ma molto con i suoi problemi interiori che sembrano incomprensibili e di conseguenza insolubili.
Chiaramente la fiaba non si riferisce al mondo esterno anche se può iniziare in modo abbastanza realistico e avere intessuti in essa elementi della vita di tutti i giorni. La sua natura non realistica è di chiarire i processi interiori che hanno luogo in un individuo.
I processi inconsci del bambino possono chiarirsi soltanto attraverso immagini che parlano direttamente al suo inconscio. Le immagini evocate dalle fiabe hanno questo effetto.
I miti proiettano una personalità ideale che agisce sulla base delle richieste del SUPER-IO, mentre le fiabe illustrano un’integrazione dell’IO che consente un’adeguata soddisfazione dei desideri dell’ES. La differenza spiega il contrasto fra il radicato pessimismo dei miti e il sostanziale ottimismo delle fiabe. A meno che un certo grado di separazione delle nostre complesse tendenze interiori non sia stato effettuato nella nostra mente, noi non siamo in grado di comprendere le fonti della nostra confusione circa noi stessi, circa la nostra lacerazione fra sentimenti opposti e la nostra necessità d’integrarli. Tale integrazione richiede la comprensione del fatto che la nostra personalità ha aspetti discordanti per natura.
Secondo la medicina Indù, alla persona mentalmente turbata viene raccontata una fiaba e la meditazione sulla fiaba aiuterà la persona a superare il suo disturbo emotivo.
La risposta della fiaba è la stessa che viene offerta dalla psicanalisi, vale a dire che per evitare di essere sconvolti dalle nostre ambivalenze e in casi estremi di esserne lacerati è necessario che noi le integriamo. Soltanto in questo modo noi possiamo conseguire una personalità unificata in grado di affrontare con successo, con stima e sicurezza le difficoltà della vita.
L’integrazione interiore non è qualcosa che viene raggiunto una volta per tutte ma è un compito che ci troviamo di fronte per tutta la vita benché in diverse forme e gradi. Ogni fiaba proietta sotto la specie del suo “lieto fine” l’integrazione di qualche conflitto interiore. L’Eroe è riuscito a conseguire l’integrazione della personalità avendo imparato a comprendere e dominare il proprio ES, a dare ascolto al SUPER-IO senza essere completamente in suo potere.
Basandoci ancora una volta sulle intuizioni della psicanalisi potremmo dire che l’inconscio è la fonte dell’arte, la sorgente da cui essa scaturisce, le idee del SUPER-IO la plasmano e la forza dell’IO interpreta le idee consce e inconsce e le conduce verso la creazione dell’opera d’arte.
Siamo soltanto noi stessi che possiamo tramutare il primordiale rozzo e più mediocre contenuto del nostro inconscio nei più raffinati prodotti della nostra mente. L’intelligenza può essere un dono di natura ossia intelletto indipendentemente dal carattere. La saggezza è la conseguenza della profondità interiore, di esperienze pregnanti che hanno arricchito la vita della persona, un riflesso di una personalità ricca e ben integrata.
I primi passi verso l’acquisizione di questa personalità ben integrata sono compiuti quando il bambino comincia a lottare con i suoi profondi e ambivalenti attaccamenti ai genitori e cioè quando cominciano i suoi conflitti edipici. Le fiabe aiutano il bambino a comprendere meglio la natura della sua situazione e offrono idee che gli danno il coraggio di lottare con le sue difficoltà e di rafforzare le sue speranze in una loro felice risoluzione. Le fiabe parlano alla vita mentale interiore del bambino. La fiaba si avvale di simboli universali che gli permettono di scegliere, selezionare, ignorare e interpretare le fiabe in modi conformi al suo stato di sviluppo intellettuale e psicologico. Non esiste minaccia peggiore nella vita, di quella che saremo abbandonati, lasciati completamente soli. La psicanalisi ha chiamato questa minaccia, che è la più grande paura dell’uomo “angoscia di separazione”. Più siamo giovani, maggiore è la nostra angoscia quando ci sentiamo abbandonati perché il bambino piccolo perisce in senso reale quando non viene adeguatamente protetto e accudito. Perciò la consolazione definitiva è che non verremo mai abbandonati.
La felicità e la realizzazione costituiscono nelle fiabe la consolazione finale e sono significative a due livelli. L’unione permanente di un principe e di una principessa, per esempio, simboleggia l’integrazione di diversi aspetti della personalità, psicanaliticamente parlando, l’ES, l’IO e il SUPER-IO e l’integrazione armonica delle tendenze finora discordanti del principio maschile e di quello femminile come nel finale della favola di Cenerentola.
La favola comunica al bambino una comprensione intuitiva, subconscia della propria natura e di ciò che il suo futuro può avere in serbo per lui se svilupperà le sue potenzialità positive. Lui avverte grazie alla fiaba che la condizione di essere umano in questo nostro mondo comporta l’accettazione di ardue prove ma anche l’incontro di meravigliose avventure. Il pericolo per Cappuccetto Rosso consiste nella sua sessualità in boccio, per cui lei non è ancora abbastanza matura dal punto di vista emotivo. La persona che è psicologicamente pronta ad avere esperienze sessuali può dominarle e giovarsene per la propria maturazione. Una sessualità prematura è un’esperienza regressiva che porta alla superficie tutto quanto è ancora primitivo in noi e che minaccia d’inghiottirci. La persona immatura che non è ancora pronta per il sesso ma che viene esposta a un’esperienza tale da suscitare forti sensazioni sessuali regredisce a modi edipici di reagire alla sessualità. L’unico modo in cui una persona del genere crede di poter avere la prevalenza in campo sessuale è quello di sbarazzarsi dei concorrenti più esperti. Per questo motivo Cappuccetto Rosso fornisce al lupo istruzioni precise sulla strada per giungere alla casa della nonna. Nel fare questo però lei mostra la sua ambivalenza, indicando al lupo la via per arrivare dalla nonna, lei agisce come se gli dicesse di lasciarla stare e di andare dalla nonna che è una donna fatta, che se la sa cavare con ciò che il lupo rappresenta mentre lei non ne è in grado.
Le fiabe parlano al nostro IO cosciente e al nostro inconscio e quindi non devono necessariamente evitare le contraddizioni, dato che facilmente coesistono nel nostro inconscio. Cappuccetto Rosso esprime i processi interiori del bambino prepubere. Il lupo è l’incarnazione della malvagità che il bambino avverte quando va contro le ammonizioni dei suoi genitori e si permette di tentare o di essere tentata sessualmente. Quando si allontana dal sentiero che il genitore le ha tracciato incontra la malvagità e teme di essere inghiottita dal lupo e dai genitori di cui ha tradito la fiducia. Comunque dalla malvagità può esserci la risurrezione e Cappuccetto Rosso e sua nonna non muoiono realmente ed è certo che rinascono. Se c’è un tema centrale nell’ampia varietà delle fiabe è quello della rinascita a un livello superiore. I bambini e anche gli adulti devono poter credere che sia possibile raggiungere una più alta forma di esistenza se si riesce a padroneggiare le necessarie forme di sviluppo.
Cappuccetto Rosso parla di passioni umane, di avidità orale, aggressività e desideri sessuali dell’età prepubere. Lei oppone l’oralità coltivata dal bambino durante il processo di maturazione, rappresentato dal buon cibo che porta alla nonna, alla sua antica forma cannibalistica, rappresentata dal lupo che inghiotte la nonna e la bambina.
L’innocenza infantile di Cappuccetto Rosso muore quando il lupo si rivela come tale e la inghiotte. Quando viene estratta dal ventre squarciato del lupo rinasce a un livello superiore d’esistenza, in un rapporto positivo con entrambi i suoi genitori, non più come una bambina ma come una signorina.
Questa ricerca sulla favola che spazia partendo da un’analisi antropologica, passando per l’interpretazione psicanalitica e finendo con l’analisi di esempi di personaggi di favole molto conosciute vuole mettere in evidenza la funzione didattica e la spinta formativa in ambito psicologico che solo la favola può assumere nell’esperienza culturale del bambino. Quindi la mancanza di questo tipo di insegnamento didattico nelle scuole e l’allontanamento del bambino dal libro delle favole spesso sostituito da racconti brevi perlopiù televisivi sta arrecando un danno che solo noi adulti possiamo decodificare e mancando un nostro attivismo mirato a convogliare di nuovo questo tipo di didattica nelle scuole è come se stessimo contribuendo alla rovina dei bambini che rappresentano il futuro del nostro pianeta.
In conclusione le favole tibetane di cui curo la traduzione di una collana intitolata SIEDITI! TI RACCONTO UNA STORIA pubblicata da VascoEdition in vendita su Amazon non si sposta da quanto
detto sopra con l’unica differenza che le trame dei racconti tibetani suggeriscono atteggiamenti culturali legati ai paesi d’appartenenza quali il Tibet in primis e le vette dell’Himalaya che tracciano una prospettiva allargata dei segni culturali fondamentali in un discorso didattico che persegue progetti di integrazione interculturale. Ai fini di tale progetto ritengo che sarebbe necessario seppur fondamentale introdurre le fiabe del folclore tibetano all’interno dei piani di studio delle scuole elementari e secondari non solo per uno scambio culturale laico ma anche di tipo religioso dato che le fiabe del folclore tibetano sono intrise di ritualità e fede tipica di una civiltà come quella tibetana che ha fondato la propria cultura ormai millenaria sull’insegnamento del Budda Darma ossia la dottrina filosofica e religiosa del Buddha e ancor prima sulla tradizione Bon.

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2 Commenti

    • Ciao grazie per la nota spero o cercheremo di informare l’autore dell’articolo

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