Arte da 007

L’astrattismo americano come arma della CIA

di Giusy Calabrò

Nella “società dell’informazione” è noto come l’intelligence filtri, influenzi e interpreti le “fonti aperte”, ossia i media tradizionali (TV, Internet e social network), sia per ottenere dati sui cittadini, sia per indurli a operare secondo il suo obiettivo socio-politico.

Nel 1995 fece scalpore l’articolo “Modern Art was CIA Weapon” pubblicato dal quotidiano britannico “The Indipendent” (intervista a T. Braden) in cui veniva pubblicamente riconosciuto il contributo della CIA alla promozione dell’arte moderna. In realtà la Central Intelligence Agency si interessò principalmente all’astrattismo, utilizzando l’arte moderna americana di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko e Robert Motherwell come arma nella Guerra Fredda. Per più di un ventennio la CIA, seppur sotto copertura, ha divulgato l’Action Painting alla stregua di un mecenate rinascimentale, promuovendo l’arte astratta americana e la pittura espressionista a livello globale.

Il sostegno è stato possibile grazie a una serie di “finanziamenti nascosti” alla rivista artistica “Encouter” e al circolo Congress for Cultural Freedom ma, soprattutto, attraverso l’organizzazione di grandi mostre itineranti fra gli Stati Uniti e l’Europa come la notoria “The New America Painting” (1958-1959), “Modern Art in United States of America” (1955) e “Masterpieces of XX Century” (1952). Nel 1941 fu proprio Nelson Rockfeller, direttore e fondatore del MOMA (Museum of Modern Art) di New York, a fornire i fondi. Peraltro, secondo le rivelazione del giornale britannico, il MOMA sembrerebbe stato un “feudo della CIA”: legato all’agenzia mediante molti canali. Non sarebbe casuale che proprio William Paley, presidente di CBS e tra i fondatori della CIA, fosse membro del programma di internazionalizzazione del museo. Già nel 1930 l’agente segreto operativo in guerra John Hay Whitney, assegnato anche all’OSS (Office of Strategic Service), era stato direttore del museo. Infine si riconosce anche il coinvolgimento di Tom Braden, primo capo della Divisione Organizzazioni Internazionali della CIA e dal 1949 segretario esecutivo del MOMA. In poco tempo, grazie alla campagna segreta, Parigi aveva smesso di essere la capitale mondiale dell’arte e aveva lasciato il posto a New York. Ovviamente gli artisti americani filocomunisti erano ignari della “macchina bellica” che li aveva cooptati sotto copertura e di come i Servizi Segreti adottassero con loro la “strategia del guinzaglio lungo” finalizzata a controllarli promuovendone le loro opere.

Negli anni ’50 la CIA e i “poteri forti” ” avrebbero investito nella divulgazione della New American Painting nella propaganda contro la Russia e i Paesi del blocco orientale con una strategia scaltra e cinica per diffondere il credo della libera espressione della soggettività, mediante la scomposizione di segni pittorici scomposti sulla tela. Ma non fu l’unico motivo: nel diffondere un linguaggio che facesse da contraltare al “rigore” formale del realismo sovietico dell’epoca, l’espressionismo astratto avrebbe creato una “rivoluzione culturale controllata” nelle società occidentali che avrebbe mutato in pochi anni il loro gusto estetico. A dimostrazione di tale trasformazione fruitiva sarebbe esemplare l’aneddoto riferito alla visita del presidente Truman a una mostra d’arte moderna, il quale sconcertato esclamò: «Se questa è arte, io sono un ottentotto!»

Sulla stessa scia le proteste di alcuni deputati americani che, definendo le opere della New American Painting come “porcherie” si opposero a finanziarle.

Tuttavia, a dispetto del Presidente il nuovo “linguaggio americano” si sarebbe diffuso a livello mondiale, veicolando la tendenza alla sregolata “negazione della forma” che da allora divennero il trade-mark di tutte le espressioni del costume occidentale coevo. Da allora le opere informali degli astrattisti americani furono esposte in vari luoghi ufficiali ma, soprattutto, si assistette a una rivoluzione collettiva dell’“immaginario visivo” dell’uomo occidentale. L’eccelso figurativismo di Giotto, Beato Angelico, Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Caravaggio venne soppiantato dall’istintualità gestuale e indefinita dei maestri della “non-forma” e del caos.

Insomma, l’arte ancora una volta diveniva al servizio del potere per comunicare al mondo le peculiarità della civiltà americana: la caotica apertura mentale di un universo in espansione rispetto al formalismo russo. D’altronde, come si potrebbe tralasciare che negli stessi anni fu sempre la CIA a finanziare analoghe forme di “mecenatismo culturale” supportando altrettanto occultamente il nascente movimento femminista, la cultura del LSD, la rivoluzione sessuale e, in tempi più recenti, l’ideologia gender? Ormai, mentre nell’odierna “società digitale” i Servizi Segreti occupano una posizione medio-alta in qualità di decisori politici; nell’ambito informativo si collocano al vertice assolvendo il celato e tattico compito di orientare, consolidare e destabilizzare le dinamiche socio-politiche globali. Esemplare in tal senso fu la dichiarazione di Braden, il quale ribadiva l’importanza dell’immoralità della CIA e come fosse importante per la politica impossessarsi dell’arte a proprio vantaggio attraverso la frase: «La battaglia per la mente di Picasso.»

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