Certificazioni alimentari: abusi e scarsi controlli

20 milioni di frode per finti alimenti bio

Truffa da 20 milioni di euro prodotti bio, pomodori e mandorle

di Giuseppe Altieri,

Bisogna potenziare il controllo Biologico da parte degli Enti di certificazione, interrompendo il conflitto di interessi tra l’azienda agricola biologica e l’ente di certificazioni da essa pagato. 

Azzerando nel contempo la tolleranza di pesticidi nei prodotti biologici, attraverso l’obbligo di fasce di rispetto da parte dei confinanti, dove si possano usare solo Prodotti Fitosanitari biologici.

Dal 2007 le aziende biologiche non devono più pagare la certificazione dei loro prodotti in quanto questa viene addebitata alla collettività attraverso i fondi europei di sviluppo rurale della PAC. Sono previsti 3.000 €/annui per azienda agricola come copertura dei costi di certificazione biologica, con cui si potrebbe allestire un super sistema di controllo biologico. Perchè allora si continua a rimborsare il produttore agricolo che paga l’ente di certificazione biologica, creando un conflitto d’interessi tra certificatore e certificato? (con pesanti burocrazie per le richieste di rimborsi e costi ulteriori per gli agricoltori, ndr). Oltretutto peggiorando il sistema di certificazione biolgica, nel momento in cui gli enti di certificazione, per accaparrarsi il cliente, effettuano preventivi sui prezzi di certificazione al ribasso.
Il Dr. Carnemolla, segretario Federbio, può certificare che la spesa media di certificazione per azienda biologica in Italia è di ca. 800 € /anno… invece dei possibili 3.000 € annui, disponibili dai fondi europei di Sviluppo Rurale ed erogati attraverso gli assessorati agricoltura delle regioni, coordinate dal Ministero Agricoltura attraverso il Piano Agricolo Nazionale.

Dobbiamo immediatamente interrompere questo stupido conflitto di interessi, che danneggia anche gli stessi enti di certificazione biologica, i quali perdono oltre 2.000 €/annui per azienda certificata biologica… soldi che ritornano al Bruxelles o, peggio, finiscono in sistemi di certificazione arbitrari e senza sostanza come la Produzione Integrata… le IGP o le DOP a base di Pesticidi chimici…

SIANO LE REGIONI A PAGARE GLI ENTI DI CERTIFICAZIONE BIOLOGICA

Mentre invece, con 3.000 €/annui è possibile potenziare i controlli sul campo durante la coltivazione, con campionature ed analisi chimiche sui pesticidi che sono vietati nella coltura biologica, gli unici controlli che garantiscono la reale produzione biologica. Con tolleranza zero, ovviamente, in quanto questo è il diritto del produttore biologico nei rapporti di vicinato con eventuali agricoltori inquinanti che usano pesticidi (sentenza del Tribunale di Pistoia, nel 2011). E non può essere la vittima a pagare i danni delle eventuali derive chimiche, perdendo le certificazioni biologiche nelle zone di confine con aziende chimiche, bensì dev’essere l’agricoltore chimico che deve mantenere fasce di rispetto di almeno 200 metri per azzerare le derive chimiche verso il produttore biologico, fasce in cui può usare solo antiparassitari biologici, oltretutto molto efficaci…

E passare, in tal modo, da una “certificazione di processo” alla vera certificazione di “prodotto” biologico, come pretende il consumatore.

Possiamo pagare almeno 5-6 analisi chimiche all’anno e sopralluoghi di controllo corrispondenti da parte degli ispettori durante il ciclo di coltivazione; e rimarrebbero molti più soldi nelle tasche degli enti di certificazione, per le burocrazie necessarie nelle filiere biologiche.

Sono quasi 20 anni che ripeto le stesse cose…

Ci dev’essere qualche interesse anomalo a depotenziare il sistema di certificazione biologica… che invece di azzerare la deriva chimica aumenta di 10 volte la tolleranza “illegittima” di pesticidi nei prodotti biologici…
Intanto, in Italia il mercato Biologico cala… per mancanza di fiducia dei consumatori, che sempre più si rivolgono direttamente alle aziende biologiche attraverso gruppi di acquisto diretti e controlli personali sui produttori…
E cio non è un bene ma la semplice reazione dei “Consumattori” (con 2 tt e la C maiuscola)

La cronaca

Una grossa frode è stata scoperta nel mondo del biologico grazie a un’indagine condotta dall’Unità investigativa dell’Icqrf e dalla Guardia di Finanza di Caserta. Sono sette gli indagati dal Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per frode in commercio e reati di associazione a delinquere e per aver distribuito (tra il 2016 e il 2022) ingenti quantitativi di prodotti agroalimentari falsamente dichiarati come biologici con un giro d’affari superiore ai 20 milioni di euro. Secondo quanto riportato dal quotidiano Caserta News la truffa vedeva la partecipazione di due imprese di trasformazione e di un’azienda ortofrutticola biologica oltre a un imprenditore della provincia di Catania e un altro con un’impresa in provincia di Cuneo. L’indagine è stata avviata sulla base delle segnalazioni del sistema Ofis (Organic Farming Information System) che hanno permesso di individuare la truffa.

Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio, ha commentato la notizia sull’indagine portata avanti dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere dicendo che episodi come quelli del casertano costituiscono un grave danno di concorrenza sleale per tutti i produttori biologici onesti, pregiudicando anche i cittadini che scelgono un’alimentazione sostenibile a base di prodotti bio”. La Federazione propone soluzioni concrete per migliorare il sistema dei controlli che integrano le moderne tecnologie digitali per garantire un monitoraggio, preciso e in tempo reale, delle tecniche di produzione e una vera tracciabilità anche nel caso di filiere complesse.

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