Il Partito che non c’è (ancora) e sono guai seri

di Davide Amerio

All’interno del M5S, il movimento nel quale oltre il 30% di elettori votanti aveva riposto fiducia e speranza, volano gli stracci. I risultati elettorali dipingono un progressivo viale del tramonto. Che fare quindi? Le neuroscienze e l’ambiente come trampolini per un nuova visione politica. Gli errori nella vita si pagano, spesso a caro prezzo, soprattutto quelli politici. Gli umori dell’elettorato ci dicono che l’entusiasmo formatosi intorno al M5S si è dissipato in gran parte, e va riducendosi intorno a uno “zoccolo duro” di elettori “fideistici”. I motivi di questo crollo sono molti, e (mi si perdoni l’autocitazione) ne ho scritto parecchio in questi ultimi anni. Punto cruciale è la mancanza di una crescita, culturale e politica, di un movimento che non ha compiuto un salto di qualità intellettuale. Il mondo degli elettori si riconosce, concettualmente, in una identità di destra o di sinistra. Definirsi “oltre”, e considerandosi (un po’ presuntuosamente) l’unico soggetto a concepire il “bene dei cittadini”, se non viene poi tra-dotto in una identità chiara, ti trasforma in un soggetto politico ondivago irriconoscibile. Transumare dalla “lotta al sistema” a una “Realpolitick” di sopravvivenza si rivela perdente, non essendo più una strategia per cambiare lo stato delle cose, bensì una somiglianza con tutti gli altri. Se fai accordi con chi, sino al giorno prima, hai definito nei modi peggiori (sovente meritati), i casi sono tre:
– sei diventato pazzo
– sei diventato uguale
– non sei né pazzo, né uguale,
ma prendi atto della situazione politica bloccata, e fai un accordo con il “diavolo”, avendo però l’accortezza di infilarti – come suol dirsi – un paio di mutande di ghisa Se invece indossi un perizoma, è difficile pensare che tu non abbia, prima o poi, la peggio. Mi fermo qui, con questa meta-fora: l’analisi richiederebbe ampio spazio. Parliamo invece del “Partito” che non c’è, e su quali macro aree di politica dovrebbe agire. Ne immagi-no quattro, più una (su cui tutto converge): Questione ambientale: surriscaldamento globale Economia: metodi di produzione; lavoro; distribu-zione della ricchezza Sistema finanziario: globalizzazione e neocolonialismo Democrazia: Diritti/Doveri del cittadino; Sovranità; Beni Comuni; D. Diretta Cittadini: modello di società e benessere collettivo Dentro queste aree ci stanno singoli temi per i quali si identificano strategie di azione. La questione importante è comprendere le interconnessioni tra queste aree, e le influenze reciproche. Ovviamente non sto rivelando chissà quale segreto ma, se si pone attenzione, proprio il tema ambientale costringe a un approccio diverso. La politica, se vuole risolvere, non può più fare a meno del supporto della Scienza e della Tecnologia, in un’ottica multidisciplinare, promuovendo una visione complessiva delle interazioni e della complessità. Assistiamo invece a politiche che hanno cura di “micro” argomenti, facendone una bandiera, sulla base della possibile resa elettorale nel breve periodo. Le ideologie del ‘900 offrivano visioni sistemiche e complessive della realtà. Il loro “crollo” non significa che non abbiamo più bisogno di “utopie” e di letture d’insieme. Il deficit politico è oggi rappresentato dalla semplificazione della complessità e delle relazioni nel sistema sociale, economico, ambientale, e globale. La cattiva informazione, sotto forma di televisione e carta stampata, sostiene questo processo. Si “vendono” le catastrofi, e la retorica di dibattiti che, per quanto veementi, ristagnano senza apportare alcun beneficio; quando non sono comp-letamente devianti rispetto ai problemi. Le neuroscienze ci spiegano molte cose su come il cervello interpreta il mondo, e come queste interpre-tazioni siano veicolate mediante il linguaggio. George Lakoff illustra i necessari mutamenti di prospettiva, se ci si vuole riappropriare del discorso
politico (soprattutto a sinistra). Esistono due figure fondamentali che corrispondo a precise reti neurali nel cervello: quella conservatrice, e quella progressista. In genere, si posseggono entrambe: ma una è dominante. Alcune persone sono “biconcettuali”: usano l’una o l’altra parte in base alle situazioni. Lakoff ricorda che la scienza ha sfatato due miti risalenti all’illuminismo. Il primo secondo il quale la sola conoscenza dei fatti “ci rende liberi”; il secondo che vorrebbe l’individuo un essere sempre “razionale” che agisce secondo il proprio interesse. Ecco perché di fronte a certe evidenze le persone hanno difficoltà a interpretare e accettare la realtà, ostinandosi ad agire come se quei fatti rivelati non esistessero. Questi assunti dimostrano come il linguaggio politico sia spesso inadeguato per essere interpretato dai “frame” presenti nel cervello. Le parole di per sé non spostano il consenso, se non sono quelle giuste per essere interpretate dalle reti neurali di riferimento. Nel corso del ‘900, ci ricorda lo scienziato, sono stati i “conservatori” a investire molti soldi per studiare la manipolazione delle masse, attraverso un linguaggio “efficace”, e adeguato, per essere recepito dal cervello. Sono lontani i tempi di Gustav Le Bon, e la sua “psicologia delle folle”, ma il desiderio delle classi do-minanti di salvaguardare i propri interessi non è mai venuto meno. Il campo “progressista” langue, perché non riesce a farsi interprete della complessità politica; non esprime un linguaggio appropriato per agire sul livello cognitivo di chi la pensa diversamente, o di chi sta a cavallo dei due mondi. Il partito “che non c’è”sarà quello che riuscirà a mettere insieme tutti questi pezzi, componendo un mosaico per costruire un progetto politico progressista sul mediolungo periodo, non soffocato dall’ossessione di incombenti scadenze elettorali. Per realizzare questo compito è imprescindibile una reinterpretazione del pensiero politico contemporaneo, del linguaggio, delle utopie necessarie e di quelle possibili. È incon-futabile…i vaffa day, la democrazia dal basso, l’uno vale uno e gli altri mantra urlati dai palchi per stupire sono acqua passata. La stagione della propaganda populista lascia spazio alla realpolitik fatta di accordi silenziosi, oscuri compromessi, disposizioni calate dall’alto che si abbattono sulle fasce sociali più deboli e svantaggiate come tegole da un tetto pericolante. L’Italia è in vendita, l’abbiamo capito, lo spin-off del M5S a
beneficio del resuscitato PD è un dato talmente funzionale ai nuovi assetti da non passare inosservato. Gli obiettivi sono molteplici e i piani oli-garchico-massonici procedono a ritmo continuo. Non è un caso che dopo il risultato elettorale emiliano-romagnolo le immigrazioni sono riprese a pieno ritmo, il carico che rifiuta Malta lo riceve Pozzallo e avanti così! Altro pericolo incombente é il referendum sul taglio dei parlamentari: meno rappresentanza parlamentare, meno dibattito democratico…non c’è dubbio. Ma vogliamo mettere lo scomodo iter legislativo che implica il passaggio da una camera all’altra prima dell’approvazione? Un noioso ostacolo burocratico specialmente per quelle leggi fatte ad hoc a favore di questo o di quello. Del resto gli amici, che nel momento del bisogno manifestano il loro appoggio, non possono aspettare tempi lunghi o tolle-rare il rischio che una legge tanto attesa possa essere bocciata…é fastidioso, direi insopportabile! Quindi ecco che si intensifica la propaganda,
si fa

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