L’onda d’urto dal conflitto ucraino al Mediterraneo

Gli interessi italiani in Libia contrastano quelli della Russia

Militare dell'Esercito Italiano

di Maurizio Torti

Nel 2011 quando la Francia, con l’aiuto dell’America e della Gran Bretagna ha bombardato la Libia, in quel momento governata da Gheddafi, non si sono preoccupati minimamente di due conseguenze fondamentali, la prima per una soluzione politica per lo stesso leader e la seconda una nuova leadership per la Libia. Entrambe le conseguenze sono state disastrose, Gheddafi fu assassinato e il paese è finito totalmente nel caos fino a quando nel 2012, il generale Khalifa Aftar, sostenuto dalle Nazioni Unite e padrone della Cirenaica, ha messo sotto assedio la capitale libica Tripoli, salvata da un tempestivo intervento turco.

Oggi in Libia a Tripoli è in corso uno scontro, politico e militare, tra il Governo di unità nazionale di Tripoli per cui è stato nominato, nel marzo del 2021, Abdul Hamid Dabaida, presidente ad interim e il premier nominato dal Parlamento di Tobruck, Fathi Bashagha, primo ministro eletto dalla Camera dei Rappresentanti, il parlamento dell’est della Libia. A seguito dei nuovi eventi bellici di queste ore, non è possibile stabilire quali dei due leader possa averne tratte un maggiore vantaggio, ma è fondamentale e occorre farlo al più presto possibile, valutare le conseguenze di questa accelerazione dello scontro militare, perché il primo ministro di Tripoli sarà impegnato, nei prossimi mesi nel dimostrare di essere ancora il leader in Tripolitania e controllare città come Tagiura, Gianzur e Zawiya. Una questione più complessa riguarda la città di Misurata e sono tutte città chiavi e insieme a Tripoli, garantiscono il controllo del paese e di due porti importanti per la Libia. Controllare quell’area e l’accesso al mare è interesse anche della comunità internazionale, inoltre lo scontro deciderà anche il controllo oppure una divisione, delle risorse petrolifere e del gas. L’instabilità della Libia ha poi generato un’altra conseguenza per cui almeno 4 milizie giocano un ruolo fondamentale per la gestione dei flussi migratori, spalleggiati da anni dai vari governi in carica, sempre disponibili a larghi compromessi ai danni delle persone.

Dopo l’intervento occidentale e nonostante le forti pressioni esterne, in Libia fino ad oggi nessuno riesce a controllare l’intero paese. Anche il tentativo di elezioni, più volte rinviate è stato un completo fallimento, non si è riusciti a raggiungere una stabilità e qualche soluzione per mettere d’accordo tutte le frazioni libiche sostenute anche da potenze internazionali. La presenza turca e dall’altra parte la presenza egiziana, degli Emirati Arabi e quella della Federazione della Russia, rappresentata da i miliziani della Wagner. 25 morti, oltre 136 feriti in sole 48 ore, l’influenza straniera ha un ruolo fondamentale per il controllo della Libia.

Russia e Turchia, in altre crisi territoriali sono alleate o quasi, in Libia per ora si limitano a rafforzare le loro posizioni, rappresentate sia politicamente sia militarmente.

L’instabilità della Libia, le pressioni di potenze straniere come la Turchia e la Russia, in questo contesto politico e militare l’Italia ha un ruolo oppure è già fuori da questo scenario?

Apparentemente l’Italia non è preoccupata di questa situazione specifica, infatti tutti i governi, dal 2011 si sono limitati quasi esclusivamente alla questione dei migranti. I governi italiani hanno firmato diversi accordi con il Governo di Tripoli, possiamo dire anche vergognosi, come quello per la realizzazione dei campi di concentramento dove sono torturati, seviziati e uccisi centinaia di esseri umani. Sempre i governi italiani hanno dato mezzi navali per il controllo delle coste libiche, formato personale specializzato ma le milizie sono ancora operative e gestiscono i flussi verso le coste italiane. La politica italiana non è stata mai molto chiara nei progetti verso la Libia, gli obiettivi e quindi le strategie sono diverse, c’è un aspetto storico da non sottovalutare e non dimenticare, c’è l’aspetto umanitario ma anche quello energetico, in questi giorni di grande crisi energetica è diventato di gran lunga la questione più importante. L’Italia e la Libia sono legate da un gasdotto, il Greenstream lungo 520 km in funzione da ottobre del 2014 e i suoi lavori di costruzione si sono svolti con notevole rapidità, essendo iniziati ad agosto 2003 e ultimati nel febbraio dell’anno successivo. Con la portata di 10 miliardi di metri cubi ma nel 2021 il gas trasferito in Italia non ha superato i 3,2 miliardi di metri cubi. In Italia il fabbisogno annuale, nel 2021 è stato di circa 76 miliardi di metri cubi. È importante capire cosa è accaduto, quali conseguenze ha avuto il conflitto in Libia e in modo particolare le conseguenza per l’Italia, costretta alla ricerca affannata di altri fornitori di gas naturale. Non ci sono stati articoli, grandi dibattiti televisivi ma il problema doveva essere segnalato molto prima del 2022. Oltre al gasdotto, l’Italia deve concentrarsi per avere sempre in sicurezza alcuni pozzi di petrolio, caso rarissimo in Africa di proprietà dell’ENI. Il 2011 e il conflitto in Libia per l’Italia è stato un anno funesto, in pochi mesi il Paese è costretto a subire direttamente le conseguenze dell’instabilità libica, i flussi migratori e la sicurezza energetica.

Le politiche diplomatiche italiane, analizzando il conflitto Russia Ucraina non contenevano alcun elemento per continuare ad avere buoni rapporti con Mosca, in pochi mesi le azioni diplomatiche sono completamente azzerate tanto da essere considerati dalla Russia come nemici.

Oggi non è semplice gestire la politica estera italiana, attuarla laddove l’Italia ha degli interessi se anche la Russia ha interessi nello stesso paese. Questo è quanto sta accadendo in Libia, Mosca sta investendo nel Paese più importante per l’Italia, la Libia, dove è presente da diverso tempo. In sintesi, l’Italia e la Russia sono su fronti contrapposti in Libia: la Russia appoggia la fazione di Tobruk, l’Italia sostiene il Governo di Tripoli. Italia e Russia anche in Libia sono nemici. Questo è chiaramente solo la volontà dei governi italiani, ai cittadini non è mai stato chiesto di poter scegliere.

Uno degli obiettivi della Russia è il controllo dei porti, in modo particolare quello di Bengazi che consentirebbe alle navi russe di gettare l’ancora davanti alle basi della Nato posizionate principalmente in Italia.  In precedenza esisteva già un accordo molto simile tra la Libia di Gheddafi e la Russia e il conflitto Russia Ucraina ha reso per la Russia, questo obiettivo ancora più strategico.

Anche il tentativo di mediazione dell’ONU a giugno è fallito, l’occidente non ha più soluzioni, in Libia continuerà l’instabilità oppure il conflitto si inasprirà fino a trasformarsi in una vera e propria guerra civile. In pochi giorni la Libia potrebbe trasformarsi come l’Ucraina, il terreno di un nuovo scontro tra Russia e USA e una nuova guerra per procura, dato che la Russia e gli USA sembrano, per il momento, aver scelto di non affrontarsi direttamente.

Forse c’è ancora il tempo per un tentativo e lanciare il piano di pace per il Mediterraneo e l’Italia potrebbe esserne la protagonista. Alcuni indicatori non confermano questa ipotesi, in modo particolare la spesa per gli armamenti per l’esercito e la marina italiana. Il piano militare sembra la risposta che la politica italiana vuole dare alla crisi libica e al rafforzamento della Russia all’interno del mediterraneo.

Per il 2021 l’osservatorio MIL€X ha rendicontato un aumento delle spese militari, un +5,4%. Nei piani della Difesa, 12 miliardi di euro sono riservati all’acquisto o sviluppo di nuovi sistemi d’arma (aerei, carri e navi e lo sviluppo di un drone, “Medium Altitude Long Endurance” insieme alla francese Dassault e alla franco-tedesca Airbus. Allo stesso tempo si è deciso di autorizzare il riarmamento dei droni Reapers, già in dotazione all’Aeronautica Militare e di acquistare missili cruise a lungo raggio per le fregate e i sottomarini della Marina Militare, probabilmente Tomahawk americani capaci di colpire obiettivi fino a 1600km.

Perché tutti questi soldi in armi?

Se a questa domanda risponde un militare le motivazioni sono molteplici, come ha dichiarato il capo di stato maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone, precedentemente comandante della Marina. La motivazione principale è la necessità di aumentare la capacità italiana di proiettare forza nel Mediterraneo, e in particolare poter colpire possibili nuove basi russe in Libia e la base navale a Tartus, in Siria.

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