di Paolo Genta
Ricordate l’immaginario popolare del “tipico olandese” per noi italiani? Un cittadino ordinato, colto, aperto, amante della musica classica, pensionato felice, oppure giovane globetrotter giramondo (magari con il cannone di erba nello zaino), creatore di sempre nuove soluzioni e trend, figlio di una terra protestante, che aveva saputo reagire alla protervia del cattolicissimo Filippo II, facendo saltare le dighe e organizzando una pirateria navale di resistenza; un cittadino, insomma, che sentendosi parte di una comunità di uomini, e non di sudditi, stampava in libertà i libri proibiti dal Sant’Uffizio romano e accoglieva i profughi della fede di tutta Europa. Oggi il degrado dell’umano che dilaga nella società mondiale sembra anche contraddire quella che una volta era la realtà di uomini che, pur vivendo in un mondo apparentemente più violento del nostro e di bassa tecnologia, avevano però almeno saputo appellarsi alla ragione e condividere insieme alcuni grandi principi universali, come quelli che furono enunciati nei trattati di Osnabrück e Münster durante la Pace di Westfalia del 1648, che pose formalmente fine alle guerre di religione del Cinquecento. Insomma, la rapida trasformazione globalizzante degli individui da esseri imperfetti ma umani ad acefale macchine esecutive di ordini dall’alto sembra essere penetrata in tutti i comparti della società mondiale e procedere senza tregua. Ce lo confermano questa volta un teologo, Peter Kuit, e sua figlia Jade, che hanno fondato in Olanda, a Settembre 2020, una commissione di inchiesta extraparlamentare (https://bpoc2020.nl) con sede a Den Haag, che indaga sull’intera gestione della pandemia nel paese dei tulipani, ora scosso non solo dalla ormai tristemente comune politica sociale suicida e autoritaria, ma anche da ricorrenti episodi di violenza inaudita e inaccettabile da parte di forze dell’ordine che reprimono con incredibile arbitrio e aggressività le proteste dei cittadini durante le manifestazioni. Kuit lo ha raccontato il 18 giugno scorso ad una delle sessioni online (la n. 57), dal vivo, della Commissione Corona di Berlino (https://corona-ausschuss.de), presieduta dall’avvocato Reiner Füllmich e da altre valenti specialiste di diritto costituzionale, dei consumatori e della medicina, come Viviane e Antonia Fischer. Un pool agguerritissimo, che ha messo in crisi, con Füllmich, le grandi multinazionali globaliste in una serie di processi di grande risonanza in Germania, come quello alla Volkswagen sulle emissioni taroccate. Una commissione che è scesa in campo, con pochi mezzi, per la difesa del cittadino e per fare chiarezza sulle tante menzogne che anche in Germania rendono la vita difficile ai tedeschi che ancora si affidano a logica e buon senso. Kuit ha creato in Olanda una specie di “mirror” di questa importante nuova istituzione popolare tedesca, che difende il cittadino basandosi su alcuni principi di base: profilo internazionale dei collaboratori, rigore argomentativo, assoluta capacità documentale delle affermazioni e, soprattutto, perseguimento giudiziario non solo delle istituzioni, ma principalmente degli uomini che le rappresentano. Questo significa denunce penali personali, che obblighino chi si ritiene protetto dalle istituzioni a rispondere “in solidum” dei suoi atti: una modalità che qui in Italia è già partita con le denunce internazionali dell’avvocato Mauro Sandri, che opera, non per niente, da Berlino. Dal quadro olandese, che in generale si presenta abbastanza simile a quello italiano, almeno nello stile refrattario e omologato dei suoi politici, emerge però l’inquietante situazione, ormai endemica, delle autorità di pubblica sicurezza: una situazione di notevole peggioramento dei rapporti della polizia col cittadino, che supera ampiamente le già stucchevoli azioni della polizia tedesca durante le manifestazioni anti-lockdown di Berlino del 1 e del 29 agosto 2020. Il Parlamento, con alcuni rappresentanti del quale Kuit è in contatto, non reagisce alle domande scottanti sulla gestione della sedicente crisi pandemica (che Füllmich definisce chiaramente come crisi da RT-PCR, o da completa inaffidabilità del tampone ). La commissione di Kuit, unica nel suo genere in Olanda, si riunisce con esperti di rango (medici, psicologi, scienziati di fama, giuristi) una volta la settimana e registra i malumori della società olandese tutta e le testimonianze di studenti, lavoratori, professionisti, che va a trovare sul posto. Possono partecipare come collaboratori solo coloro che sono in grado di documentare in modo ineccepibile le loro affermazioni, registrate e controfirmate come testimonianze giurate per un loro utilizzo nelle sedi giudiziarie. In questo modo la commissione viene anche audita in sede ministeriale, in casi di controversia legale, perché possiede e fornisce le necessarie prove documentali. Ma ha rischiato anche, d’altra parte, di venire etichettata come organizzazione terroristica dal Ministero dell’interno: cosa contro cui ha immediatamente mosso obiezione, ricevendo una rettifica della classificazione governativa, così come, con la minaccia di azione giudiziaria immediata, ha subito ottenuto la riattivazione del proprio account Youtube, dopo una censura immotivata e arbitraria. Sulla situazione della Polizia olandese è stato necessario, ricorda Kuit, radunare ben 89 poliziotti pronti a testimoniare ciò che hanno visto durante le manifestazioni. Si vuole arrivare presto alla stesura di un rapporto pubblico definitivo, che inquadri le malefatte delle autorità, perpetrate in barba alla legge olandese, che prescrive l’esercizio della forza solo in caso di autodifesa. L’idea è allora quella di farli apparire tutti e 89 in divisa e tesserino (cosa proibita in Olanda), live in studio, a testimoniare, per fare massa critica contro probabili ripercussioni personali. Le denunce parlano di uso sconsiderato dei cannoni ad acqua, che hanno causato fratture e traumi ai cittadini investiti, alcuni arrivati a testimoniare in carrozzella, di aggressioni arbitrarie a giovani passanti e a minorenni, di utilizzo sconsiderato degli animali (cani e cavalli) che vengono aizzati contro la loro natura ad aggredire o a travolgere persone inermi già a terra, di bastonate in testa, di pugni in faccia con conseguenze quasi letali e molto altro. Ma i poliziotti dissidenti, singolarmente temono che il loro “coming out” possa ritorcersi contro di loro con licenziamenti e mobbing, anche in caso di anonimato. E, di fatto, chi ha già provato a prendere posizione è finito dallo psichiatra, o ha cambiato lavoro passando ai servizi di Security, o giace depresso a casa, se non in mutua. C’è poi il problema delle testimonianze “giurate” degli stessi agenti di Polizia, che vengono ritenute affidabili per definizione dai magistrati, troppe delle quali sono però risultate palesemente false, a tal punto che tutti in Olanda sanno che lo spergiuro dei poliziotti è oramai prassi comune. Per non parlare delle “colleghe”: chi si rifiuta di applicare i protocolli informali della violenza o non partecipa con sufficiente aggressività e motivazione viene presto individuato. Le donne poliziotto finiscono per essere mobbizzate sessualmente, toccate nelle parti intime e importunate dai colleghi maschi, perché viste come traditrici: e si arriva a licenziarsi, pur di non subire più un tale ostracismo fisico e morale, risultato di un paradossale razzismo tra colleghi. Il livello di aggressività, secondo Kuit, era già alto prima del Covid, ma ora la situazione è gravemente peggiorata perché vi sono prove dell’uso di cocaina e anfetamine tra gli agenti: droghe che eliminano ogni inibizione e scatenano reazioni furiose verso chiunque. Lo sanno tutti, ma è un assoluto tabù. Ci sono poi le squadre mobili di intervento in divisa non identificata: tra caschi e tute nere l’anonimato degli agenti garantisce l’impunità, mentre le camionette della Polizia scaricano tra la folla agenti provocatori in borghese che si mescolano tra i manifestanti per aizzare e identificare (ricordate il G7 di Genova del 2001?). Le persone arrestate vengono messe in cella senza cibo, e le cure a feriti e contusi vengono a bella posta differite; ai minori viene vietato qualunque contatto con i genitori: intanto i suicidi tra i giovani sono aumentati. Insomma, dice Kuit, cose mai viste. Si tratta di una guerra di tutti contro tutti, organizzata da tempo anche attraverso le politiche di recruitment: non a caso l’età media degli 89 poliziotti testimoni si aggira sui 40 anni. Sono invece le nuove leve della Polizia, i trentenni, che non hanno inibizioni: giovani, immaturi, irresponsabili, si prestano volentieri al gioco perché già selezionati per intolleranza e violenza. C’è anche chi a questo gioco si è appassionato (gli “hardliners”, quelli della linea dura) e agisce convintamente, aderendo alla politica della tolleranza zero. E così è nata una prima nuova associazione: “Polizia per la libertà” che tenta di controbilanciare la situazione, perché pochi sono quelli che si fanno avanti. Questa esplosione di bassi istinti nelle autorità di Polizia ha finito per rafforzare nel cittadino olandese una certa sfiducia nello Stato: una vera e propria distruzione dei valori di riferimento del Paese. Lo Stato è ora visto come una minaccia costante, arbitraria: ed è quello che, in fondo, le èlites globaliste vogliono, cioè seminare paura, insicurezza, disorientamento. Il Parlamento, cocciutamente, nega la necessità di commissioni e azioni di controllo. Le testimonianze anonime non vengono considerate e gli stessi giudici sembrano essere digiuni dei diritti fondamentali del cittadino o addirittura conniventi: spesso, infatti, non vengono accettate consulenze di mediazione tra le vittime e gli agenti e il contenzioso rimane su livelli di netta contrapposizione. Se si continuerà così, concludono Füllmich e Kuit, si renderà necessario creare nuove istituzioni alternative che costituiscano realtà indipendenti da quelle governative: una sorta di società parallela, che colleghi tutti i “dissidenti” ma che sia anche in grado di ricostruire le parti fondamentali di una nuova comunità. Perché, come diceva John Locke nel suo secondo Trattato sul Governo Civile nel 1689, quando uno Stato non esegue più le funzioni per cui è stato concepito e si rende ostacolo per la vita dei cittadini, allora i cittadini hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di negargli il consenso e di non riconoscerlo, destituendo quindi un tale governo dal suo incarico, per il quale non si è più dimostrato degno. Saremo ancora in grado, anche noi Italiani, di comprendere e applicare questi capisaldi della Filosofia del Diritto?
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