La precarietà delle comunità indigene americane e la situazione carceraria

Carceri americane USA tra business e torture

di Salvatore Engel-Dimauro

Gli Usa, come il Canada, sono imperi coloniali razzisti e come tale esistono tramite la negazione delle sovranità indigene e della divisione razziale delle classi e ceti sociali. Bisogna anche capire che la resistenza delle comunità indigene al colonialismo è eterogenea, con certe comunità che sono totalmente o quasi schierate col governo americano da diverse generazioni (tra cui i Lenni Lenape) ed altre che sono internamente divise in merito (la nazione Onondaga), ed altre ancora che sono in rivolta, come le comunità Lakota, Dakota, Kaniienkeha (“Moicani”), Mashpee ed altre.

Quindi bisogna stare attenti a come si tratta la questione. Comunque, oltre al riconiscimento del genocidio californiano, da parte dal governatore l’anno scorso e oltre alla lotta contro l’oleodotto (anche quello in Canada tra i Wet’suwet’en), che continua con un tira e molla nei tribunali dei bianchi (esempio eclatante di un sistema coloniale che non riconosce la sovranità e i sistemi legislativi delle nazioni indigene), ci sarebbe la recente decisione della corte suprema Usa (il caso McGirt) nei confronti della giurisdizione in parti dell’Oklahoma governate da enti “tribali”.

L’esito della decisione però non è altro che la riaffermazione del fatto che i governi “tribali” sono subordinati al governo Usa federale e non al governo statale, come quello dell’Oklahoma.

La sovranità dei Muskogee, Creek e altri rimane quella che è, subalterna ai dettami della Casa Bianca, con dei poteri legislativi ed esecutivi limitati. Comunque è un passo avanti per molte comunità dentro e fuori dell’Oklahoma perché col tempo, diversi stati si sono arrogati più potere a scapito dei governi delle riserve. I popoli che vivono sotto il torchio coloniale hanno pochi margini di manovra e, in questo caso, approfittare della contrapposizione giuridica tra i poteri del governo federale e quelli statali è una strategia per garantirsi più autonomia. Comunque la stragrande maggioranza dei nativi americani vive in povertà, disponendo di poche e frequentemente fatiscenti infrastrutture. Le risorse sanitarie sono molto scarse (come d’altronde anche per le comunità bianche rurali, anche se stanno relativamente meglio, in genere) e così la vulnerabilità al covid-19 è maggiore (i Navajo ne hanno sofferto specialmente, con uno dei più alti tassi di mortalità al mondo). Le privazioni nelle riserve sono tali da poterle paragonare alle aree più povere in Haiti o in Brasile.

Ma sulle carceri e i prigionieri politici la situazione è spaventosa. Tassi di mortalità elevatissimi, con alcune carceri dove tutti sono contagiati (anche i secondini). Si tratta di un vero e proprio massacro premeditato dalle autorità, per quanto riguarda la pandemia. Ci sono rivolte, scioperi e cause legali in corso. Non so se lo sapete, ma il tredicesimo emendamento consente la schiavitù per i detenuti che hanno avuto particolari cmportamenti criminali. Infatti la maggior parte dei pompieri che si dannano l’anima per domare gli incendi californiani è composta da detenuti, pagati una miseria, ben al di sotto del minimo legale, oltre che a rischio di morte nel tentare di spegnere gli incendi. Inoltre, in prigioni come quella di Angola (Louisiana) persiste il raccolto coatto nei terreni agricoli o del cotone, in continuità con lo schiavismo di centinaia di anni fa. Tutto legale, anzi, costituzionale. La schiavitù fu abolita solo in parte nel 1865. E con un terzo dei maschi nelle comunità nere che hanno subito o che sono tuttora in carcere, il quadro suprematista appare abbastanza chiaro. Ma chi sono i detenuti nelle prigioni pubbliche e private americane? Ci sono prigionieri politici, le torture e le privazioni, l’isolamento in generale (con l’ubicazione delle carceri in luoghi remoti) e l’uso frequente dell’isolamento in celle minuscole come punizione per qualsiasi minima cosa o come vendetta contro i prigionieri (nella Pennsylvania è in corso da anni un caso legale contro la direzione delle carceri per gli accanimenti illegali contro i carcerati e il costante ricorso alla cella di isolamento, riconosciuto ormai a livello internazionale come tortura). Per non parlare delle carceri segrete o all’estero (Guantanamo, per es.), fuori dalla giurisdizione civile e dove la tortura è quotidiana. Ma poi ci sarebbe da includere i centri di “detenzione” per immigrati, che sono delle prigioni sotto altro nome, alle volte peggiori delle carceri regolari.

Per approfondire

– Abolitionist Law Center, (https://abolitionistlawcenter.org/)

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