Tracciabilità agroalimentare

Sempre più chimica negli odori e nei sapori

rischio-chimico-alimentare-introduzione

di Pietro Mazzuca

La tracciabilità è la capacità di risalire alla storia e all’uso o alla collocazione di un prodotto o di un’attività attraverso identificazioni documentale (ISO 8402/1992). Secondo il regolamento Europeo 178/2002 è la capacità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento , di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

Questa è la scarna definizione, il mondo che c’è dietro neanche si intravvede, cercherò di parlarne con la certezza di non riuscire a definire i contorni di tanti buchi oscuri che si nascondono nelle maglie legislative e anche di chi ha stilato regolamenti e metodologie in buona fede, aggirabili di volta in volta.

Produrre un alimento e trasformarlo ha una storia, la salute del consumatore e dell’ambiente …pure. La certificazione di qualità è su base volontaria, chi tutela chi?

Eliminiamo la prima fonte di confusione e diamo le definizioni di Tracciabilità e rintracciabilità

Tracciabilità: con questa azione si intende quel processo volto a tenere traccia di tutti gli elementi in ingresso che vanno a creare, modificare o trasformare un prodotto, sia alimentare, chimico, industriale o logistico.

Rintracciabilità: per rintracciabilità si intende il processo che torna indietro nella catena di produzione di un prodotto, al fine di ricercare un preciso evento o un’azione.

Diamo un approccio di base alla problematica :

– la tracciabilità parte dalle materie prime, dai semilavorati e dalle risorse, attraverso il processo produttivo, fino ad arrivare al prodotto finito.

– la rintracciabilità fa il percorso inverso.

Per ottenere un buon processo di tracciabilità, devono essere definiti a priori:

1. Le caratteristiche del prodotto che si intende realizzare

2. Le caratteristiche delle materie prime che entrano nella realizzazione

3. Il personale e le attrezzature utilizzati

4. I processi che entrano nel ciclo produttivo

I due processi (di tracciabilità e rintracciabilità) seguono entrambi la logica di una raccolta ordinata di informazioni durante precisi iter o processi che portano alla realizzazione del prodotto (che sia parziale o finito) e consentono di verificare ed identificare anche a ritroso ogni singola azione svolta. La tracciabilità è, in sostanza, un processo di comunicazione e di archiviazione dati: “comunico cosa sto facendo mentre lo sto facendo e lo archivio come dato, in modo che chi verrà dopo di me sappia con precisione cosa è stato fatto, quando ed in che modo”.

Questo è l’approccio scientifico, quello che si insegna nelle università nei corsi e soprattutto nei laboratori e istituti di certificazione. BRAVI!

E invece no, tutto sbagliato tutto da rifare…..

Le produzioni agricole non sono bulloni, o ingranaggi standard, hanno una enorme serie di variabili indipendenti che possono essere diversi , nel tempo , col tempo , nello spazio , struttura e tessitura dei terreni, clima, piogge insomma troppo per essere codificato e standardizzato.

Primo consiglio , naturalmente inascoltato è che le produzioni si seguono sul campo con annotazioni su registri vidimati, e confrontati con esami di laboratorio.

Raccolto il prodotto (anche sul periodo di raccolta c’è tanto da dire) bisogna ed è vitale proteggere il processo di trasformazione da inquinamenti anche non voluti, in riferimento a un sacco di variabili anche qui impossibili da codificare.

Raccolto il grano si mette magari in una nave , trasportato a km di distanza magari in altro continente, lo stoccaggio a terra, il metodo di lavorazione nel mulino, e la preparazione del pane , biscotti, insomma derivati può essere standardizzata? Si è sempre uguale? No!

Peggio ancora se ci si avventura nella trasformazione vitivinicola e/o olearia, in quest’ultima ad esempio un mezzo grado in più o in meno nel processo di premitura può innescare un processo che disperde o trasforma le sostanze aromatiche e fa passare le cere che sono il principale nemico dell’olio e della salute umana.

La pioggia a agosto o l’assenza di pioggia a agosto fa variare il grado zuccherino dell’uva, come dire faccio sempre lo stesso prodotto?

Stessa cosa per le castagne , le infiorescenze di agosto possono essere compromesse da un settembre ventoso, grandine o freddo prematuro, o eccessivo caldo.

L’industria ha però la necessità di testare sapori e odori, e qui la chimica diventa re regina e corte annessa.

Si invoca da sempre una legge che abbia controlli rigorosi, e soprattutto non autocertificazioni, ma e sottolineo ma….. la necessità di fare cassa non permette posizioni intransigenti, perché soprattutto i rappresentanti della politica, anche senza essere corrotti ignorano totalmente queste problematiche e i vari assessori regionali e il ministro di riferimento sono allettati solo dagli aiuti comunitare in termini di soldi che si traducono in consenso elettorale… il sistema è al collasso e non regge.
Ricordate le merendine all’olio di palma?

Ecco dopo decenni viene a galla che

la deforestazione massiccia in Africa, è stata fatta per piantare palme.

Trattasi di una pianta che fruttifica tutto anno e si produce un olio che ha il punto di congelamento molto alto circa 27 gradi, ha il punto di fumo oltre 220 gradi ed e ricchissimo di grassi saturi. La semplice spremitura meccanica dei frutti produce un olio che di acidità e attorno ai 2 gradi e mezzo e non è cancerogeno, le cose cambiano dopo la raffinazione , e da li in poi è potenzialmente cancerogeno è quindi il processo che determina la potenziale pericolosità, Infatti dopo la raffinazione o bifrazzionato che porta a acidità media 0,5 per poterlo commerciare iniziano i problemi.

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