Extinction Rebellion all’attacco della finanza fossile

Montagne di soldi per la ricerca e l’estrazione di combustibili fossili

di Olivier Turquet

Extinction Rebellion ha lanciato il primo aprile la sua quarta ribellione, concentrandosi sul tema dei finanziamenti delle banche all’industria fossile.

Extinction Rebellion (XR) è un movimento giovane, nato a Londra nel 2018 che si è diffuso velocemente in tutto il pianeta; XR si caratterizza per il taglio scientifico delle sue argomentazioni, la scelta della nonviolenza come metodologia di azione valida ed efficace, le azioni spettacolari di disobbedienza civile e una nuova visione dell’organizzazione orizzontale, decentrata, partecipativa.

Il movimento chiede tre semplici cose: dire la verità, dichiarare l’emergenza climatica ed ecologica, e dare il potere di cambiamento in mano ad assemblee di cittadini.

La ribellione attuale durerà tutto l’anno 2021 e consisterà in una serie di azioni di protesta e sensibilizzazione sul fatto che dal 2015, l’anno in cui sono stati firmati gli accordi di Parigi, gli investimenti delle banche nel settore dell’industria fossile sono aumentati costantemente.

Si legge nel documento di lancio della campagna “I dati sul coinvolgimento del settore finanziario nella ricerca ed estrazione di combustibili fossili sono schiaccianti. Dal 2015, l’anno degli accordi di Parigi, in cui i governi del mondo si sono impegnati a non superare un aumento delle temperature medie di 2°C, le principali 35 banche del mondo hanno investito nel fossile 2.700 miliardi di dollari. Nell’ultimo anno, hanno aumentato del 34% i loro investimenti nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas nell’Artico e del 134% nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas offshore.”

“Il settore bancario continua a mantenere una posizione di grande irresponsabilità di fronte alla crisi climatica. Mentre il finanziamento del carbone si sta lentamente riducendo, questa riduzione è più che compensata dalla crescita degli investimenti nell’industria del petrolio e del gas.”

“Un crescente sdegno e la pressione del pubblico potrebbe rendere possibile il raggiungimento e superamento del picco del finanziamento del fossile, ma ciò che la scienza del clima esige non è solo un livellamento dei finanziamenti, o una lenta diminuzione, ma una riduzione rapida e sostenuta, che sia compatibile con uno scenario di 1,5°C.”.

Finora la strategia di Extinction Rebellion era stata quella di concentrare le proprie azioni nella capitale del paese dove opera, rivolgendosi direttamente al governo come principale responsabile; in questo caso XR Italia ha deciso una strategia diversa, puntando su una ribellione diffusa in tutte le città dove è presente, con azioni mirate e locali che si ripeteranno per tutto l’anno.

Un aspetto specifico della campagna, a cui può aderire qualunque persona, è quello di mandare una lettera al proprio Istituto Finanziario per conoscere la situazione degli investimenti di quella banca nel settore fossile e, una volta ricevuta risposta o in assenza di risposta, decidere di cambiare banca.

Extinction Rebellion sottolinea anche che il definanziamento dovrebbe far parte degli stessi interessi commerciali degli istituti finanziari:

“Secondo un’analisi del Financial Times, le banche e gli investitori che non ridurranno rapidamente la propria esposizione ai combustibili fossili rischiano di perdere fino a 900 miliardi di dollari. A detta della Banca d’Inghilterra, il valore degli investimenti a rischio potrebbe essere fino a venti volte superiore. È la cosiddetta “bolla del carbonio” il cui impatto sarebbe ben superiore a quella immobiliare che ha innestato la crisi finanziaria del 2008. Le compagnie più esposte sono quelle che, ancora oggi, investono in infrastrutture e ricerca di nuovi giacimenti. Intesa, continuando a finanziare il settore, non solo contribuisce a destabilizzare il clima, ma mette a rischio, in maniera irresponsabile e poco lungimirante, i propri investitori e indirettamente tutti i cittadini”. Si legge nel documento della campagna che continua: “I dati a conferma del trend non mancano: l’industria del carbone americana ha perso circa il 90 per cento del proprio valore nell’ultimo decennio. Non va molto meglio alle major di petrolio e gas, il cui indice azionario ha dimezzato il proprio valore dal 2015 al 2019. È nel loro stesso interesse dirottare i soldi oggi investiti nel fossile in una nuova economia e società. Se queste istituzioni riorientassero il loro sostegno a favore della transizione energetica, potrebbero dare una spinta cruciale alla decarbonizzazione dell’economia.”

In italia il settore finanziario rappresenta il terzo emettitore di CO2; Unicredit e Intesa Sanpaolo sono i principali responsabili (80%) delle emissioni causate da banche ed investitori in Italia. Generali Assicurazioni (Trieste) oltre a investire nelle società fossili, fornisce anche coperture assicurative ai loro progetti, come nel caso delle centrali a carbone della polacca PGE e la Ceca CEZ, che stanno ostacolando attivamente la transizione energetica nel continente europeo. Intesa e Unicredit continuano a prestare miliardi a chi continua a realizzare nuove centrali e miniere a carbone, come la tedesca RWE e la finlandese Fortum.

 

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