di Marco Cattaneo
Pochi giorni fa, è uscito sul Financial Times un articolo a firma congiunta Draghi – Macron: argomento, la necessità di modificare il Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea.
La proposta Draghi-Macron dovrebbe trovare la sua applicazione tecnica in un paper redatto a otto mani da Francesco Giavazzi, Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni e Charles-Henri Weymuller. Paper il cui link fa bella mostra di sé a fianco dell’articolo Draghi-Macron, nella medesima pagina del sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Beh, senz’altro qualcun altro (oltre a me) si prenderà la briga di leggerlo, approfittando anche del tempo libero tra Natale e Capodanno (chi non scia e chi non fa vacanze in posti esotici, quanto meno – in questo possono essere “d’aiuto” le restrizioni Covid, che non inducono a grandi spostamenti).
Io l’ho letto dicevo, e la lettura non mi ha confortato. Dove è andata a finire la volontà di semplificare regole e meccanismi ? qui abbiamo: la creazione di una European Debt Management Agency che dovrebbe assorbire l’incremento di debito pubblico generatosi durante la pandemia (ma forse anche durante la crisi Lehman 2008-9); l’estrapolazione dal calcolo del deficit di quelle che verrebbero considerate “spese per il futuro”; la separazione del debito in componenti “a rientro veloce” e “a rientro lento”; la distinzione tra investimenti green e tutto il resto; e altre amenità.
L’applicazione di un aggeggio di questo genere comporterebbe difficoltà e incertezze interpretative forse, probabilmente, anche peggiori dell’assetto attuale. Da risolversi, alla fine – come è sempre avvenuto in passato – con discutibilissime decisioni che la Commissione Europea non mancherà di prendere sulla base della maggiore o minore “simpatia” che le ispirano i singoli governi.
Ed è difficilissimo capire che livello di spazio fiscale incrementale, cioè di maggior deficit pubblico consentito nelle varie circostanze di ciclo economico, ogni paese otterrà (ammesso che lo ottenga).
Tutto questo per (provare a) risolvere un problema creato dal nulla. Il deficit pubblico è una modalità per immettere moneta nel sistema economico, e il debito uno strumento offerto ai privati per impiegare il risparmio privato che il deficit INEVITABILMENTE produce. Avendo trasformato in debito “da sottoporre al giudizio dei mercati” quello che tutti gli altri paesi del mondo possono, quando gli pare e piace, far acquistare dalla loro Banca Centrale, l’Eurozona si trova impigliata in un groviglio di meccanismi che la pongono in una situazione di pesante svantaggio competitivo nei confronti di USA, Cina e resto del mondo in genere.
In pratica, la visione del paper è da “keynesiani da salotto”. Sì, cerca di correggere le assurde prescrizioni di austerità implicite nell’attuale governance dell’Eurosistema, ma sempre avendo in mente che deficit e debito pubblico impoveriscono il paese che li pone in atto.
Il che è semplicemente falso. Il deficit immette potere d’acquisto nell’economia, e il debito offre un impiego ai risparmiatori privati. Vanno gestiti per evitare eccessi d’inflazione, ma NON bisogna partire dal presupposto che deficit e debito impoveriscano il paese che li attua. ASSOLUTAMENTE NO.
E, en passant, BASTA ripetere che “l’Italia è un paese ad alto debito”. L’Italia è CREDITRICE NETTA SULL’ESTERO. Debito pubblico e altre passività finanziarie detenute da residenti esteri sono d’importo INFERIORE agli attivi verso l’estero dei residenti italiani.
Tornando al paper, quanto ipotizzato sostituirebbe un sistema ferraginoso, inefficiente, e fondato su principi sbagliati con un altro che invece pure. Un modesto passo avanti forse – forse – lo può produrre; ma insufficiente.
Sarebbe bello che Draghi e Macron mettessero invece sul tavolo comune di discussione qualcosa di molto più semplice, e di realmente risolutivo.
Come la Moneta Fiscale.
Commenta per primo