La parola “felicità”

Tutti vogliono e devono essere feliciLa parola “felicità” sembra avere un senso diverso, e forse ce l’ha, per tutti coloro che la usano. Spesso si sente dire che tutte le persone vogliono la stessa cosa: essere felici. Ma se provassimo ad approfondire, potremmo scoprire che tutti vogliono essere felici, ma non tutti vogliono la stessa cosa, e se consideriamo che la “felicità” è lo scopo della vita, si può capire quanto sia urgente  fare un po’ di chiarezza. Per “chiarezza” non intendo una definizione in grado di mettere tutti d’accordo, intendo definire uno spazio che permetta ad ognuno di chiarire a se stesso, per se stesso, il significato della parola “felicità” e trovare una via per realizzarla senza entrare in conflitto. Ciò che m’interessa evidenziare è che opinioni diverse sulla felicità, non sono di per sé un problema.  Il problema sorge quando si entra in collisione, in contrasto; con gli altri, con l’ambiente, e persino con se stessi. Ci chiediamo allora: è possibile trovare un equilibrio che non ci metta gli uni contro gli altri o, meglio ancora, creare condizioni che favoriscano un reciproco contributo alla realizzazione personale e allo sviluppo della società nel suo insieme? Non c’è nulla che lo impedisca: nulla ci impedisce di creare un mondo dove vivere in pace e in armonia. Nulla se non noi stessi.
Nel tentativo di capirci, potremmo dividere la parola “felicità” in 4 parti.

– La prima parte definisce il benessere fisico.

– La seconda concerne la felicità che deriva dal dare felicità agli altri, e dalla capacità, personale e collettiva, di creare relazioni armoniose.

– La terza corrisponde al piacere che deriva dalla realizzazione dei desideri.

– La quarta, è la pace interiore, la liberazione dai condizionamenti.

È evidente che non esiste una separazione tra queste quattro condizioni e nessuna esclude le altre. C’è tuttavia una differenza tra le prime tre e la quarta.  Le prime tre appartengono a quella che possiamo definire “felicità relativa” in quanto sono “relative” a determinate  condizioni, ed è di queste condizioni che qui si vorrebbe parlare. Benché, a mio parere, la quarta via sia la più importante e quella che maggiormente ci aiuta a capire chi siamo e a manifestare in noi il senso profondo della vita, non è, e non vuole essere, l’argomento di questo testo. L’ambiente culturale in cui viviamo, le condizioni sociali ed economiche, sono orientate nel loro insieme verso un baratro di cui pochi sembrano rendersene conto. E anche questi pochi, se qualcosa non cambia, sono destinati più alla frustrazione che deriva dal senso di impotenza, che  alla trascendenza. Se tutte le religioni sembrano indicare una via verso la trascendenza, è anche vero che nella società attuale questo “nobile traguardo” non raccoglie molti consensi e spesso, anche nelle religioni istituzionali, viene vissuto in modo tale che ha ben poco a che fare con una spiritualità motivata e consapevole. Detto questo, restiamo nell’immanente e parliamo, dunque, di quelle condizioni sociali che sono un diritto per chiunque nasca su questa terra e un dovere per chi la governa. Condizioni che, se non ci possono liberare da tutte le sofferenze, possono generare quel salto evolutivo che ci libera da tutte quelle sofferenze inutili, non necessarie, che nascono dall’ingiustizia, dalla diseguaglianza, dall’indifferenza, dalla superficialità.  Basterebbe pensare alla burocrazia, alle inutili frontiere e barriere che ingabbiano la terra, arsenali pieni di armi micidiali, inquinamento, devastazioni ambientali, migrazioni di popoli trattati come bestie. Bene, tutto questo non è obbligatorio, non è un destino avverso inevitabile. È solo frutto di un “malinteso”, un’interpretazione errata della parola felicità,  un mal intendere generalizzato che porta l’umanità fuori rotta, verso il disastro totale.

Sul primo punto, sul fatto che tutti aspirano al benessere fisico e ad essere in buona salute, non credo ci siano dubbi, e possiamo dire che non si tratta di un desiderio ma di una necessità primaria. Pertanto la società dovrebbe essere organizzata in modo da garantire il benessere e la salute di tutti i suoi componenti, e “tutti” non ammette eccezioni. Una responsabilità primaria di chi governa un paese e del sistema sociale nel suo insieme.

La seconda condizione, la felicità che deriva dal dare felicità agli altri e creare  relazioni armoniose, riguarda in gran parte la sfera personale, ma può e deve essere favorita da un ambiente etico, culturalmente maturo e appropriato. La terza condizione, la realizzazione dei desideri, presenta elementi complessi e richiede un approfondimento. Si dice spesso che “tutti gli esseri umani sono uguali” ma nella realtà, a ben vedere, sono tutti diversi e incredibilmente complicati. Hanno tuttavia gli stessi diritti e rispettare i diritti significa anche rispettare la diversità.
Questa diversità, tra gli esseri umani, si manifesta in modo particolare tramite il manifestarsi dei loro desideri, anche se questi desideri sono spesso condizionati, ma questo aspetto, distinguere i bisogni dai desideri, le loro priorità e trovare tra di essi un giusto equilibrio, potrebbe essere il tema di un prossimo testo.

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2 Commenti

  1. La felicità non è declinabile in assoluto, ma può essere declinata, trascendendo la dimensione individuale, in senso collettivo, ovvero come la condizione di chi, pur non riuscendo a realizzarla nella propria sfera personale, riesce, attraverso il rispetto, il coraggio, la lealtà delle proprie azioni ed il senso profondo dello “stare al mondo “, a pensare che quanto è dato ad ognuno, non può non essere dato, a qualsiasi altro, chiunque egli sia e , non per atteggiamento etico o religioso, ma, semplicemente perché, non c’è alcuna differenza fra noi, aldilà della ricerca personale che ognuno, unicamente esprime , del proprio senso o della propria ” felicità”, che possa giustificare tutte le inutili e vacue differenze che come umanità abbiamo creato , nel tempo, snaturando noi stessi e l’essenza di cui, veramente , constiamo.

    • Tutto questo è pura utopia..l’uomo sguazza sulle notizie negative, si parla più di fatti terribili che di cose belle..e oramai anche nei film nei libri nelle serie tv se non c’è un omicidio, psicopatici pazzi gente assurda non vengono seguiti..i giornali sono pieni di fatti gravosi..le tv danno solo notizie terribili all’ora di pranzo e di cena..per far digerire meglio?
      I vicini sono sempre più ostili e cattivi..i familiari si odiano tra loro, difficile trovare famiglie unite, felici..difficile avere amicizie importanti con cui scambiare veramente verità e vero amore..l’amore del rispetto della comprensione della generosità, della riconoscenza.
      L’unica cosa che ci può dare felicità o almeno pace, amarci, volesi molto ma molto bene..essere super egoisti, non fare del male gratuito, ma neanche non essere tanto disponibili perchè alla fine le persone ti feriscono, un vero e sano egoismo, che non vuol dire avere la pancia piena e avere vicino una persona che ha fame..ma solo cercare sempre in ogni cosa qulcosa che ci fa star bene..anche il dare deve farci stare bene..altrimenti non si fa..
      Puro cinismo? forse..ma chi se ne frega..questo deve essere iol motto
      E se ci riesci dimmi come si fa..diceva un vecchio monologo in ( accetta il Consiglio)

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