Carcere per i giornalisti

"Un altro attacco alla libertà di stampa"

Libertà per i giornalisti arrestati

“Quanto leggo che il divieto di pubblicazione di una ordinanza rafforzerebbe la presunzione di innocenza dell’arrestato, non capisco il collegamento. La presunzione di innocenza è fornire una informazione corretta per evitare che si forminio pregiudizi. Quindi è il contrario: una informazione incompleta potrebbe provocare danni all’indagato, impedendo di riferiri di elementi utili alla sua difesa, al contesto in cui ha agito. La completezza dell’informazione è la migliore garanzia per tutti: per l’opinione pubblica, per l’indagato, per le parti offese”. (cit. Raffaele Cantone)

Il governo Meloni riprova a mettere definitivamente il baglio all’informazione. I giornalisti mettono paura, le loro inchieste possono ledere ai disegni diabolici dei partiti e dei leader telecomandati dalla finanza internazionale e dalle forze di occupazione dell’Europa e dell’Italia, in sintesi degli USA.

Il braccio di ferro continua, la maggioranza non sembra perfettamente allineata ma per i giornalisti l’ombra del carcere è dietro l’angolo, sembra qualcosa di superato dopo anche le motivazioni della Corte Costituzionale. Con altri decreti il primo partito di maggioranza ci riprova a zittire tutta la stampa indipendente.

Cosa sta accadendo?

“Gli emendamenti presentati in commissione Giustizia dal senatore di FdI Gianni Berrino al ddl Diffamazione dimostrano che qualcuno non ha capito molto delle sentenze della Corte costituzionale in materia. Il carcere per i giornalisti è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa. Questa è l’orbanizzazione del Paese”. Lo afferma Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi.

«Parlare di carcere in caso di quella che viene considerata “diffamazione grave” – prosegue – significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. L’auspicio è che in Parlamento anche pezzi della maggioranza sappiano reagire di fronte a questo ennesimo sfregio all’articolo 21 della Costituzione».

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Carcere per i giornalisti, Usigrai: «Un altro attacco alla libertà di stampa»
Ancora un attacco alla libertà di stampa. Stavolta il partito della presidente Giorgia Meloni dopo la par condicio à la carte, fa un altro passo verso Paesi come Ucraina, Russia, Cina, Bielorussia o Iran: i giornalisti rischiano fino a 4 anni e mezzo di carcere. È quanto prevede uno degli emendamenti al ddl sulla diffamazione presentati dal relatore Gianni Berrino, esponente di Fratelli d’Italia.
L’esecutivo Usigrai si unisce alla condanna espressa già dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e dalla segretaria della Fnsi Alessandra Costante. Siamo di fronte a un fatto gravissimo. Lo è ancora di più se si pensa che l’emendamento arriva dal partito della presidente del Consiglio, visto che la Corte costituzionale si è espressa chiaramente contro il carcere per i giornalisti e il nostro Paese è stato richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo e dalle istituzioni.

L’attacco alla libertà di stampa, da parte di quesrto governo ha avuto inizio il 19 dicembre scorso la Camera dei deputati ha approvato una modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Il testo, presentato da Enrico Costa (Azione), è stato votato da tutto l’arco parlamentare, ad eccezione di M5S, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra. Se anche il Senato dovesse approvare la norma, l’autonomia dei giornalisti sarebbe compressa. Saremmo costretti a essere meno precisi, analitici e verificabili nel racconto di un atto che è pubblico come la privazione della libertà personale, con il rischio di sapere molto poco fino all’udienza preliminare, diversi mesi o anni dopo il presunto reato». Inizia così il comunicato sindacale di Fnsi, Assostampa e Cdr pubblicato su giornali e siti web e letto in tv e radio martedì 16 gennaio 2024.

“Solo due esempi di inchieste giornalistiche che hanno trovato, nella libertà di informare, ragioni per arrivare alla verità e dare giustizia: il caso di Stefano Cucchi, la vicenda della funivia precipitata dal Mottarone», prosegue il documento, nel quale poi si evidenzia: «Ne sarebbero danneggiati tutti: i cittadini che fruiscono le notizie, i magistrati, i legali di parte e chi è sottoposto alla misura cautelare».

Dopo la riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza, la pdl Balboni sulla diffamazione che prevede ammende smisurate, la stretta di Nordio sulle intercettazioni, «questo – si legge poi – è l’ultimo tentativo di minare la corretta informazione e si aggiunge a uno scenario reso sempre più fragile negli ultimi anni dall’aumento del precariato nel mondo del lavoro giornalistico con pezzi pagati pochi euro, dalle centinaia di stati di crisi con i quali gli editori hanno depauperato le redazioni e dal costante arretramento economico per un contratto ormai fermo da anni. Un giornalista libero è un giornalista che non ha bavagli, ma che è anche sicuro del proprio futuro lavorativo».

E ancora: “Respingiamo con forza il sottinteso che esiste dietro questa norma. I giornalisti raccontano e non inventano, non sono ‘manettari’, ma anzi contribuiscono a rendere vivo il campo della democrazia con il loro lavoro di controllo su ogni potere. E non agiamo nell’illegalità: siamo sottoposti a un insieme di regole penali, civili e regolamentari/ordinistiche che determinano la nostra professione”.

Per la Federazione nazionale della Stampa italiana, le Associazioni Regionali di Stampa e i Comitati di redazione, quindi, “questo è l’ennesimo bavaglio all’informazione, oltre che rappresentare un ulteriore squilibrio nel nostro sistema giuridico e costituzionale. Il testo approvato va al di là delle disposizioni europee e viola l’articolo 21 della Costituzione. L’amministrazione della giustizia in privato è sempre una sconfitta per la democrazia. Da qui la richiesta al Presidente della Repubblica Mattarella di non firmare una legge con una norma di questo tipo. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti – concludono Fnsi, Assostampa e Cdr – a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione, ma soprattutto il diritto di voi lettrici e lettori ad avere una giusta e corretta informazione”.

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