Repressione Democratica

Se manifesti contro il genocidio sei fuorilegge

Il bavaglio e la censura della RAI Radio Televisione Italiana

Con una mano aiutiamo a sparare sui bambini e le loro famiglie con l’altra li curiamo amorevolmente. Questo è legale. Se manifesti contro il genocidio sei fuorilegge

di Francesco Cappello

A seguire le parole del Ministro della Difesa Guido Crosetto in una nota stampa a commento dell’arrivo in Italia, dall’Egitto, del volo militare, con a bordo 11 piccoli pazienti destinati alle strutture sanitarie nazionali e 14 accompagnatori [1]:

Benvenuti in Italia! Al termine dell’operazione saranno circa 100 i bambini con le loro famiglie che saranno curati nei nostri migliori ospedali pediatrici. Sono vittime innocenti di questa guerra. Vogliamo fare di tutto per alleviare le loro sofferenze. Siamo stati i primi a portare aiuti alla popolazione civile di Gaza. Abbiamo inviato una nave ospedale, siamo pronti a installare un ospedale da campo e continuiamo con il ponte aereo per portare minori palestinesi in Italia e curarli nei nostri ospedali. Siamo amici di Israele e lavoriamo per l’unica scelta di pace possibile che prevede due popoli e due Stati.

Leggendole, risulta inevitabile pensare al coinvolgimento, ormai strutturale, del nostro Paese nelle operazioni belliche israeliane su Gaza.
Da vent’anni li aiutiamo a compiere i peggiori crimini [2]. La cooperazione tra l’industria militare italiana e quella israeliana è stata, infatti, ratificata dal terzo governo Berlusconi che codificò un precedente accordo generale nella forma di memorandum di intesa, risalente al 2003, sulla cooperazione militare tra Italia e Israele, con la Legge 94 del maggio 2005.
Facile ipotizzare che quegli stessi bambini siano stati feriti da armi ed esplosivi italiani come ad esempio nel caso dei cannoni prodotti in Italia dall’OTO Melara e venduti ad Israele. A confermarlo il tenente colonnello Steven, ufficiale in forza alla terza flotta della Marina Militare israeliana che specifica come: “La maggior parte dei sistemi d’arma (impiegati n.d.a.) è stata prodotta da industrie israeliane, eccetto i cannoni da 76mm, che sono stati prodotti invece dall’azienda italiana OTO Melara”. Nel 2016 gli Stati Uniti hanno investito 100 milioni di dollari per dotare le Sa’ar, le moderne corvette israeliane, con i cannoni Oto Melara. A precisare le letali caratteristiche di queste armi, fornite a Israele dal nostro Paese, il peace researcher Antonio Mazzeo:

“Gli OTO Melara 76/62 sono cannoni multiruolo prodotti dall’omonima società del gruppo Leonardo SpA con quartier generale a Roma e stabilimenti a La Spezia e Brescia. Questi strumenti bellici sono caratterizzati da una cadenza di tiro molto elevata, soprattutto nella versione Super Rapido (120 colpi al minuto), per la ‘difesa’ antiaerea e anti-missile e il bombardamento navale e costiero. La loro gittata massima varia dai 9 ai 20 chilometri di distanza. Hanno un’altissima capacità di fuoco grazie alle differenti tipologie di munizioni utilizzate (perforanti, incendiarie, a frammentazione, ecc.), contro sistemi missilistici a corto raggio, aerei, navi ed obiettivi terrestri“.

Ritornando alle parole di Crosetto, encomiabile quella che il ministro indica come “l’unica scelta di pace possibile che prevede due popoli e due Stati”. Ci chiediamo allora come mai il nostro Paese non abbia ancora riconosciuto in modo bilaterale lo Stato di Palestina entro i confini del 1967, come hanno già fatto 139 Paesi. Si tratta di più dei 2/3 dei membri delle Nazioni Unite. Non potrebbe il nostro Crosetto, animato da così buone intenzioni, farsene promotore? Oltretutto l’assemblea delle Nazioni Unite, sin dal 2011, ha già riconosciuto lo Stato di Palestina come stato non-membro con statuto di osservatore, senza diritto di voto; lo ha fatto con il sostegno di 137 paesi a favore e 9 contrari (vedi L’Italia riconosca lo Stato di Palestina)[3]. Ci perdoni Crosetto se malignamente ci viene da pensare che se l’Italia non spinge decisamente nella direzione da lui auspicata è anche perché ad ENI è stato concesso dallo Stato di Israele il diritto di sviluppo delle riserve di gas marino nel mare di Gaza e che “solo gli Stati sovrani hanno diritti sulle zone marittime, compresi i mari territoriali e le zone economiche esclusive, nonché di dichiarare i confini marittimi”… (vedi Genocidio con furto. Nel mirino i corvi e gli avvoltoi dell’ENI che volteggiano su Gaza Marine).

Crosetto afferma anche che siamo stati i primi a portare aiuto alla popolazione di Gaza. Ebbene non è bello dover constatare come l’Italia, insieme a Canada, Australia, Regno Unito, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Giappone e Austria, abbia immediatamente partecipato al taglio dei finanziamenti dell’UNRWA (l’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi), predisposto dal Dipartimento di Stato degli Usa solo perché Israele sostiene, senza alcuna prova documentale, che l’agenzia sarebbe infiltrata da operatori sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre. A nulla è valso il licenziamento dei 12 dipendenti che Israele ha indicato come colpevoli; i tagli che ne sono seguiti impediscono all’agenzia di operare l’attività di assistenza umanitaria che garantiva quel pò di cibo, acqua e prima assistenza che si riusciva a far arrivare a centinaia di migliaia di persone nella striscia di Gaza. Ostacolare l’assistenza umanitaria, non solo uccidendo, ad oggi, più di 150 operatori dell’Unrwa, ma anche facendo mancare le risorse per gli aiuti ai palestinesi, potrebbe facilmente configurarsi come una chiara compartecipazione agli atti genocidiari in corso.
Facile sospettare che l’Unrwa sia stata presa di mira essendo una delle maggiori fonti delle prove documentali nel processo intentato dal Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia contro Israele. Il 26 gennaio, infatti, la Corte ha stabilito la plausibilità delle accuse di genocidio contro Israele e che il processo aperto dal Sudafrica debba continuare.

Italia collaborazionista

La decisione preliminare della Corte di Giustizia dell’ONU dello scorso 26 gennaio con l’imposizione di misure cautelari è stato, infatti, un primo risultato dell’azione giudiziaria voluta dal Sudafrica ed è già giuridicamente vincolante. In attesa della sentenza definitiva, la Corte ha disposto misure provvisorie alle quali Israele dovrebbe attenersi, anche se il tribunale di giustizia non ha alcun potere che gli permetta di vigilare sulla loro effettiva attuazione. Tale decisione impone obblighi giuridici non solo a Israele ma anche a stati terzi eventualmente coinvolti nell’azione in corso a danno dei palestinesi che avranno ora l’obbligo di osservare le misure cautelari imposte dalla Corte per prevenire atti genocidiari nella Striscia di Gaza. Multinazionali che intrattengono commerci d’armi ma anche Stati che cooperano in qualsiasi forma con Israele, rispetto alle azioni in corso a danno dei palestinesi, rientrano tra coloro che dovranno rispettare tali misure.

Sono ora ben tre i motivi di complicità dell’Italia (vedi Italia collaborazionista?) con i crimini che Israele sta compiendo a danno del popolo palestinese:
la cooperazione militare con Israele (vedi Da vent’anni li aiutiamo a compiere i peggiori crimini), la partecipazione del nostro paese al taglio dei finanziamenti dell’UNWRA, il tentato furto del gas palestinese (vedi Genocidio con furto. Nel mirino i corvi e gli avvoltoi dell’ENI che volteggiano su Gaza Marine).

Stop al genocidio

Dopo la pronuncia, all’Ariston, delle parole Stop al genocidio da parte del cantante Ghali che erano state precedute dalle dichiarazioni pro palestina dall’artista Dargen D’Amico, e il conseguente comunicato “riparatore” redatto dall’AD Roberto Sergio, letto da M. Venier:

Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica è sentita e convinta.

un certo numero di dipendenti Rai hanno messo in circolazione un loro comunicato:

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Ne sono seguite molteplici manifestazioni e relative mangannellate davanti alle sedi Rai di diverse città italiane

Se manifesti contro il genocidio sei fuorilegge

Ghali, avendo chiesto di fermare il genocidio, è stato accusato di incitamento all’odio e alla violenza. Poco conta che a supporto dell’appello di Ghali ci sia la citazione in giudizio, per crimine di genocidio, presso il tribunale di giustizia internazionale dell’ONU (CIG), di Israele, da parte del Sudafrica. Viceversa, Israele non avrebbe commesso violenze poiché si starebbe limitando a difendersi dopo gli attacchi subiti il 7 ottobre, ed il massacro sistematico dei civili tramite bombardamento a tappeto della Striscia e deportazione dei suoi abitanti sarebbero solo effetti collaterali della “guerra” contro Hamas. Ebbene, il presunto diritto all’autodifesa è stato respinto dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU che ha ribadito come Israele non abbia alcun diritto all’autodifesa (art. 51 della carta dell’ONU) in quanto paese occupante e belligerante contro un popolo occupato.

Dopo il ‘7 ottobre‘, le “Disposizioni di legge per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo, nonché per il contrasto agli atti di antisemitismo

A fronte di una possibile escalation delle manifestazioni della società civile, a favore della popolazione palestinese, in pieno dissenso con le politiche di cooperazione della nostra classe dirigente con Israele, sotto processo per atti genocidiari presso la CIG (a cui si sono associati diverse decine di Paesi – Il numero complessivo dovrebbe essere ormai prossimo a cento), la lega di Matteo Salvini ha deciso di correre ai ripari per arginare e bloccare quella che sarebbe “l’ondata di antisemitismo” nel Paese, con un disegno di legge: Disposizioni per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo, nonché per il contrasto agli atti di antisemitismo, d’iniziativa dei senatori leghisti Romeo, Pirovano e Bergesio, comunicato alla presidenza il 30 gennaio 2024.
Si tratta di tre articoli pienamente coerenti con la progressiva chiusura degli spazi politici, atti a limitare, controllare e impedire manifestazioni in cui si criticano le istituzioni Israeliane. Ci chiediamo se, una volta divenuta legge dello Stato, una manifestazione pubblica di pensiero come quella di Ghali, Dargen D’Amico o le parole di un qualsiasi giornalista che scrivesse e pubblicasse un suo pezzo giudicato troppo pro palestina e quindi tacciabile di antisemitismo, potranno essere sanzionabili, a rigor di legge, e come.
Torna alla mente l’immediata promulgazione, dopo i fatti dell’11 settembre 2001, dell’USA Patriot Act, una legge federale, limitativa delle libertà personali, per motivi emergenziali di sicurezza nazionale: la legge per unire e rafforzare l’America fornendo strumenti adeguati necessari per intercettare e ostacolare il terrorismo. Si tratta di una serie di norme che hanno rinforzato il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi, con lo scopo di ridurre il rischio di attacchi terroristici negli Stati Uniti, anche a discapito di privacy e libertà di movimento dei cittadini.
Nel preambolo del ddl leggiamo:

Dopo il terribile attacco terroristico del 7 ottobre compiuto dall’organizzazione terroristica Hamas con altri movimenti alleati della galassia terroristica islamista, come il Jihad islamico palestinese, i focolai di antisemitismo già presenti in tutta Europa (documentati per l’Italia dal CDEC e dall’Eurispes) si sono estesi e propagati sotto la veste di antisionismo, dell’odio contro lo Stato Ebraico e del suo diritto ad esistere e difendersi.

nella parte finale del comma 2 dell’art. 1 si legge ciò che si dovrà intendere

per antisemitismo si intende una determinata percezione degli Ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree e non ebree, i loro beni, le istituzioni della comunità e i luoghi di culto ebraici.

Chi si limitasse a consultare il vocabolario alla parola semitica/semitiche troverebbe un riferimento a un gruppo di lingue (accadico, fenicio, ebraico, aramaico, arabo, etiopico, ecc.), parlate da popolazioni antiche e moderne dell’Asia sudoccidentale e dell’Africa settentrionale [4]. Arabo ed ebraico sono quindi entrambe lingue e popolazioni di una stessa area geografica. Chissà perché antisemitismo, anche nel linguaggio giuridico, debba indicare avversione nei confronti degli Ebrei, della loro cultura, delle loro istituzioni…

Il ddl, “al fine di prevenire e contrastare qualunque atto o manifestazione di antisemitismo” prevede di “creare una banca dati sugli episodi di antisemitismo“ e di predisporre “apposite misure per contrastare la diffusione del linguaggio d’odio antisemita sulla rete internet, anche attraverso l’aggiornamento delle regole di accesso alle piattaforme di social media nonché mediante sistemi di segnalazione e rimozione, uniformi ed efficienti, dei relativi contenuti” e di intervenire in campo educativo con “un piano di formazione rivolto a insegnanti ed educatori in merito alla conoscenza del fenomeno dell’antisemitismo (…) nonché circa i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti degli Ebrei, ivi incluse le possibili teorie complottistiche che ne possono derivare” e per il personale delle Forze di polizia in merito alla conoscenza del fenomeno dell’antisemitismo, ai fini di una corretta individuazione della natura antisemita di un reato nonché campagne di informazione sui canali del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale finalizzate “alla conoscenza del fenomeno dell’antisemitismo” e nell’ambito delle attività associative e sportive.

all’art.3 è infine previsto “Il diniego all’autorizzazione di una riunione o manifestazione pubblicaper ragioni di moralità” motivabile “anche in caso di valutazione di grave rischio potenziale per l’utilizzo di simboli, slogan, messaggi e qualunque altro atto antisemita ai sensi della definizione operativa di antisemitismo adottata dalla presente legge”.

Ottimi esempi di sana moralità, per chi si sentisse un po’ confuso, si possono indubbiamente trovare nelle azioni esemplari dei nostri governi che continuano, come niente fosse, a cooperare militarmente con Israele, salvo poi esibire, in prima serata, il buon cuore italiano ricoverando qualcuna delle migliaia di giovani vittime dopo aver bombardato i loro ospedali, mentre contribuiamo ad affamare i cittadini della Striscia, ma evitando di usare la parola genocidio che è peccato mortale, anche se i dirigenti israeliani, moralmente, ovviamente per autodifesa, dichiarano che bisogna cancellare Gaza, popolata da animali umani e deportarne, quale soluzione finale, la popolazione sfollata verso Sud, a Rafah, dove attualmente è stata ammassata quasi il 70% della popolazione della Striscia, imponendo poi ai sopravvissuti agli ultimi bombardamenti anche di Rafah, una diaspora, nessuno sa verso dove. Non verso l’Egitto; al confine sono già schierati i carrarmati egiziani, mentre si provvede a costruire l’ennesimo muro tra Rafah e il deserto del Sinai…

Torna in mente il viaggio di Salvini in Israele

in veste di vicepresidente del consiglio e ministro dell’interno, l’11 dicembre 2018 e le parole che pronunciò per l’occasione: “Il nascente antisemitismo fa rima con l’estremismo islamico a cui qualcuno non presta necessaria attenzione (…)” e ancora: “Per un ministro dell’Interno, Israele è uno dei modelli dell’anti-terrorismo, di intelligence, di controllo del territorio, di difesa dei confini: da questo punto di vista vado a studiare e imparare. E poi vado a rinsaldare tra Italia e Israele, che per me sono fondamentali“.

L’Italia, ottemperando all’ordinanza preventiva della Corte del Sudafrica, dovrebbe piuttosto smettere qualsiasi cooperazione militare con Israele procedendo alla abrogazione immediata della legge 94 del 2005 che la codifica, e riconoscere in modo bilaterale lo Stato di Palestina (vedi L’Italia riconosca lo Stato di Palestina) aggiungendosi ai 139 Stati che nel mondo lo hanno già fatto.

Noi, rappresentanti della società civile, abbiamo il dovere di mobilitarci contro il genocidio (vedi Mobilitiamoci contro il genocidio)
Un invito a ciascuno a contribuire alla Campagna di mobilitazione iscrivendosi al canale Telegram https://t.me/Mobilitiamocicontroilgenocidio MOBILITIAMOCI CONTRO IL GENOCIDIO!

[1] Difesa: arrivati in Italia altri bambini palestinesi con volo militarehttps://www.difesa.it/primopiano/difesa-arrivati-in-italia-altri-bambini-palestinesi-con-volo-militare/38670.html I pazienti sono stati ricoverati negli ospedali individuati dal Ministero della Salute: Rizzoli di Bologna, Meyer di Firenze, Gaslini di Genova, Bambino Gesù di Roma, Niguarda di Milano e San Gerardo di Monza.
[2] L’Italia è colpevolmente al fianco dei governi israeliani, in qualunque loro azione, contribuendo fattivamente alle sue reiterate criminali politiche di guerra. La cooperazione tra l’industria militare italiana e quella israeliana è stata ratificata dal terzo governo Berlusconi che codificò un precedente accordo generale nella forma di memorandum di intesa, sulla cooperazione militare tra Italia e Israele, con la Legge 94 del maggio 2005 https://www.francescocappello.com/2024/01/14/da-ventanni-li-aiutiamo-a-compiere-i-peggiori-crimini/
[3] L’Italia riconosca lo Stato di Palestina https://www.francescocappello.com/2024/02/02/litalia-riconosca-piena-sovranita-allo-stato-di-palestina/
[4] Lingue semitiche (o il semitico s.m. ), gruppo di lingue comprendente il babilonese e l’assiro, l’ebraico e l’aramaico, l’arabo e l’etiopico, caratterizzate da un ricco consonantismo, da un sistema di vocali limitato alla serie a, i, u, e da una morfologia costituita da radici formate da tre consonanti. Storicamente si divide in tre gruppi: il gruppo orientale o accadico, che nel II millennio a.C. si divide in babilonese e assiro; il gruppo nord-occidentale, rappresentato dall’ugaritico, il fenicio, l’ebraico, l’aramaico, che poco prima dell’era cristiana sopraffà le altre lingue e dà vita ad alcuni dialetti fra cui il siriaco: di questo sono in uso oggi alcuni dialetti aramaici e, risorta, la lingua ebraica, propria dello stato di Israele; il gruppo sud-occidentale, diviso nelle due tradizioni araba ed etiopica, tuttora vivente come lingua letteraria nelle forme rispettive dell’arabo classico in tutta l’Africa sett., Arabia, Giordania, Siria e dell’amarico, lingua ufficiale dell’Etiopia. Definizione da Oxford Languages

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