Un cuore che non si spezza!

Discriminazioni nella Polizia di Stato

di Alessandro Fenyves

In un momento in cui le restrizioni imposte dal Governo mettono in ginocchio le attività degli italiani e nel rispetto dei DPCM si multano senza remore gli esercenti che desiderano solo lavorare per sopravvivere, in barba all’articolo 1 della Costituzione, il Ministro degli interni Lamorgese ed il capo della Polizia Gabrielli, promuovono a vicequestori alcuni agenti condannati in via definitiva, per lo scandalo avvenuto alla scuola Diaz durante il G8.

Pare assurdo invece che un agente encomiato per coraggio e capacità, venga sospeso dal servizio a causa di un tatuaggio a forma di cuore. È il caso dell’agente della stradale Arianna Virgolino.

S.P. Cosa l’ha convinta ad intraprendere la carriera nella Polizia di Stato?

A.V. A 21 anni ho conosciuto il mio compagno di vita, un bellissimo Poliziotto che mi ha fatta subito innamorare di lui e di questa meravigliosa famiglia dal cuore blu. Appena uscito il bando di concorso, ho compilato la domanda, convinta che uno di quei posti vacanti, portasse già il mio nome. Data la competizione elevata, sapevo che per superare i test delle preselezioni, mi sarei dovuta impegnare molto nello studio e così ho fatto, dividendomi tra lavoro e famiglia, mio figlio nel 2017 aveva soli 5 anni.

S.P. Quali sono le attitudini che secondo lei sono necessarie per svolgere questo lavoro?

A.V. Innanzitutto essere dotati di un grande spirito di sacrificio, dedizione verso il prossimo, lealtà e rispetto. Queste sono solo alcune che un appartenente alle FFOO dovrebbe possedere. Potrei citarne tante altre ma le più importanti sono: coraggio, self control, spirito di osservazione ed empatia.

S.P. Cos’ha provato dopo la sospensione per “demeriti estetici” dal Consiglio di Stato?

A.V. Mi sospesero esattamente il 7 novembre del 2019, io lo definisco giorno “benedetto e maledetto” perché quella mattina ricevetti un encomio, per il coraggio dimostrato durante un intervento libera dal servizio, consapevole che subito dopo, avrei dovuto restituire tutto ciò che mi ero guadagnata faticosamente. Mi ricordo benissimo che durante il discorso del Prefetto rischiai di svenire, se non fosse stato per la mia stupenda collega che accorgendosene, mi strinse il braccio e mi sussurrò «Coraggio!». Realizzai quanto stava per accadere nel momento in cui dovetti restituire il mio distintivo, in quel preciso istante, il dolore che provai, si potrebbe quantificare solo se riuscissi a contare tutti i frammenti del mio cuore spezzato.

S.P. Perché le prove della rimozione del tatuaggio non sono state determinanti?

A.V. Me lo chiedo continuamente. In sede di accertamento medico, non ci fecero fotografie, cosa che avvenne successivamente, con gli altri candidati della nostra graduatoria. Dopo aver letto sulla mia cartella clinica della rimozione di un tatuaggio, mi chiesero in che parte del corpo fosse situato in precedenza. Ma dato che alla visita medica ci si presentava in intimo, non avrebbero dovuto vederlo già loro, se fosse stato ancora evidente? Chiesero cosa ci fosse raffigurato. Io ingenuamente risposi, e così venne riportata la descrizione del tatuaggio, come se fosse stato ancora presente in tempo reale, sullo stesso rapporto veniva anche scritta la seguente frase “…con non distinguibili figure, area di eritema”. Ma se qualcosa non è di fatto distinguibile, non è possibile descriverla! Credo che sia una grave e palese contraddizione, che non dovrebbe assolutamente capitare in queste sedi. Proprio per queste incongruenze, vinsi facilmente il ricorso al Tar, in seguito però, la quarta sezione del Consiglio di Stato, si pronunciò a mio sfavore, basandosi sul principio del tempus regit actum, specificando che avrei dovuto dimostrare in sede di accertamento medico, la scomparsa del tatuaggio. Successivamente venni a conoscenza che, per un viceispettore, lo stesso principio latino, non conta, poiché gli viene data la possibilità di essere rivisitato al Celio anche a distanza di tempo.

S.P. Il suo provvedimento disciplinare, potrebbe trattarsi di una discriminazione, o ci sono altri suoi colleghi nella medesima situazione?

A.V. Sicuramente è stato discriminante per diversi motivi, le FFOO sono piene di colleghi con tatuaggi in posti visibili, basta andare sui social per rendersene conto. Tra le motivazioni a sostegno della mia sospensione si definiva il tatuaggio come “un nocumento all’immagine della Polizia di Stato”, sebbene il mio fosse stato completamente rimosso, come riportato anche nella mia sentenza dal Tar. Ma anche se fosse, perché è stata nominata a Vice Capo della Polizia una donna che sul polso sinistro, ha un tatuaggio ben visibile? Non sono l’unica a dover sopportare il peso di questa ingiustizia oltre a me ci sono i colleghi Valeria Di Nardo, Sara Alberti, Claudio Benasio e Antonia Colavito, anche loro sono certamente vittime di disparità di trattamento, poiché alcuni nostri pari corso, hanno avuto la “fortuna” di essere salvati grazie a istanze di rinvio di udienza, istanze di rinuncia al contenzioso e per alcuni non è stato proposto appello.

S.P. Cosa ha sacrificato della sua vita personale per essere un’agente della Polizia di Stato?

A.V. Ho sacrificato tanto. Prima di partire per l’addestramento, ho lasciato un posto di lavoro a tempo indeterminato, ma per la Polizia lo rifarei altre mille volte. Poi prestavo servizio lontana da casa e ogni volta che smontavo dal turno di notte, dormivo e poi saltavo in auto per raggiungere mio figlio Alessandro. Nonostante la sua tenera età, ero riuscita perfettamente a fargli capire che per un po’, la mamma avrebbe dovuto dividersi tra Peschiera del Garda e Guardamiglio, però nei momenti di malinconia e non solo, ci videochiamavamo; lui era contento, fiero di me perché sapeva che aiutavo chi aveva bisogno. Tutti quei km che facevo quotidianamente non mi sono mai pesati, avrei fatto quella vita all’infinito.

S.P. Secondo lei, da cosa si valuta un buon poliziotto?

A.V. Sicuramente nel 2020 non lo si può valutare da un tatuaggio! Un buon Poliziotto si deve valutare per l’amore e il rispetto per la divisa che ha l’onore di poter indossare ogni giorno, per il nostro Paese e per tutti i cittadini. Un buon poliziotto si valuta per come riesce a portare alla normalità situazioni critiche limitando i danni, si deve valutare per il coraggio che dimostra mentre rischia la propria vita per salvare quella di qualcun altro. Si deve valutare per le capacità comunicative, qualità molto importante, che mi è servita spesso in servizio.

S.P. Nella speranza che venga riammessa al più presto nella polizia con tutti gli onori, si sente pronta ad indossare la divisa con questo clima di tensione?

A.V. Spero e prego tutti i giorni di ricevere questa bella notizia. A maggior ragione, proprio in questo clima di tensione, vorrei poter dare il mio contributo, per rispettare e onorare ciò per cui ho giurato.

Arianna Virgolino vittima di discriminazioni

Sono trascorsi diversi mesi ma la sentenza del Consiglio di Stato conferma l’esclusione dalla Polizia

Il Tar, di fronte all’evidenza di una cicatrice pressoché invisibile, aveva dato ragione a lei e ad altri sei colleghi (tutte donne tranne uno): Arianna aveva così realizzato il sogno della divisa, per il quale aveva abbandonato anche un lavoro a tempo indeterminato, e si era fatta subito valere. Il 7 novembre 2019, infatti, aveva ricevuto un premio del questore di Lodi dopo essere intervenuta a sedare una rissa con bottiglie di vetro, una sera a Casalpusterlengo, mentre era fuori servizio. Peccato che, a seguito dell’appello del dipartimento della Ps, proprio quello stesso giorno fosse arrivata anche la sospensione, cui seguì la sentenza del Consiglio di Stato che di fatto la escludeva di nuovo dalla Polizia per quel vecchio tatuaggio che da anni l’agente non aveva più.

Queste disparità di trattamento del Viminale sono evidenti

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