La Ragione, il Cuore… e la Guerra

Le controversie fra Stati e quelle fra Stati e popolazioni civili non si sono mai risolte nei Tribunali

È mio! No è mio!

di Guido Grossi

Se pensiamo che il dio della guerra del terzo millennio, furioso perché non ascoltato nelle sue profonde ragioni, non userà il copioso arsenale nucleare e biologico che follemente l’umanità accumula da così tanto tempo, siamo davvero ingenui. Ciechi, e ingenui.

Soffriamo la Guerra. Una guerra doppiamente fratricida.
Ucraini che sparano contro altri ucraini, da anni, ed ora nazioni europee contro altre nazioni europee (mentre altri governi aizzano o stanno a guardare).

Soffriamo la Guerra però la osserviamo e giudichiamo come se fosse qualcosa che accade soltanto al di fuori di noi. Qualcosa fatta dai Cattivi che viene a sconvolgere il nostro sacrosanto diritto alla Pace. Noi, che ci sentiamo Buoni e Pacifici. Ci fa incazzare la Guerra! E ci fa anche schierare a favore di quelli che ci sembrano i buoni, contro i cattivi. Chi è il Cattivo di turno?  Putin, l’Hitler del ventunesimo secolo che invade un paese libero? Zalesky, capo di un governo partecipato da nazisti che da anni sparano su parte della popolazione civile? Biden, che invita gli europei ad una guerra economica suicida ma anche militare e fratricida? Xi Jinping, che osserva sornione senza muovere un dito tutti gli altri autodistruggersi e lasciargli ancora più spazio?

Anche se non vorremmo, una parte prepotente dentro di noi ha bisogno di schierarsi. Ed eccoci intenti a scovare e difendere con passione le Ragioni dei Buoni contro i Torti del Cattivo di turno, individuato indifferentemente in questa o quella delle parti in causa.

Ragioni di Diritto, Ragioni di fatto.

Ma, attenzione: ci sono le Ragioni della Ragione, e poi le Ragioni del Cuore che sono molto diverse. Nel caso della guerra, le Ragioni della Ragione si chiamano Giustizia, che a sua volta reclama il Diritto, e poi la Forza. Le Ragioni del Cuore si chiamano Pace e Negoziati.

Scivoliamo però facilmente nell’illusione che sia bene (a seconda delle proprie propensioni) ascoltare solo il Cuore o solo la Razionalità, escludendo l’altra. Ma è proprio questa nostra diffusissima incapacità a mettere d’accordo Cuore e Ragione che genera conflitti. Conflitti interni che sostengono il conflitto esterno, fino a sostenere di fatto proprio la guerra che vorremmo eliminare.

Facciamo una prova.

Proviamo a vedere le cose solo dalla parte del Cuore: allora vogliamo la Pace; a tutti i costi. “Fermati, invasore!” La pretendiamo e non vogliamo sentire ragioni: di fronte all’immagine della morte, del dolore, della sofferenza umana, il cuore dei buoni ha un bisogno impellente di urlare : “Fermate la Guerra!” Come se il dio della guerra fosse facilmente domabile. Come se fosse venuto alla luce, uscendo dagli inferi, solo per un insano capriccio e dunque senza una sua buona, profonda, antica Ragione, che ha sempre a che fare con un senso innato di Giustizia violata, Ingiustizia subita, e pretende di essere ascoltato e soddisfatto per potersi placare.

Nota Bene: non produce alcuna differenza la circostanza che l’ingiustizia subita sia reale o immaginaria, magari creata ad arte da chi, traendo vantaggio dalla guerra, manipola la realtà per orientare l’immaginario collettivo.

Quando l’immaginario collettivo diviene preda di emozioni talmente forti da spingere gli umani a imbracciare le armi e formare gli eserciti, e altri umani ad accettare o osannare gli eserciti, il dio della guerra esce dagli inferi, ed è tardi.

Nessun Re, nessun dittatore, nessun manipolo di malintenzionati è in grado da solo di evocare il dio, senza la partecipazione infuocata di almeno parte della popolazione. A quel punto, il dio pretende Ascolto, oppure Sangue. Quando ha oramai perso la sua divina pazienza non bastano più le invocazioni, gli appelli o le marce per la pace.  Ci sono cose che possono produrre effetti solo prima che una guerra scoppi. Proporle dopo non solo è inutile ma è anche dannoso perché allontana la soluzione.

Ascolto o Sangue: queste sono le uniche cose che possono placare un dio scatenato che reclama Giustizia.

Ora proviamo a vedere le cose solo dalla parte della Ragione: vogliamo Giustizia; a tutti i costi. La pretendiamo e non vogliamo sentire ragioni: “Facciamo la Guerra!”  Urla il cuore di chi sente di aver subito ingiustizia e non trova ascolto.

Prestiamo attenzione:

1) sentire di aver subito ingiustizia;
2) non trovare ascolto.

Sono elementi entrambi necessari per poter arrivare ad una guerra. Per trascinare una popolazione intera in una guerra, magari fratricida.

Il Diritto, sulla Terra, nasce per evitare prepotenze e violenza. Viene a portare ragionevolezza nel mondo delle passioni che si agitano attorno al concetto innato di giustizia, mentre la radice jus, diritto, cerca di legare i concetti.  Ma dovremmo essere tutti un po’ più consapevoli della circostanza che il tentativo, allo stato dell’arte, è abbastanza fallimentare. Soprattutto nel campo del diritto internazionale.

Chi scrive le leggi internazionali: i popoli, o i potenti?

Chi siede sugli scranni dei Tribunali internazionali?

Chi interpreta le leggi e i principi?

Nel diritto internazionale troviamo due principi fondamentali:

– Il diritto degli Stati all’inviolabilità e integrità dei propri confini;

– Il diritto dei Popoli all’autodeterminazione.

Non fanno forse a cazzotti? Quale prevale? Chi stabilisce quale prevale, nei casi concreti? Se una popolazione chiede autonomia e lo Stato non solo non la concede, ma usa violenza e repressione armata nei confronti dei propri cittadini, e i tribunali tacciono, cosa è giusto fare? Questi cittadini hanno allora un Diritto alla secessione, violando il principio della integrità dei confini statali?
Di fronte alla minaccia di secessione lo Stato ha forse Diritto a usare violenza contro i propri cittadini?

Nota bene: c’è il Diritto e c’è il Fatto. Come stanno veramente le cose? Chi ce le racconta? Come ce le racconta? I cittadini ucraini del Donbass reclamano un sacrosanto diritto all’autodeterminazione o pretendono arbitrariamente una secessione? Chi ha sparato per primo? Lo Stato nazionale è un’invenzione a favore di cittadini o accade che venga usato dai potenti contro gli interessi dei cittadini?

Sgombrare il campo dalla pia illusione che il diritto internazionale possa evitare o addirittura legittimare le guerre, è presupposto necessario ad evitarle, o risolverle. E che si tratti di guerre fra stati o guerre civili interne, davvero non fa differenza.

La storia ci insegna senza dubbi che le controversie fra Stati e quelle fra Stati e popolazioni civili non si sono mai risolte nei Tribunali, ma sul terreno dei rapporti di forza (violenza) o dei negoziati (che, ancora, risentono dei rapporti di forza). I tribunali, al massimo, ratificano a posteriori quanto i rapporti di forza hanno determinato nella realtà.

Accantonato il Diritto per la sua inefficacia, resta allora la Forza (il Sangue).

Oppure l’Ascolto.

Prestiamo ancora attenzione, perché non è intuitivo e il nostro cuore rifiuta l’evidenza: la via del Sangue risolve il conflitto, anche se a modo suo. Che ci piaccia o meno, è una delle vie praticabili. Non è bella (anche se i romani chiamavano bellum la guerra!). Non è la strada migliore. Ha un costo elevato che in qualche modo devasta il nostro Cuore e il bisogno di Pace. Però è una strada efficace. Per questo viene praticata e accade sistematicamente nella storia degli umani. Oggi, non ieri. Non possiamo semplicemente ignorare l’evidenza e girarci dall’altra parte.

(inciso: nel diritto internazionale l’atto di inviare armi ad una delle due parti belligeranti è considerato “atto di guerra”, anche se la guerra non è dichiarata)

Non vogliamo la guerra? Allora dobbiamo perseguire la via dell’Ascolto. Sangue, o Ascolto.

La strada del Negoziato e la via dell’Accordo Diplomatico (che richiede una mediazione) presuppongono una elevata capacità di Ascolto delle ragioni degli uni e di quelle degli altri, perché le Ragioni non stanno mai, proprio mai, da una parte sola. Ancora, presuppone capacità di mediazione, cioè Autorevolezza, integrità, neutralità. Lo intuisce anche un bambino che non può essere sincero l’Ascolto di chi si è schierato a favore di una delle parti in causa.

Noi italiani questa cosa del conflitto di interessi proprio non riusciamo più a vederla, tanto ci siamo abituati a conviverci indegnamente dentro! Ma è una ragione potente del nostro disfacimento. Un veleno sottile che scava sistematicamente nel tessuto sociale.

In realtà il non schierarsi richiede oggettivamente uno sforzo titanico. Posso testimoniarlo perché confesso di tentennare sistematicamente io stesso di fronte al senso di ingiustizia che mi pare di individuare ora da una parte, ora dall’altra (e confesso ancora di più: molto più spesso a favore di una sola delle due parti in causa!). Ed ecco che, vista l’ingiustizia, qualcosa in me reclama prepotentemente riparazione immediata e a qualsiasi costo. Schierato dalla parte del buono, esigo che il cattivo sia punito.

Eh, sì: il Cattivo va punito! 

Questo è scritto nella nostra morale (la coscienza collettiva superficiale, fatta di credenze e dogmi e “cultura”). Il cattivo (captivus) è prigioniero di sé stesso: della propria rabbia che non sente più ragioni. E non siamo forse noi stessi prigionieri della nostra rabbia (quindi captivi, cattivi) quando ci ritroviamo schierati e quindi incapaci di prestare un Ascolto profondo e imparziale?

Prima di guardare Fuori, guardiamoci Dentro, a diversi livelli. Noi italiani siamo coerenti con i nostri principi? Se davvero volessimo “ripudiare la guerra” come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali, che pure l’abbiamo scritto nella Costituzione, non dovremmo forse lavorare per una soluzione negoziale? Fare atti di guerra è forse compatibile con il pretendere negoziati di pace? Schierarsi a favore di una delle due parti in conflitto ci permette di vedere e ascoltare le ragioni di entrambe le parti? I nostri governanti (rappresentanti) ci ascoltano? Rappresentano, conoscono e rispettano la volontà di noi cittadini italiani? Rispettano le leggi fondamentali sulla guerra, che pure esistono? Noi cittadini conosciamo le leggi sulla guerra? Conosciamo i nostri diritti? Come possiamo immaginare che vengano rispettati se neppure li conosciamo!

Se esiste una separazione evidente, un conflitto di fatto fra rappresentanti e rappresentati, come possiamo presentarci integri di fronte alle sfide della storia?

Proviamo ora a ascendere un gradino ancora più giù: dentro di noi. Nel nostro conflitto interno.

Se io stesso sono preda delle mie emozioni che mi spingono a dare retta, di volta in volta, solo alle ragioni del Cuore o solo alle Ragioni della Ragione. Se non trovo (perché non la cerco) la via dell’Equilibrio, quella che rende armoniche e compatibili le vie del Cuore con quelle della Ragione, come posso pretendere che altri facciano la pace?

Spinti dalla propaganda di chi ha interesse alla Guerra vediamo solo il Torto delle parti in causa. Mai la sua Ragione. La propaganda è efficace perché fa leva sulle nostre debolezze. Riesce a separarci perché non siamo fermamente integri dentro. Agita le nostre e-mozioni e ci porta all’azione sconsiderata perché non sappiamo né riconoscerle né domarle, ascoltandole nella loro profonda Ragione d’essere.

Vogliamo davvero la Pace? L’equilibrio? l’Armonia? l’Accordo? Non serve marciare. Cominciamo piuttosto a guardarci dentro, ad ascoltare noi stessi. A vedere le nostre contraddizioni per provare a scioglierle. Solo quando avremo fatto questo passo da gigante saremo in grado di pretendere coerenza e giustizia anche dai nostri “rappresentanti”. E solo quando anche questi abbiano risolto le contraddizioni stridenti di chi, dagli scranni del potere politico, chiede a voce la Pace mentre nei fatti arma la guerra; solo quando i nostri politici desidereranno davvero capire le Ragioni di ognuna delle parti in causa, dall’alto di una limpida e sostanziale neutralità; solo quando ci saremo meritati la conseguente autostima; solo allora avremmo in mano lo strumento della Pace. Allora marciare e invocare diviene efficacie. Acquista senso pratico. Determina una nuova realtà, perché affonda radici in un processo che viene dal basso.

Solo allora saremo in grado di invitare il dio della guerra ad un tavolo della Pace, perché lo desidereremo veramente di capire da dove viene la sua sete di giustizia, e saremo capaci di Ascoltarlo, e quindi di placarlo, portando la Pace dentro il suo Cuore.

Offriamo un Ascolto Sincero e disinteressato a chi è in preda alla Rabbia, e costui si placherà. Sia esso il dio della guerra. O il capo degli eserciti invasori. O il capo di uno Stato preoccupato della sua integrità territoriale. O, semplicemente, una delle nostre parti intime che strilla ragioni che non sappiamo sentire, e per questo ci porta in Guerra, convinti come siamo di amare la Pace.

 

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